Segreto e processo

AutoreNicola Stolfi
Pagine1113-1126

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Prefazione. - Pur essendone cambiata la disciplina con il nuovo Codice di procedura penale del 1989, l'atteggiamento nei confronti del segreto da parte degli operatori del diritto e degli organi di informazione, oltre che dei centri di potere politico, è rimasto sostanzialmente immutato rispetto alla vigenza del Codice Rocco.

Il rapporto fra esigenze del processo penale ed esigenze dell'informazione sembra essersi assestato su un equilibrio che è maturato attraverso la prassi, più che attraverso il rispetto e l'applicazione delle norme in vigore. La nuova normativa ha probabilmente inciso in modo più significativo sul segreto interno e sulle esigenze di discovery volte a consentire una difesa tecnica adeguata, rispetto al codice Rocco.

Peraltro, le oggettive difficoltà attualmente esistenti nella tutela e nella gestione del segreto processuale, soprattutto quello esterno, promuovono la ricerca di soluzioni alternative o diverse rispetto a quelle in essere.

Nell'agenda dei lavori parlamentari, sono oggi presenti proposte legislative di modifica del modo in cui fino ad oggi è stato gestito il segreto processuale. Proposte il cui futuro applicativo (se tradotte in legge) si giocherà, peraltro, ancora una volta, nell'ambito di un rapporto prasseologico, che sarà certamente in grado di condizionarne gli esiti.

Le pagine seguenti costituiscono un tentativo di riflessione che nasce da uno sguardo di insieme della elaborazione dottrinale in materia sin dagli anni 1960-1970 (certamente senza alcuna pretesa di completezza), oltre che una riflessione storica e giuridico-giurisprudenziale sul concetto e sulla tecnica del segreto, che oggi può stimolare qualche riflessione sul da farsi, a fronte di una situazione che eufemisticamente si può definire non proprio soddisfacente.

@1. Il segreto, la storia, il processo

- Anagrammi, criptogrammi, enigmistica, sono pratiche antiche1 - giochi - che spesso hanno celato identità, verità, conoscenze, da preservare nel segreto.

In questa dimensione, a sua volta, il segreto - l'enigma - svolge da sempre un ruolo propulsore (o

è semplicemente la chiave d'accesso da utilizzare), per penetrare nella realtà celata di identità, verità, conoscenze2.

Si è, nei secoli, affermata la pratica del gioco come chiave di svelamento del segreto e, diversamente, il gioco come sua copertura.

Su queste ambivalenze semantiche, su questa consapevolezza del ruolo ambiguo del concetto di segreto, si sono costruite tecniche di oscuramento, anche spionistiche, che facendo leva sulla dimensione enigmistico giocosa della sua copertura e della sua rivelazione ne hanno saputo preservare l'essenza3.

Molteplici gli interessi in gioco nel corso della storia dell'umanità.

Solo un minimo di fascinazione per la tematica, condurrebbe verso percorsi storici affascinanti e quasi infiniti4.

Nel processo, è altrettanto vero che gli interessi in gioco sono molteplici. Il rapporto fra il segreto e discovery è costante, in quanto l'individuazione del responsabile di un delitto si gioca in una tensione costante fra la necessità di svolgere indagini efficaci e la correlata necessità di potersi difendere in modo efficace. A ciò si aggiunge l'ulteriore tensione mediatico-informativa, intessuta di svariati aspetti, a partire da quello più serio e fondato costituito dall'esercizio del diritto di cronaca, in cui si sostanzia il concetto di controllo democratico sull'esercizio dell'attività giurisdizionale, fino al cronachismo spicciolo di giornata, volto a soddisfare curiosità e pruderie del momento, fino ancora alle manipolazioni gravi e finalizzate secondo liberi criteri di potere, del taglio di notizia e del tipo di notizia che di volta in volta viene offerta al pubblico.

Tutto ciò, tutto questo coacervo di interessi, finisce con il creare una «forzatura delle regole del gioco» all'interno dello stesso processo.

La perdita di senso di confine e di rapporto fra gli esiti incerti delle prime battute di indagine ed un verdetto finale che andrà forse a contraddirle a distanza di anche più di una decina d'anni, complica ulteriormente le cose.

Tanto che, nel processo, ha finito con l'affermarsi un suo utilizzo ludico, in violazione del segreto giudiziario, nonostante a suo presidio siano poste norme penali e deontologiche che connettono - al suo svelamento illecito - conseguenze potenzialmente dannose e serie.

In altri settori il concetto di segreto almeno continua a mantenere apertamente la sua valenza semantica anfibologica, la sua copertura non è richiesta ed anzi il concetto stesso promette il futuro disvelamento.

Ci sono diete segrete che promettono di far perdere 10 kg. in una settimana, tecniche segrete dell'erotismo, dell'occultismo, dell'esoterismo, testi segreti sulla storia e sulla natura delle religioni,Page 1114 dell'umanità, dell'universo, la cui unica funzione è infine quella di svelare ciò che (si suppone) non sia conosciuto. Ed in effetti, al di là di un suo uso finalistico - amplificatore di idee o di tesi - è notorio che lo stesso concetto di segreto contiene in sè e presuppone quello del suo svelamento.

