n. 168 SENTENZA 19 giugno - 1 luglio 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell'ordinanza del Tribunale ordinario di Milano, sezione I penale, del 1° marzo 2010, relativa al procedimento penale n. 11776/06 R.G.T., con la quale e' stata respinta la richiesta di rinvio dell'udienza dibattimentale del 1° marzo 2010 formulata dalla difesa del Presidente del Consiglio dei ministri per legittimo impedimento, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 16 dicembre 2011, depositato in cancelleria il 27 dicembre 2011 ed iscritto al n. 2 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2011, fase di merito. Udito nelle udienze pubbliche del 22 maggio 2012 e del 23 aprile 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi per il Presidente del Consiglio dei ministri l'avvocato dello Stato Michele Dipace, nell'udienza pubblica del 22 maggio 2012, e l'avvocato dello Stato Maurizio Borgo, nell'udienza pubblica del 23 aprile 2013. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso depositato in data 22 aprile 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Tribunale ordinario di Milano, sezione I penale, in relazione all'ordinanza con la quale il predetto tribunale ha rigettato la richiesta di rinvio dell'udienza dibattimentale del 1° marzo 2010, formulata dalla difesa dell'imputato, allora Presidente del Consiglio dei ministri, on.le S. B., per legittimo impedimento di quest'ultimo, in quanto impegnato, nella medesima data, nella presidenza della riunione del Consiglio dei ministri. Il ricorrente chiede, in particolare, che questa Corte «dichiari che non spetta al Tribunale di Milano stabilire che non costituisce impedimento assoluto alla partecipazione alle udienze penali, e percio' causa di giustificazione della sua assenza, il diritto-dovere del Presidente del Consiglio dei ministri a presiedere una riunione del Consiglio dei ministri, anche nell'ipotesi in cui la predetta riunione, gia' fissata in una precedente data non coincidente con un giorno di udienza dibattimentale, venga differita ad altra data coincidente con un giorno di udienza», e «annulli conseguentemente l'ordinanza, pronunciata in data 1° marzo 2010, con riferimento al procedimento penale n. 11776/06 R.G.T., con la quale e' stata rigettata la richiesta di rinvio dell'udienza dibattimentale del 1° marzo 2010, [...] nonche' l'attivita' istruttoria compiuta nel corso della prefata udienza». 2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri espone che il Tribunale ordinario di Milano ha rigettato la richiesta di rinvio dell'udienza dibattimentale del 1° marzo 2010 motivando come segue la propria decisione: «Ritiene il Collegio che la deduzione di un impedimento per una udienza gia' concordata non possa prescindere quantomeno dalla allegazione della specifica inderogabile necessita' della sovrapposizione dei due impegni perche', altrimenti, la funzione giudiziaria verrebbe ad essere svilita, con la conseguenza che il contemperamento tra gli opposti interessi di rilievo costituzionale allo svolgimento in tempi ragionevolmente rapidi del processo e all'esercizio delle funzioni parlamentari o governative verrebbe ad essere risolto nel dare esclusiva rilevanza al secondo di tali interessi. Nella specie nulla e' stato dedotto circa la necessita' di fissare in data 24.2.2010 una riunione del Consiglio dei Ministri per la data dell'1 marzo 2010 coincidente con l'udienza gia' concordata e pertanto non puo' essere ritenuto il legittimo impedimento». Il ricorrente osserva, inoltre, che nel processo penale in questione - nel corso del quale si sarebbero «svolte 25 udienze preliminari, 41 udienze dibattimentali» - prima della udienza cui si riferisce l'ordinanza contestata nel presente giudizio, l'imputato aveva chiesto il rinvio dell'udienza per legittimo impedimento a comparire soltanto in altre due occasioni, in una sola delle quali - ancora a detta del ricorrente - invocando, nella sua qualita' di Presidente del Consiglio dei ministri, il diritto-dovere di svolgere le funzioni costituzionali proprie di tale carica. Successivamente, peraltro, una volta intervenuta la legge 7 