n. 186 SENTENZA 3 - 12 luglio 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2011), come modificato dall'articolo 17, comma 4, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, con due ordinanze del 7 settembre 2011 e con una ordinanza dell'11 ottobre 2011, dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, con ordinanza del 14 dicembre 2011, dal Tribunale ordinario di Napoli con ordinanza del 21 novembre 2011, dal Tribunale ordinario di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, con due ordinanze del 12 dicembre 2011 e del 24 maggio 2012, ciascuna rispettivamente iscritta ai nn. 16, 17, 18, 50, 58, 137 e 189 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, n. 14, n. 16, n. 28 e n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visti gli atti di costituzione di A. M. ed altri, della Azienda Sanitaria Locale Salerno di Salerno (gia' Asl 111 - Salerno 1), di B. R., del Centro Antidiabete Emotest S.r.l. ed altra, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 marzo 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi l'avvocato Alfonso Celotto per A. M. ed altri, Maria D'Elia per l'Azienda Sanitaria Locale Salerno di Salerno (gia' Asl 111 - Salerno 1), Roberto Buonanno per R. B. e per il Centro Antidiabete Emotest S.r.l. ed altra e l'avvocato dello Stato Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con quattro ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, delle quali due depositate in data 7 settembre 2011, una in data 11 ottobre 2011 e l'ultima in data 14 dicembre 2011 (recanti rispettivamente i nn. 16, 17, 18 e 50 del registro ordinanze 2012), il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede staccata di Salerno e, quanto all'ultima ordinanza, sede di Napoli, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli 3, comma primo, 24, commi primo e secondo, 41 e 111, comma secondo, della Costituzione, dell'art. 1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2011), nella parte in cui, nella sua originaria formulazione, prevede che, nelle Regioni gia' commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro dei disavanzi sanitari, sottoscritto ai sensi della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2005), non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali o ospedaliere sino al 31 dicembre 2011. Il rimettente riferisce di essere chiamato a giudicare in ordine a quattro distinti giudizi di ottemperanza fondati su numerosi decreti ingiuntivi, emessi nei confronti di aziende sanitarie, ospedaliere e locali, aventi sede nella Regione Campania, divenuti esecutivi per mancata opposizione. Il rimettente, pur riscontrata la astratta azionabilita' in sede di ottemperanza amministrativa dei titoli costituiti dai ricordati provvedimenti monitori, rileva che, in concreto, osta alla procedibilita' della azione per l'esecuzione del giudicato il dettato dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010. 1.1.- Infatti, dato atto che la Regione Campania, con deliberazione del 20 marzo 2007, ha approvato, onde riequilibrare la condizione di dissesto finanziario in cui si trovavano gli enti del Servizio sanitario regionale, un piano di rientro, oggetto di accordo con lo Stato, e che il Governo nazionale, con deliberazione del 24 luglio 2009, ha nominato il Presidente della Giunta regionale campana commissario ad acta per l'attuazione del detto piano, il rimettente rileva che, date le descritte premesse, dovendosi applicare il citato art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010, le azioni esecutive introdotte dovrebbero essere dichiarate improcedibili. Tale conclusione, pero', appare al rimettente tale da far ipotizzare, in maniera non manifestamente infondata, la violazione degli artt. 3, comma primo, 24, commi primo e secondo, 41 e 111, comma secondo, Cost. Al fine di dimostrare tale assunto, il TAR rimettente rammenta che, gia' con la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), il legislatore nazionale aveva escluso la possibilita' di intraprendere o proseguire le azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere situate nelle Regioni che avevano sottoscritto piani di rientro del disavanzo sanitario. Oltre a tale blocco, previsto per la durata di un anno dalla entrata in vigore della legge, era, altresi', previsto che i pignoramenti eventualmente gia' eseguiti non avessero efficacia nei confronti dei debitori ne' dei loro tesorieri, potendo costoro disporre dei beni eventualmente vincolati. Prosegue il rimettente osservando che, a brevissima distanza dalla sua entrata in vigore, la predetta disposizione fu modificata - in occasione della conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), intervenuta con la legge 26 febbraio 2010, n. 25 - nel senso che, fermo il resto, la impossibilita' di procedere ad azioni esecutive era stata ridotta da 12 a soli 2 mesi. Pertanto, a decorrere dal 1° marzo 2010 era stato ripristinato il diritto dei creditori di agire in executivis per la soddisfazione dei loro diritti;

