Le sedi di negoziazione

AutoreMarco Fratini
Pagine305-320
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Capitolo Primo
Le sedi di negoziazione
SOMMARIO: 1. L’evoluzione storica della disciplina. - 1.1 La nozione di “mercato” di “strumenti fi-
nanziari”. - 2. Le sedi di negoziazione. - 2.1 I mercati regolamentati. - 2.2 I sistemi multilaterali
di negoziazione. - 2.3 Gli internalizzatori sistematici. - 2.4 Le diverse trading venus a confronto:
analogie e differenze. - 3.La disciplina dei mercati regolamentati. - 3.1 La società di gestione. -
3.2 Il regolamento di gestione. - 3.3 I compiti della società di gestione. - 3.4 L’albo delle società
di gestione e l’elenco dei mercati regolamentati. - 3.5 I mercati speciali. - 3.5.1 I mercati
all’ingrosso di titoli di Stato. - 3.5.2 I mercati di strumenti finanziari derivati sull’energia e il
gas. - 3.6 Il riconoscimento dei mercati regolamentati esteri. - 4. La disciplina dei sistemi multi-
laterali di negoziazione. - 5. La disciplina degli internalizzatori sistematici. - 6. Il regime di tra-
sparenza pre-trade e post-trade: principi ispiratori e funzione - Bibliografia.
1. L’evoluzione storica della disciplina
La disciplina dei mercati regolamentati, nel recente passato, ha subito profon-
de modifiche, indotte principalmente dall’evoluzione del quadro normativo euro-
peo, a partire dalla dir. 93/22/CE, attuata con d.lgs. n. 415/1996. Il Testo unico del-
la Finanza ha completato il processo evolutivo della disciplina relativa al funzio-
namento e alla gestione dei mercati regolamentati, compiendo una scelta radicale,
ritenuta necessaria per rispondere al mutato quadro normativo e competitivo euro-
peo e per favorire lo sviluppo del mercato finanziario italiano: si è passati, infatti, da
un assetto organizzativo del mercato di matrice pubblicistica (inteso come un servizio
pubblico disciplinato e organizzato dall’autorità pubblica) ad una organizzazione tipi-
camente privatistica del mercato stesso, che ha assunto carattere di impresa1.
La privatizzazione ha comportato il trasferimento a soggetti privati (costituiti
in forma di società) delle competenze e dei costi necessari alla regolamentazione e
alla gestione del mercato. All’autorità pubblica, invece, sono stati conferiti poteri di
vigilanza su tali soggetti e sul funzionamento del mercato regolamentato.
Il processo di privatizzazione è intimamente compenetrato al fenomeno della de-
mutualizzazione, intendendosi per tale la trasformazione delle borse da enti mutualisti-
ci controllati dai propri utenti a società di capitali ad azionariato diffuso, caratterizzate
dalla non coincidenza tra utenti e soci e orientate al profitto. L’attività di organizzazio-
ne e gestione dei mercati è definita attività d’impresa, anche con scopo di lucro ( art. 61
del TUF); il suo svolgimento è riservato a società per azioni appositamente autorizzate,
al cui capitale partecipano soggetti privati. Detta attività non è più esercitata in regime
di monopolio, ma può essere svolta in regime di concorrenza.
L’evoluzione del quadro normativo europeo ha determinato anche una pro-
gressiva riduzione degli ambiti di discrezionalità regolamentare dei paesi membri.
Il Piano di azione per i mercati finanziari (Financial service Action Plan), approva-
to dalla Commissione Europea per garantire maggiore integrazione e competitività
al mercato europeo, ha riformato le principali fasi del sistema dei mercati finanzia-
ri. Anche l’organizzazione dei mercati, prima regolata in autonomia da parte dei
singoli paesi membri, è stata armonizzata attraverso la creazione di un unico qua-
dro normativo europeo.
1 Per un’analisi (anche storica) correlata alla natura pubblicistica del mercato regolamentato, v.
Parte I, Cap. II.
