La sanatoria della morosità nel procedimento per convalida di sfratto

AutoreRoberto Masoni
Pagine595-606

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@1. Lo svolgimento dell'udienza di convalida

L'udienza fissata nella citazione per intimazione di sfratto da parte dell'attore-intimante innanzi al giudice della convalida, oppure, l'udienza (eventualmente) rinviata d'ufficio, può avere uno svolgimento piuttosto variegato, che è determinato dall'atteggiamento che, in quella sede, possono decidere di assumere tanto l'attore-intimante, quanto il convenuto-intimato (art. 663 c.p.c.).

Può accadere che non compaia l'intimante (art. 662 c.p.c.), oppure, che non compaiano entrambe le parti (ipotesi questa, peraltro, non disciplinata dalla legge); oppure, ancora, può accadere che il convenuto-intimato compaia e non si opponga alla convalida, oppure, non compaia (art. 663). In entrambi questi ultimi casi, legittimando la pronunzia della convalida dello sfratto o della licenza.

Si può, poi, verificare la sanatoria della morosità banco iudicis (art. 55, primo comma, L. 392/78); oppure, può essere richiesto, da parte del convenuto, il c.d. termine di grazia per sanare la mora (art. 55, secondo comma, L. 392/78), con rinvio di ogni determinazione ad altra udienza.

Accanto alle riferite condotte remissive assunte dal convenuto, questi, potrà pure decidere di opporsi alla convalida (art. 665); oppure, con una contestazione che non investe l'an della domanda, ma solo il quantum, limitarsi a «contestare la somma pretesa dall'intimante» (art. 666).

In entrambi i riferiti ultimi casi, il giudice disporrà il mutamento del rito, negando la convalida (art. 667).

@2. La sanatoria della morosità ex art. 55 L. 392/78: aspetti generali

All'intimato, convenuto in giudizio in un procedimento per convalida di sfratto per morosità, l'ordinamento offre l'indicata facoltà difensiva, potendo egli sanare la morosità banco iudicis, ovvero, in un concedendo termine c.d. di grazia, secondo il disposto dell'art. 55 L. 392/78 (rimasto immutato anche in seguito all'approvazione della L. 431/98).

Pur se il riferito beneficio della sanatoria della morosità, concesso dalla legge al conduttore, non debba necessariamente esplicarsi nel corso del giudizio per convalida, come infra si vedrà (§ 5), tuttavia, il «sub-procedimento di sanatoria» 1, trova il suo normale, naturale ed anzi quotidiano terreno applicativo nell'ambito del procedimento speciale in oggetto (tenendo conto che, statisticamente, almeno l'80% dei procedimenti di sfratto ha riguardo alla morosità) 1bis. Ciò ne giustifica, appunto, in questo contesto, la sua integrale disamina, del resto secondo un'ormai consolidata tradizione dogmatica, che si rinviene nelle opere specialistiche sull'argomento.

Il primo comma dell'art. 55 dispone che: «la morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'art. 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tal sede dal giudice».

Rincalza il secondo: «ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a novanta giorni».

Tenuto conto della sistematica della legge, come pure della funzione della sanatoria banco iudicis e del termine di grazia collocati all'interno del sistema normativo, sembra più che giustificata un'interpretazione unitaria dei due istituti, disciplinati, rispettivamente, nei commi 1 e 2 dell'art. 55 L. 392/78 2.

Entrambi, pur con modalità diverse, consentono all'intimato di «eliminare la gravità dell'inadempimento, e quindi la possibilità di risoluzione del contratto, attraverso una particolare forma di adempimento tardivo» 3.

@3.La risoluzione per inadempimento del contratto di locazione

La facoltà concessa all'intimato di sanare la morosità «alla prima udienza» del giudizio di sfratto, oppure, nel termine di grazia assegnato dal giudice, costituisce un'evidente deviazione rispetto ai principi generali in materia di risoluzione del contratto per grave inadempimento. In quanto l'art. 55 L. 392/78 deroga al principio generale posto dall'ultimo comma dell'art. 1453 c.c., a tenore del quale: «dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione».

La deroga si giustifica da un punto di vista sociale perché permette al conduttore di continuare a godere del «bene casa», che ha indiscutibile valenza sociale, oltre che rango costituzionale (art. 42, secondo comma, Cost., ove si rinviene il riferimento alla «funzione sociale» della proprietà privata) 4.