tuttavia, la situazione di grave disagio finanziario regionale ha presto indotto il legislatore statale ad intervenire nuovamente: infatti, con l'art. 11, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e' stata reintrodotta, al fine di agevolare il raggiungimento dei risultati indicati nel piano di rientro, la inibitoria delle azioni esecutive nei confronti delle aziende del comparto sanitario sino al 31 dicembre 2010. La nuova disposizione peraltro differiva sostanzialmente rispetto alle precedenti in quanto, diversamente da queste, non prevedeva lo svincolo dei beni gia' sottoposti a pignoramento. In un momento ancora successivo, continua il rimettente, il legislatore e' intervenuto con la disposizione ora censurata che non solo reitera il blocco delle azioni esecutive sino al 31 dicembre 2011 - data questa, osserva lo stesso rimettente, ulteriormente differita al 31 dicembre 2012 per effetto del sopravvenuto art. 17, comma 4, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 - ma reintroduce anche lo svincolo delle somme gia' staggite. 1.2.- Passando ad esaminare i profili di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale proposta, il rimettente rileva che la disposizione censurata - introducendo una disciplina che nega al creditore la soddisfazione concreta ed effettiva dei propri diritti - si pone in contrasto con gli artt. 24, commi primo e secondo, e 111, comma secondo, Cost. Precisa il rimettente che, per effetto del citato art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010, e' stata resa «inutile la possibilita' riconosciuta ai creditori di agire in giudizio al fine di ottenere il soddisfacimento delle obbligazioni dagli stessi vantate nei confronti delle aziende sanitarie e ospedaliere delle Regioni soggette a commissariamento». Cio' tanto piu' ove si consideri che la predetta disposizione, rendendo inefficaci i pignoramenti gia' eseguiti, consente ai debitori, in aperto contrasto con l'art. 24 Cost., di rientrare nella piena disponibilita' dei beni sino a quel momento vincolati alla soddisfazione dei creditori esecutanti. 1.2.1.- La medesima disposizione sarebbe, d'altro canto, in contrasto con l'art. 111 Cost. poiche' altererebbe le condizioni di parita' fra i litiganti, ponendo la parte pubblica in una posizione di ingiustificato privilegio, incidendo, altresi', sulla ragionevole durata del processo. Ne' varrebbe a smentire l'assunto il fatto che si tratta di disposizione avente una limitata efficacia nel tempo;

infatti, per un verso, il legislatore ha provveduto gia' a reiterare la disposizione prolungandone nel tempo gli effetti e, per altro verso, anche la «mera sospensione del diritto di azione a tutela del proprio credito» puo' avere effetti pregiudizievoli sulla situazione giuridica e patrimoniale del creditore. Egualmente irrilevante sarebbe la circostanza che l'eventuale pronunzia che dichiari inammissibile l'azione esecutiva non ne pregiudicherebbe la riproposizione una volta venuta meno la disciplina inibitoria, posto che lo scrutinio sulla ragionevole durata del processo va svolto in funzione del tempo necessario per il soddisfacimento della pretesa sostanziale, essendo necessario «considerare la durata complessiva della vicenda giudiziaria». In tal senso il rimettente richiama anche i principi formatisi un seno alla Unione europea e consacrati sia nel Trattato di Lisbona che nella cosiddetta Carta di Nizza. 1.2.2.- Con riferimento alla violazione dell'art. 3 Cost. il rimettente rileva che l'improcedibilita' delle azioni esecutive e' stabilita dalla disposizione censurata in considerazione della adozione di atti amministrativi «aventi natura previsionale e programmatica» e, pertanto, a contenuto generico. La posizione di chi operi nella Regione Campania e', di conseguenza, del tutto...

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