La sanzione penale del lavoro di pubblica utilità

AutoreUmberto Mignosi/Riccardo Mignosi
Pagine1033-1038

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@1. Il lavoro di pubblica utilità nelle esperienze giuridiche straniere.

La sanzione del lavoro di pubblica utilità, introdotta nel nostro ordinamento dal D.L.vo n. 274/2000, allo stesso modo dell'obbligo di permanenza domiciliare, è stata adottata in diversi ordinamenti giuridici europei.

Tutti gli ordinamenti (continentali e non) che contemplano tale sanzione ne condizionano l'irrogazione all'assenso o alla richiesta dell'autore del reato, poiché non sarebbe ipotizzabile la sua attuazione in mancanza di un contegno «collaborativo» del condannato.

Questa soluzione è, soprattutto, fondata sull'art. 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali 1. Il secondo comma dell'art. 4 dispone, infatti, che «nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio».

La pena del lavoro non detentivo è stata diversamente delineata negli ordinamenti giuridici stranieri:

1) come tipologia sanzionatoria autonoma. Si tratta di un lavoro a favore della collettività, non retribuito e da svolgere al di fuori dell'ordinario luogo di lavoro. Tale sanzione è stata introdotta, ad esempio, nei sistemi inglese e portoghese;

2) come modalità esecutiva alternativa alla sanzione pecuniaria non attuata per insolvibilità, oppure quale strumento di adempimento della sanzione pecuniaria medesima, a prescindere dall'insolvibilità. È adottata in Svizzera e in alcuni paesi latino-americani. Si tratta di un servizio a favore dello Stato e degli altri enti pubblici, che si articola secondo la disponibilità del condannato (nei fine-settimana oppure nei giorni lavorativi) ed è retribuito, poiché è finalizzato a procurargli i mezzi necessari al pagamento della pena pecuniaria;

3) quale forma di confisca dell'ordinario salario del condannato-lavoratore («lavoro educativo»), nei sistemi penali dei paesi socialisti. Si trattava, cioè, del consueto lavoro del condannato, svolto gratuitamente 2.

Vediamo, ora, in particolare, quali sono stati gli orientamenti dei legislatori europei rispetto alla sanzione in esame.

Nell'ordinamento inglese, la pena del lavoro a favore della comunità (Community Service) è stata introdotta negli anni settanta [1972], in anticipo rispetto agli altri ordinamenti europei. Essa consiste in una prestazione lavorativa manuale e non retribuita, compiuta all'esterno dell'ordinario posto di lavoro del colpevole, generalmente durante i fine settimana o, comunque, nel tempo libero (ad es., pulizia di strade, parchi, uffici pubblici).

Il Community Service Order può essere applicato dal giudice, con l'assenso del reo, nel caso di reato punito con la sanzione detentiva, in sostituzione di quest'ultima. La sua durata è compresa tra le quaranta e le duecentoquaranta ore lavorative 3.

Nel codice penale francese, il travail d'intéret général (il lavoro d'interesse generale) costituisce una pena principale alternativa, affidata alla discrezionalità giudiziale. Può essere comminato nel caso di delitti, sanzionati con la pena correzionale dell'enprisonnement, o di contravvenzioni di lieve gravità (artt. 131-8/9/22 ss., c.p. francese).

Nell'ipotesi di delitti, la durata va da un minimo di quaranta ad un massimo di duecentoquaranta ore, mentre nell'ipotesi di contravvenzioni da venti a centoventi ore, da eseguire nel corso di diciotto mesi, secondo modalità fissate dal giudice. Lo juge de l'application des peines (giudice dell'esecuzione) individua l'ente presso il quale il lavoro dovrà essere svolto, l'attività che il condannato dovrà assolvere - selezionata in un elenco ad hoc relativo al circondario - e gli orari di lavoro.

L'art. 131-24 elenca le condizioni di responsabilità dello Stato per danni provocati a terzi nell'adempimento di un lavoro di interesse generale. Inoltre, in base all'art. 131-23, tale lavoro è soggetto alle prescrizioni legislative e regolamentari relative al lavoro notturno, all'igiene e sicurezza sul lavoro, così come a quelle sul lavoro delle donne e dei giovani, ed è cumulabile con l'esercizio dell'attività professionale.

La pena è, infine, sempre irrogabile esclusivamente previo consenso del condannato 4.

Il codice penale spagnolo prevede i trabajos en beneficio de la comunidad (lavori a beneficio della comunità) come sanzione sostitutiva dell'arresto di fine settimana, ove questo sia pena principale, oppure quale sanzione sussidiaria nell'ipotesi di omesso pagamento della multa (artt. 33 terzo comma, lett. j, 33 quarto comma, lett. e).

Anche l'ordinamento spagnolo subordina l'applicazione della pena al consenso del condannato (art. 49 c.p. spagnolo) 5.

Il codice penale portoghese prescrive il lavoro in sostituzione della multa o in caso di sanzione detentiva inferiore ad un anno (artt. 48, 58 e 59). Tale sanzione si estrinseca in un'attività lavorativa non remunerata a favore dello Stato o di enti pubblici o privati, che si occupino di servizi utili alla collettività. La durata della pena può variare da un minimo di sedici ad un mas-Page 1034simo di novantasei ore nelle fattispecie meno gravi e da novantasei a trecentottantaquattro ore in quelle relativamente più gravi.