In proposito, è stato notato che: «si tratta di una tendenza al salvataggio di taluni rapporti di durata che investono profili di rilievo economico-sociale che sarà ripresa dall'art. 5 L. 203/82 (in tema di contratti agrari), in forza del quale, il concedente, prima di ricorrere all'autorità giudiziaria, deve contestare all'altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'inadempimento ed illustrare le proprie motivate richieste, con la conseguenza che non si dà luogo alla risoluzione del contratto ove l'affittuario sani entro tre mesi» 5. Page 596

In altre parole, i principi sulla risoluzione del contratto trovano una deroga eccezionale in considerazione del fatto che il bene implicato non è un immobile qualsiasi, ma, è, appunto, «una casa di abitazione».

La riferita deviazione dai principi trova, peraltro, un limite nella natura del «tipo» locatizio dedotto in giudizio da parte dell'intimante.

Come si vedrà meglio infra, infatti, la facoltà di sanare la morosità, anche dopo la notifica della citazione per convalida, è riconosciuta solo nell'ambito dei rapporti di locazione ad uso abitativo. Tale tipo contrattuale soggiace, poi, alla regola di cui all'art. 5 L. 392/78 (che trova il suo antecedente prossimo nella legislazione vincolistica; art. 3 L. 831/1973), a tenore del quale: «salvo quanto previsto dall'art. 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento nel termine previsto degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del ca none, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'art. 1455 del codice civile».

Come ha insegnato costantemente la giurisprudenza, per l'uso abitativo, la legge ha «predeterminato legalmente la gravità dell'inadempimento», escludendosi, pertanto, al riguardo alcuna valutazione discrezionale da parte del giudice di merito ed affermando che: «la valutazione, quanto al pagamento del canone, della gravità e dell'importanza dell'inadempimento del conduttore in relazione all'interesse del locatore insoddisfatto non è più rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata legalmente mediante previsione di un parametro ancorato (artt. 5 e 55 della legge) a due elementi: l'uno di ordine quantitativo afferente al mancato pagamento di una sola rata del canone o al mancato pagamento di oneri accessori di importo superiore a due mensilità del canone, l'altro di ordine temporale relativo al ritardo consentito e tollerato, fermo restando tuttavia, ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, il concorso dell'elemento soggettivo dell'inadempimento costituito dall'imputabilità della mora a dolo o colpa grave del conduttore» 6.

Viceversa, è egualmente consolidato il principio secondo cui la predeterminazione legale della gravità dell'inadempimento, prevista dall'art. 5 L. 392/78, non trova applicazione ai contratti di locazione ad uso non abitativo, ai quali, di conseguenza, tornano nuovamente applicabili i principi generali del codice dettati per la risoluzione del contratto per inadempimento.

Si insegna, infatti, che: «la predeterminazione della gravità dell'inadempimento con riferimento alla risoluzione del rapporto, non trova applicazione per le locazioni ad uso non abitativo, per le quali resta operante il criterio della non scarsa importanza dell'inadempimento, stabilito dall'art. 1455 c.c.» 7.

Precisandosi, ulteriormente, però, che «il criterio legale dettato dalla disposizione (ossia, dall'art. 5 L. 392/78; n.d.a.) può però essere tenuto in considerazione, come parametro di orientamento per valutare in concreto la gravità dell'inadempimento» 8.

La valutazione della gravità dell'inadempimento, idonea alla risoluzione del contratto, in questo settore di contenzioso, come per ogni genere di contratto, è quindi affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito. E solo in caso di «idoneità a ledere in modo rilevante l'interesse contrattuale del locatore, a sconvolgere l'intera economia del rapporto e di determinare un notevole ostacolo alla prosecuzione del medesimo», può essere pronunziata la risoluzione del contratto 9.

Ancora, si precisa che: «il giudizio di gravità dell'inadempimento deve ispirarsi ad un criterio di relatività, che consenta di coordinare la valutazione dell'elemento obiettivo della mancata prestazione nel quadro dell'economia generale del contratto, con l'elemento subiettivo, e cioè con il comportamento dell'altra parte, con particolare riguardo all'interesse di questa all'esatto e tempestivo adempimento» 10.

Come si è visto, agli effetti della convalida dello sfratto per morosità e della successiva declaratoria di risoluzione giudiziale, in seguito al mutamento del rito, emerge di immediata evidenza la diversità di regime giuridico cui sono sottoposti i contratti di locazione ad uso abitativo rispetto a quelli ad uso non abitativo.

@4. L'adempimento tardivo

Il controverso problema dell'individuazione degli effetti del c.d. adempimento tardivo da parte del debitore, effettuato dopo la proposizione della domanda di risoluzione, si pone, in questo campo, solo per le locazioni del secondo tipo.

Ci si chiede, in sostanza, se l'adempimento effettuato da parte del debitore dopo la notifica della domanda...

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