n. 104 SENTENZA 14 - 18 aprile 2014 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 7, 11 e 18 della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 25 febbraio 2013, n. 5 (Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 recante "Principi e direttive per l'esercizio dell'attivita' commerciale"), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9-14 maggio 2013, depositato in cancelleria il 14 maggio 2013 ed iscritto al n. 60 del registro ricorsi 2013. Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Valle d'Aosta;

udito nell'udienza pubblica dell'11 marzo 2014 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d'Aosta. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso iscritto al n. 60 del registro ricorsi dell'anno 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale aventi ad oggetto gli artt. 2, 3, 4, 7, 11 e 18 della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 25 febbraio 2013, n. 5 (Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 recante "Principi e direttive per l'esercizio dell'attivita' commerciale"). Il ricorrente premette che l'art. 3, primo comma, lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), attribuisce alla Regione potesta' legislativa di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica in materia di commercio e che ai sensi dell'art. 2 del medesimo statuto, tale potesta' deve esplicarsi nel rispetto della Costituzione, dei principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e degli obblighi internazionali. Osserva, inoltre, come in forza dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), la Regione deve ritenersi titolare della competenza residuale in materia di commercio. Cio' considerato, l'Avvocatura rileva che l'art. 2 della legge reg. n. 5 del 2013 inserisce nella legge della Regione autonoma Valle d'Aosta 7 giugno 1999, n. 12 (Principi e direttive per l'esercizio dell'attivita' commerciale), l'art. 1-bis il quale attribuisce alla Giunta regionale, sentite le associazioni delle imprese esercenti il commercio maggiormente rappresentative in ambito regionale, il compito di individuare, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti, gli indirizzi per il conseguimento degli obiettivi di equilibrio della rete distributiva, in rapporto alle diverse categorie e dimensioni degli esercizi, con particolare riguardo alle grandi strutture di vendita, tenuto conto della specificita' dei singoli territori e dell'interesse dei consumatori alla qualita', alla varieta', all'accessibilita' e alla convenienza dell'offerta. Ad avviso del ricorrente, tale disposizione, sarebbe suscettibile di reintrodurre surrettiziamente limiti all'accesso e all'esercizio di attivita' economiche dal momento che il criterio in base al quale la Giunta deve determinare gli indirizzi («obiettivi di equilibrio della rete distributiva») sarebbe talmente generico da lasciare a detto organo una discrezionalita' troppo ampia, che quindi renderebbe possibile l'introduzione di vincoli quantitativi alla apertura di esercizi commerciali non giustificati da esigenze di tutela della salute, dei lavoratori, dei beni culturali e del territorio, richiamate dal comma 1-bis dell'art. 1 della legge reg. n. 12 del 1999. Per tale ragione la disposizione, potendo determinare una ingiustificata limitazione alla apertura di nuovi esercizi commerciali, si porrebbe in contrasto con i principi di tutela della concorrenza e del mercato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione. L'Avvocatura censura inoltre l'art. 3 della legge reg. n. 5 del 2013, il quale sostituisce l'art. 3 della legge reg. n. 12 del 1999 che disciplina i requisiti di accesso e di esercizio delle attivita' commerciali. La disposizione in parola prescrive che per lo svolgimento di attivita' commerciale nel settore merceologico alimentare, anche laddove effettuata nei confronti di una determinata cerchia di persone, e' necessario il possesso di uno dei requisiti professionali di cui all'art. 71, comma 6, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno). Tale ultima disposizione - rileva il ricorrente - e' stata modificata dall'art. 8 del decreto legislativo 6 agosto 2012, n. 147 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno). Nella nuova formulazione, la norma statale non richiede piu' per lo svolgimento di attivita' di vendita di prodotti alimentari e di somministrazione di alimenti e bevande, effettuate non al pubblico ma nei confronti di una cerchia ristretta di persone (spacci interni) il possesso