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1.1 La nozione di “mercato” di “strumenti finanziari”
Il termine “mercato” può essere utilizzato per indicare, al contempo, il luogo
in cui avvengono le contrattazioni, l’insieme delle persone che vi partecipano, il
complesso delle negoziazioni relative ad un determinato strumento finanziario,
l’istituzione preposta ad agevolare tali negoziazioni ovvero l’insieme delle regole
organizzative finalizzate alla realizzazione degli scambi.
Prima del recepimento della dir. 2004/35/CE (c.d. MiFID), il Testo unico della
finanza affiancava alla nozione di “mercato regolamentato” quella di “sistemi di
scambi organizzati”, che costituivano “mercati non regolamentati”. Il Testo unico,
tuttavia, utilizzava tali termini senza fornirne una puntuale definizione normativa,
né con riferimento alla fattispecie “mercato regolamentato”, né con riguardo al
“mercato non regolamentato”2. Ad ogni modo, la nozione implicitamente presup-
posta era quella di mercato inteso come organizzazione (o, più correttamente, come
complessivo sistema organizzato di strutture e regole), finalizzata a facilitare
l’incontro tra domanda ed offerta di strumenti finanziari attraverso la prestazione di
servizi diretti a ridurre i costi di transazione e creare condizioni ottimali per la ne-
goziazione (La Manno).
Sostanzialmente accomunati ai mercati “non regolamentati”, quantomeno sotto
il profilo della funzione economica, quelli “regolamentati” si caratterizzavano per
la soggezione ad una disciplina speciale strutturata e alquanto pervasiva, in partico-
lare per gli aspetti di vigilanza, tanto con riferimento alla gestione, quanto in rela-
zione all’organizzazione e amministrazione dei mercati stessi.
Nell’impianto normativo che precede l’attuazione della direttiva MiFId, inol-
tre, era imposta la regola della concentrazione degli scambi sui mercati regolamen-
tati, in conformità al quadro normativo europeo, delineato dalla dir. 93/22/CE, che
consentiva l’adozione di tale regola da parte dei singoli stati comunitari. La citata
direttiva non era finalizzata a disciplinare la struttura dei mercati regolamentati, che
continuava a dipendere dal diritto nazionale, senza però per questo dover rappre-
sentare un ostacolo alle liberalizzazioni dell’accesso ai mercati regolamentati degli
Stati membri ospitanti per le imprese d’investimento autorizzate a fornire i relativi
servizi nel loro Stato membro d’origine.
La dir. 93/22/CE, oltre a lasciare ai singoli Stati la libertà di determinare auto-
nomamente l’assetto concernente i mercati nazionali, restava del tutto silente in
merito ai sistemi di negoziazione alternativi ai mercati regolamentati.
A poco più di dieci anni di distanza, a seguito dei rilevanti cambiamenti verifi-
catisi a partire dagli anni ‘90 (tra cui, in particolare, l’innovazione tecnologica, che
aveva determinato, oltre ad un maggiore sviluppo della concorrenza transfrontalie-
ra tra i mercati regolamentati dei singoli paesi comunitari, anche una crescente im-
2 Con la locuzione “mercati non regolamentati” si indicano quei sistemi di negoziazione non ri-
conosciuti ufficialmente e non soggetti ad autorizzazione, le cui regole di funzionamento sono rimes-
se all’autonomia privata. L’espressione “mercati non regolamentati” è spesso usata come sinonimo di
mercati OTC (over-the-counter) per ricomprendere tutti quei sistemi di negoziazione alternativi ai
mercati regolamentati o ufficiali, ma non meno importanti dal punto di vista delle transazioni che vi
sono effettuate, caratterizzate normalmente dall’assenza di quotazioni ufficiali, dalla presenza di con-
trattazioni non standardizzate relativamente agli importi e alle scadenze, dalla mancanza di organismi
centrali di compensazione e garanzia, nonché da un’informativa meno trasparente sulla quotazione
dei diversi prodotti. Caratteristiche, queste, che comportano, evidentemente, un maggior rischio per
gli investitori rispetto ai mercati regolamentati.

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