N. 339 SENTENZA 12 - 22 dicembre 2011

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Alfonso QUARANTA;

Giudici: Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 2 e 14, commi 3, 7, 8, 9 e 10, della legge della Regione Lombardia 23 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per l'attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art.

9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 - Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilita' della Regione - Collegato 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 febbraio-2 marzo 2011, depositato in cancelleria il successivo 7 marzo 2011 ed iscritto al n. 13 del registro ricorsi 2011.

Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell'udienza pubblica del 18 ottobre 2011 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Marcello Cardi e Fabio Cintioli per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso del 24 febbraio 2011, consegnato all'ufficiale giudiziario per la notifica il 25 febbraio 2011 e depositato il 7 marzo 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale della legge della Regione Lombardia 23 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per l'attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'art.

9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 - Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilita' della Regione - Collegato 2011). In particolare, sono stati impugnati gli articoli 3, comma 2, e 14, commi 3, 7, 8, 9 e 10, della citata legge regionale n. 19 del 2010.

  1. - L'art. 3, comma 2, lettera a), che sostituisce l'art. 25, comma 6, della legge della Regione Lombardia 7 luglio 2008, n. 20 (Testo unico delle leggi regionali in materia di organizzazione e personale), e' impugnato nella parte in cui dispone che 'Le economie risultanti dalla riduzione dell'organico complessivo della dirigenza possono essere destinate alla valorizzazione delle posizioni organizzative, in aggiunta alle risorse annualmente stanziate ai sensi dell'articolo 31 del CCNL del personale del comparto Regioni-autonomie locali del 22 gennaio 2004'.

    Ad avviso della difesa dello Stato, tale materia sarebbe riservata alla contrattazione collettiva e, pertanto, la disposizione censurata si porrebbe in contrasto con le norme contenute nel Titolo III (dall'art. 40 all'art. 50) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche), le quali indicano le procedure da seguire in sede di contrattazione collettiva, nonche' l'obbligo del rispetto della normativa contrattuale. Il legislatore regionale, dunque, sarebbe andato oltre la propria competenza, invadendo la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

    2.1. - L'art. 14 della legge regionale n. 19 del 2010, sotto la rubrica 'Modifica alla legge regionale n. 26 del 2003, concernente disposizioni in materia di grandi derivazioni ad uso idroelettrico', introduce varie modifiche alla citata legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche).

    Tra l'altro, dopo l'art. 53 di detta legge, inserisce l'art.

    53-bis, il cui comma 3 dispone che 'La Regione, in assenza e nelle more dell'individuazione dei requisiti organizzativi e finanziari minimi e dei parametri di aumento dell'energia prodotta e della potenza installata concernenti le procedure di gara, di cui all'art 12, comma 2, del d.lgs. n. 79 del 1999, provvede a determinare i suddetti requisiti e parametri entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo'.

    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, con tale disposizione il legislatore regionale avrebbe invaso l'esclusiva competenza statale in materia di tutela della concorrenza, ai sensi dell'art.

    117, secondo comma, lettera e), Cost.

    La disposizione de qua non regolerebbe affatto il modo di produrre l'energia, ma detterebbe soltanto misure incidenti sulle procedure di scelta del concessionario. Sul punto e' richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2008, alla stregua della quale la disciplina relativa all'espletamento delle gare ad evidenza pubblica rientra nella materia della tutela della concorrenza, spettante appunto alla competenza esclusiva dello Stato, come affermato anche dalla sentenza n. 401 del 2007. La difesa dello Stato prosegue rilevando che, in base a quest'ultima pronuncia, la determinazione dei 'requisiti organizzativi e finanziari minimi, dei parametri di aumento di energia prodotta e della potenza installata concernenti la procedura di gara, e' un atto che, da un lato, e' riconducibile alla indicata competenza statale in materia di tutela della concorrenza, dall'altro, interferisce su aspetti organizzativi, programmatori e gestori della materia, di competenza concorrente, della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia (art. 117, terzo comma, della Costituzione)'. In ordine a tale potere, che potrebbe coinvolgere anche aspetti di gestione del territorio, si dovrebbe prevedere la necessita' di riconoscere, a fianco dei poteri specifici degli organi dello Stato, anche un coinvolgimento sul piano amministrativo delle Regioni.

    A tale indicazione della giurisprudenza costituzionale il legislatore statale avrebbe ottemperato, introducendo la nuova formulazione dell'art. 12, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), come sostituito dall'art. 15, comma 6-ter, lettera c), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, alla stregua del quale e' demandata al Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997, la determinazione, entro il termine di sei mesi, dei requisiti organizzativi e finanziari minimi, dei parametri e dei termini concernenti la procedura di gara, tenendo conto degli interessi strategici degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo.

    2.2. - L'art. 14, commi 7, 8, 9 e 10 della legge della Regione Lombardia n. 19 del 2010 violerebbe, poi, l'art. 117, comma terzo,

    Cost.

    La normativa censurata, infatti, disporrebbe che gli impianti concernenti l'utilizzazione delle acque pubbliche demaniali delle grandi derivazioni idroelettriche sono direttamente conferiti a societa' pubbliche patrimoniali di scopo (comma 7); che la Regione, anche per il tramite di tali societa', affida l'esercizio industriale di detti impianti mediante procedure di evidenza pubblica, ovvero direttamente a societa' a partecipazione mista pubblica e privata (comma 8); che le concessioni idroelettriche ricadenti nei territori delle Province montane, o delle Province che abbiano il 50 per cento del territorio ad una quota superiore a 500 metri sul livello del mare, siano affidate direttamente a societa' a partecipazione mista pubblica e privata (comma 9); che la concessione per l'uso delle acque pubbliche e' rilasciata, di diritto, in favore dei soggetti affidatari degli impianti.

    Pertanto, tali disposizioni regionali verrebbero a prefigurare un sistema di affidamento di impianti afferenti alle grandi derivazioni idroelettriche e non, invece, un sistema di affidamento tramite gare delle concessioni idroelettriche. Cio' si porrebbe in aperto contrasto con il regime di tali concessioni e dei relativi impianti, come prefigurato dall'art. 12 del citato d.lgs. n. 79 del 1999, nonche' dall'art. 25 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici). Tali norme statali enuncerebbero principi fondamentali della materia di competenza concorrente 'energia', sicche' la loro violazione si tradurrebbe in violazione dell'art. 117, comma terzo,

    Cost.

    2.3. - Inoltre, l'art. 14, commi 7, 8, 9 e 10 della legge della Regione Lombardia n. 19 del 2010 si porrebbe in contrasto con l'art.

    117, commi primo, secondo lettera e) e terzo Cost.; mentre l'art. 14, comma 7, violerebbe anche l'art. 117, secondo comma, lettera s),

    Cost.

    Il richiamo effettuato dall'art. 14, comma 1, della legge censurata al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, citta' metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'art. 19 della legge 5 maggio 2009, n.

    42), sul 'federalismo demaniale', non varrebbe a giustificare l'intervento regionale sugli impianti in questione.

    In ogni caso, nella parte in cui la censurata normativa della Regione Lombardia prevede affidamenti diretti (ovvero senza gara), essa verrebbe a porsi in contrasto con i principi generali dell'ordinamento nazionale e comunitario in tema di concorrenza, violando, quindi, l'art. 117, primo comma, Cost.

    Infine, si dovrebbe rilevare che le procedure di affidamento di beni e servizi rientrerebbero nella competenza esclusiva del legislatore statale in materia di concorrenza. Come affermato dalla Corte...

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