aprile 2010, n. 51 (Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza), la difesa dell'imputato aveva dedotto, in base a tale disciplina, un legittimo impedimento a comparire all'udienza del 12 aprile 2010, consistente nell'impegno dell'imputato stesso a svolgere un viaggio di Stato nella propria qualita' di Presidente del Consiglio dei ministri. Il Tribunale ordinario di Milano aveva quindi promosso questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 3 e 4 della legge n. 51 del 2010, che e' stata decisa da questa Corte con la sentenza n. 23 del 2011. Questa sentenza, ad avviso del ricorrente, ha stabilito alcuni principi fondamentali in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri;

principi che sono da ritenersi - sempre secondo il ricorrente - applicabili al presente conflitto di attribuzione. 3. - Ad avviso del ricorrente, sussistono i requisiti soggettivi e i presupposti oggettivi ai fini dell'ammissibilita' del ricorso. 3.1. - Sotto il profilo soggettivo, sarebbe «pacifica [...] la spettanza della qualificazione di potere dello Stato sia in capo al ricorrente che al resistente». 3.2. - Sotto il profilo oggettivo, il Presidente del Consiglio dei ministri rivendica «l'integrita' delle proprie attribuzioni costituzionali nell'esercizio della funzione istituzionale di presidenza delle riunioni del Consiglio dei ministri», le quali sarebbero state lese dall'ordinanza del Tribunale ordinario di Milano, che ne avrebbe «disconosciuto la rilevanza, quale legittimo impedimento», «arrivando a richiedere addirittura la prova della necessita' di fissare la data del Consiglio dei ministri in coincidenza con il giorno di udienza», in tal modo tenendo conto «solo dell'esigenza di propria pertinenza [...] e non dell'interesse costituzionalmente tutelato della funzione governativa del Presidente del Consiglio dei ministri, al quale e' esclusivamente attribuito il potere di fissare le riunioni del Consiglio». 4. - Nel merito, ad avviso del ricorrente, l'ordinanza del Tribunale ordinario di Milano avrebbe violato gli artt. 92 e 95 della Costituzione, in relazione all'art. 5 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), e agli artt. 1, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1993 (Regolamento interno del Consiglio dei Ministri), in quanto dal complesso di tali disposizioni emerge che «il Consiglio dei ministri e' il momento delle decisioni fondamentali per la politica del Governo», che «per il Presidente del Consiglio dei ministri, che lo presiede, e' l'atto piu' elevato della propria funzione costituzionale di direzione della politica di governo e dell'unita' di indirizzo politico-amministrativo» e che, di conseguenza, «la convocazione del Consiglio dei ministri e l'eventuale rinvio della data della riunione dello stesso Consiglio sono atti politici del Presidente del Consiglio dei ministri». Secondo il ricorrente, l'ordinanza del Tribunale avrebbe anche violato il principio di leale collaborazione tra i poteri dello Stato, nel rispetto del quale, il giudice deve valutare l'impedimento a comparire dei titolari di funzioni di governo, cosi' come dei membri del Parlamento. Per il ricorrente, il Tribunale avrebbe disatteso i principi affermati dalla richiamata giurisprudenza costituzionale, in quanto, pur avendo inizialmente programmato il calendario delle udienze in modo da evitare coincidenze con gli impegni istituzionali del Presidente del Consiglio dei ministri gia' calendarizzati, avrebbe poi, a fronte di un impegno istituzionale sopravvenuto, applicato le regole generali sull'onere della prova del legittimo impedimento, «senza tenere in debito conto il diritto-dovere dell'esercizio della funzione di governo del Presidente del Consiglio dei ministri». Il Tribunale, ad avviso dello stesso ricorrente, nel richiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di allegare i motivi della «specifica inderogabile necessita' della sovrapposizione dei due impegni», si sarebbe «arrogato un inammissibile potere di sindacato delle ragioni politiche sottese al rinvio di una riunione...

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