Il quinto comma dell'art. 58, c.p. portoghese, in linea con gli altri codici europei, richiede il consenso del reo per l'irrogazione della sanzione.

Nell'ordinamento tedesco, il lavoro di utilità sociale è compreso tra gli obblighi connessi alla sospensione condizionale della pena (§ 56 b.2, c.p. tedesco) 6.

@2. Il lavoro di pubblica utilità: i modelli ispiratori.

Come la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare, anche la disciplina del lavoro di pubblica utilità ha subìto l'influenza di istituti analoghi già disciplinati in ordinamenti stranieri e nel nostro.

Il legislatore italiano, nel delineare la nuova sanzione del lavoro di pubblica utilità, si è ispirato indubbiamente al modello inglese (Community service) e a quello francese 7.

Anche il codice liberale del 1889 (Zanardelli), tuttavia, contemplava la prestazione d'opera a favore dello Stato, della provincia o del comune, nella duplice forma della sanzione di conversione della pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità (artt. 19, comma 5, e 24, comma 2) e della pena principale applicata per le contravvenzioni di mendicità e di ubriachezza (artt. 22, 455 e 488). Tale sanzione era finalizzata all'utilità pubblica ed irrogabile solo su istanza del condannato; il lavoro era parzialmente retribuito.

Questo archetipo di lavoro di pubblica utilità è risultato inadeguato nella prassi, poiché riservato ad un numero esiguo di reati, non accompagnato da disposizioni regolamentari che ne precisassero le modalità ed ignorato dalla magistratura.

Anche nell'ordinamento vigente figurano sanzioni simili. La legge n. 689/1981 ha, infatti, disciplinato la pena sussidiaria del lavoro sostitutivo, irrogabile nell'ipotesi di conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità del reo (artt. 102 e 105, L. n. 689/1981) 8.

Quest'ultima si differenzia dal lavoro di pubblica utilità, giacché non è una pena principale, nei modi e tempi d'esecuzione e nelle conseguenze dell'inosservanza degli obblighi relativi.

Il lavoro sostitutivo ex L. n. 689/1981 si è rivelato deludente nell'esperienza concreta, per le stesse ragioni che hanno decretato il fallimento dell'analoga sanzione contenuta nel codice Zanardelli: in particolare, la marginalità rispetto al sistema, l'assenza di concretizzazione delle modalità organizzative per la sua esecuzione, l'avversione della magistratura 9.

Infine, il «progetto Grosso» del 2000 (riforma della parte generale del codice penale) include il lavoro di pubblica utilità tra i modelli di pena sostitutiva, accanto alla pena pecuniaria e alla semidetenzione. Tale progetto assegna al lavoro di pubblica utilità un triplice ruolo: quello di sanzione sostitutiva della pena detentiva inferiore ad un anno (art. 80, comma 4); quello di sanzione da conversione della pena pecuniaria (art. 63); infine, quello di prescrizione all'interno della sospensione condizionale (art. 84, comma 1). Tale configurazione implica rilevanti difficoltà attuative, che potranno essere risolte facendo riferimento agli ordinamenti stranieri: in particolare a quelli della Gran Bretagna, Francia, Portogallo e Spagna 10.

@3. Il lavoro di pubblica utilità: il contenuto (art. 54, commi 1, 2 e 3, D.L.vo n. 274/2000).

L'art. 54, D.L.vo n. 274/200011 precisa la vaga definizione accolta nell'art. 16, comma 1, lett. a), della legge-delega (n. 468/1999), cioè «prestazione di attività non retribuita a favore della collettività», richiedendo che essa venga realizzata presso:

- enti pubblici, quali lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni;

- altri soggetti pubblici, come le organizzazioni di assistenza sociale pubblica;

- persone giuridiche private, operanti nell'ambito dell'assistenza sociale privata e del volontariato.

Nella decisione sull'ente e sul regime di esecuzione, il giudice di pace deve considerare la provincia di residenza dell'autore del reato, in modo da consentirgli il ritorno presso la propria abitazione a fine giornata (art. 54, comma 3).

La peculiarità del lavoro di pubblica utilità, che lo distingue da tutte le altre sanzioni principali presenti nell'ordinamento italiano, è costituita dal presupposto per la sua irrogazione: l'espressa richiesta dell'imputato. La norma del primo comma dell'art. 54 non è stata dettata dalla delega, ma dagli impegni internazionali assunti dall'Italia con la ratifica della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 4, comma 2).

Tale scelta è stata, però, contestata dalla Commissione Giustizia del Senato, secondo la quale non sarebbe necessario il consenso del reo, da un lato, perché il terzo comma dell'art. 4 C.E.D.U. enumera alcune eccezioni al divieto di «lavoro forzato», fra cui il lavoro richiesto ad una persona detenuta o nel periodo di libertà condizionata 12. Dall'altro lato, perché l'art. 20, L. n. 354/1975, afferma l'obbligatorietà del lavoro per i condannati e...

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