di determinati requisiti professionali. La disposizione regionale continuando invece a richiederne il possesso anche per tale tipologia di attivita', contrasterebbe con la normativa nazionale posta a tutela della concorrenza, cosi' violando l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. E' impugnato, ancora, l'art. 4 della legge reg. n. 5 del 2013 il quale introduce l'art. 3-bis nella legge reg. n. 12 del 1999. Esso disciplina gli orari di apertura e chiusura delle attivita' di commercio al dettaglio, in armonia con quanto disposto dall'art. 3, comma 1, lettera d-bis), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 4 agosto 2006, n. 248. Tuttavia la disposizione regionale esclude dal proprio ambito di operativita' le attivita' commerciali che si svolgono su area pubblica. In tal modo, ad avviso dell'Avvocatura, essa si porrebbe in contrasto con quanto statuito dall'art. 28, comma 13, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), come modificato dal d.lgs. n. 59 del 2010, in forza del quale eventuali limiti temporali possono essere posti solo per esigenze di sostenibilita' ambientale o sociale e non gia' per ragioni economiche. Pertanto, l'art. 4 sarebbe illegittimo per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. nella parte in cui esclude dalla applicazione delle norme di liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura delle attivita' commerciali quelle su area pubblica. Anche l'art. 7 della legge reg. n. 5 del 2013 violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Tale disposizione, nel sostituire l'art. 5 della legge reg. n. 12 del 1999, il quale disciplina le medie e grandi strutture di vendita, al comma 4 stabilisce che per i centri di vendita con superficie superiore a 1.500 metri quadrati il rilascio dell'autorizzazione all'apertura, al trasferimento di sede e all'ampliamento della superficie e' subordinato al parere della struttura regionale competente in materia di commercio, che attesta la conformita' dell'attivita' oggetto della richiesta agli indirizzi di cui all'art. 1-bis, introdotto dall'art. 2 della legge in esame. Anche questa norma presenterebbe i medesimi vizi evidenziati con riguardo all'art. 1-bis della legge reg. n. 12 del 1999 dal momento che essa sarebbe suscettibile di limitare ingiustificatamente l'apertura di nuovi esercizi commerciali e di medie e/o grandi strutture di vendita, in violazione dei principi di tutela della concorrenza e del mercato e quindi in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. E' impugnato, altresi', l'art. 11 della legge censurata il quale stabilisce il divieto, nei centri storici, di apertura e trasferimento di sede delle grandi strutture commerciali. Tale divieto, il quale e' prescritto in via assoluta e riferito non solo all'ipotesi di apertura, ma anche di trasferimento di sede, sarebbe eccessivamente restrittivo e, quindi, anticoncorrenziale, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Ad avviso del ricorrente le disposizioni della legge regionale incidono sulla sfera di «tutela della concorrenza» di competenza esclusiva dello Stato. Osserva infatti l'Avvocatura che «in materia di apertura degli esercizi pubblici di vendita al dettaglio, la molteplicita' di discipline a livello locale in materia non puo' che produrre distorsione del mercato, con evidente danno per l'utenza». Infine, e' stato impugnato l'art. 18 della legge reg. n. 5 del 2013, il quale stabilisce che varie disposizioni contenute nella medesima legge, ivi comprese quelle che inaspriscono le sanzioni amministrative conseguenti a violazioni, si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa. Il ricorrente ritiene che tale disposizione contrasterebbe con il principio tempus regit actum il quale, nell'ambito del diritto sanzionatorio amministrativo, comporta che la sanzione da irrogarsi sia quella applicabile sulla base della norma vigente nel tempo in cui fu commesso l'illecito, sia in ipotesi di previsione piu' sfavorevole che favorevole. Pertanto, essa violerebbe gli artt. 25 e 117, secondo comma, lettera l), Cost. «con riferimento a quanto ribadito dalla disposizioni dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale (preleggi) anteposte al Codice civile, in base al quale la legge non dispone che per l'avvenire». 2.- Si e' costituita in giudizio la Regione autonoma Valle d'Aosta la quale ha chiesto il rigetto delle censure. Riguardo all'impugnato art. 2, la difesa regionale osserva...

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