Con riferimento al processo bisogna innanzitutto distinguere.

C'è un segreto concepito a tutela del processo, dell'investigazione, delle regole corrette per un corretto giudizio.

C'è un segreto concepito a tutela di altri interessi, il segreto di stato e quello professionale o giornalistico, ad esempio, strutturato come limite alla conoscenza processuale.

Nel primo caso il concetto di segreto e di svelamento dei suoi contenuti si alternano e si snodano reciprocamente durante il percorso processuale, secondo riti e tappe che saranno l'oggetto di queste riflessioni, ma in favore tendenzialmente di un graduale e maggiore ampliamento della conoscenza processuale.

Nel secondo caso - ed in particolare per quanto riguarda il segreto di stato o professionale - il limite della segretezza costituisce un limite di conoscenza per il processo, che può essere lacerato solo in alcuni e ben tipizzati casi5.

C'è poi un altro segreto interno al processo: quello che discende dalla sanzione di nullità o di inutilizzabilità che colpisce determinati atti di cui il contenuto è conosciuto, ma non è conoscibile a date condizioni. Ad esempio: documenti anonimi, intercettazioni illegali, atti formati in violazione del diritto alla difesa, o in violazione di legge.

L'atto è noto, ma «sparisce» dal giudizio. Utilizzato vizia la motivazione del provvedimento che si basi su di esso. In alcuni casi la sanzione scatta non per «vizio di motivazione», ma per il fatto in sè dell'utilizzo dell'atto non utilizzabile6.

C'è infine il segreto volto a tutela della formazione del convincimento del Giudice, nel rispetto delle fasi del procedimento di natura accusatoria.

Nel processo penale la copertura del segreto non è minimamente attuata attraverso tecniche di «gioco».

Anzi, in genere è concepita seriamente: sanzioni penali, procedimenti disciplinari a magistrati ed avvocati, nel caso di rivelazione di notizie coperte da segreto processuale.

Nonostante ciò, quasi per una sorta di regola del contrappasso, il processo, più ancora la fase delle indagini, è al contrario vittima di una forma di aggressione generalizzata che ne sgretola la necessaria dimensione di segretezza7.

Oggi si può dire che il sistema mediatico-giudiziario, nelle sue numerose, intime connessioni, gioca con il limite della segretezza perseguendo i fini più svariati.

Il segreto viene violato per lanciare un'indagine, o semplicemente perché qualcuno mira a conquistare l'onore dei tabloids, o ancora perché un frammento di pseudo-informazione sullo sviluppo di un'investigazione8 che si trova alle prime battute - a fronte di un crimine che colpisce in un certo modo ed in un certo momento l'immaginazione collettiva - viene amplificato dalla stampa, che percorre sentieri sempre meno trasparenti di rapporto fra vendita ed informazione9.

L'aumento delle vendite è legato all'aumento delle notizie - le brutte notizie - che così si bruciano quasi quotidianamente.

Il circuito si autoalimenta.

Ogni giorno apprendiamo dagli organi di informazione notizie investigative, di cui sarebbe vietata qualsiasi forma di divulgazione.

Tanto che: «Mai segreto fu tanto abbondantemente violato quanto il segreto istruttorio»10, o «Il segreto istruttorio è morto»11 ed il divieto di pubblicazione è «un inutile relitto»12.

Sulla celebrazione di questo de profundis rimane la constatazione che il fenomeno è così generalizzato da creare una sorta di corto-circuito fra ciò che è normativamente vietato e l'aspettativa sociale e culturale di questa violazione.

Né il fenomeno è di semplice natura sociale e culturale, ma affonda le sue radici in una forma esplicita di accettazione interna dello stesso sistema giudiziario, che dovrebbe essere garante del rispetto delle regole che presiedono al suo stesso funzionamento.

E tale fenomeno interessa tutti gli «operatori della giustizia» non uno escluso.

Rimane solo l'imbarazzo di una esaustiva elencazione, che si cercherà di realizzare con lo strumento neutrale del criterio alfabetico: avvocati, cancellieri, giudici, magistrati, polizia giudiziaria e quanti altri valga la pena di annoverare ancora.

Realisticamente, solo interventi volti a vietare tout court la pubblicazione di atti di indagine o del loro contenuto, indipendentemente dal segreto su tali atti, sembrano poter esplicare un'efficacia arginante del fenomeno, ma debbono fare i conti con le ulteriori esigenze di esercizio del diritto di cronaca e, dunque, di controllo sull'esercizio dell'attività giurisdizionale, la cui compressione dovrebbe essere parametrata proprio nei termini di rapporto con il segreto processuale e con le esigenze della sua tutela per un corretto svolgimento del processo, ma non potrebbe essere concepita nei termini di semplice compressione delle forme in cui si estrinseca la libertà di stampa.

Attualmente, peraltro, va segnalato il fatto che, in primo luogo, gli operatori...

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