Il ruolo dei beni culturali nell'attuale sistema giuridico ed economico italiano. Il peculiare ruolo delle dimore storiche

AutoreCorrado Sforza Fogliani
Pagine406-407
406
dott
4/2014 Arch. loc. e cond.
DOTTRINA
IL RUOLO DEI BENI CULTURALI
NELL’ATTUALE SISTEMA
GIURIDICO ED ECONOMICO
ITALIANO. IL PECULIARE
RUOLO DELLE DIMORE
STORICHE
di Corrado Sforza Fogliani
Intendo soffermarmi su alcuni punti qualif‌icanti della
presenza delle dimore storiche nella società. È bene ricor-
dare sempre che le dimore storiche hanno una peculiare
collocazione, con elementi di distinzione propria, all’in-
terno dei beni culturali. Infatti, rispetto ai beni culturali
nella loro integralità hanno caratteristiche che ne indivi-
duano un particolare valore. L’aggettivo “storiche” indica
una qualità appunto dilatata nel tempo, sovente nei secoli.
C’è, quindi, un elemento di antichità, che non sempre è
caratteristica di un bene culturale. Soprattutto, però, c’è il
sostantivo, “dimore”, sul quale merita soffermarsi. Rispet-
to a un monumento, a un palazzo pubblico, a un edif‌icio
sacro, la dimora storica ha un carattere di forte differenza:
è un edif‌icio vissuto, se mi si passa la parola, ossia un bene
che perpetua la sua funzione attraverso i secoli. La dimora
storica non è mutata in museo, perché serba ancora la pro-
pria originaria funzione. È un’abitazione, nata come tale
e tale rimasta. Quindi, accanto ai valori schiettamente
estetici dell’immobile, ci sono aspetti di continuità stori-
ca, di tradizione, permanendo la destinazione per la quale
l’immobile era nato.
Guardiamo questa splendida sala e pensiamo al mirabi-
le e grande immobile che la contiene. Non ci sono soltanto
le mura: ci sono beni culturali mobili, costituenti una
raccolta di dimensioni e di valori tali da sf‌idare qualsiasi
raffronto con musei e istituti pubblici. Ma c’è qualcosa
che aggiunge un altro valore: il rimanere intatta la de-
stinazione originaria, di abitazione. La famiglia che abitò
in origine questa dimora ancor oggi l’abita. C’è, quindi,
una continuità storica che rappresenta un di più, perché
eterna la condizione originaria, non solo come architet-
tura, ma altresì come mobili, quadri, soprammobili, libri,
archivi, cose d’interesse e di valore individuale rese ancor
più consistenti dall’essere tenute insieme dal permanere
della famiglia.
So bene che l’esempio fatto, e motivato dal trovarci
qui ineguagliabilmente ospitati, è con ben pochi paragoni
nell’intera Europa, non solo in Italia. Tuttavia, pensiamo
a simili insulae o a grandi edif‌ici, un tempo nobiliari, che
ancora comunemente serbono immutato il nome della
famiglia che per secoli vi dimorò. Roma ne abbonda. Eb-
bene, non rileva se oggi la proprietà sia ancora in capo alla
famiglia storica o sia in condominio. Conta che la dimora
sia ancora tale, sia cioè abitata, vissuta, usata per lo scopo
originario. Non sia, insomma, museif‌icata.
Sono decine di migliaia gli immobili in queste condizio-
ni, a volte rimasti l’unico edif‌icio di rilevanza storica nel
cuore di un piccolo paese, altre volte diffusi l’uno accanto
all’altro in quartieri cittadini. Vi sono dimore che risalgono
al Medio Evo, altre d’età rinascimentale, altre barocche,
spesso documentando nelle proprie mura le variazioni ap-
portate dai secoli e, attenzione!, di solito motivate dal vo-
ler serbare la funzione abitativa. Vi sono dimore che sono
ancor oggi in grado di ospitare un patrimonio mobiliare
ricco. Ve ne sono altre in cui le vicende familiari hanno
portato a una frammentazione della proprietà, ma intatta
è rimasta la presenza di nuclei pur non appartenenti al-
l’originario stipite eponimo.
Questo aspetto va ricordato, perchè ha una funzione
estetica, storica, culturale, sociale. Insomma, il bene “di-
mora storica” è leggibile come un bene che ha continuità
storica ininterrotta. Noi possiamo dall’esterno ammirare
un palazzo settecentesco, godendone il portale, le f‌inestre,
le membrature, i balconi, gli aggetti, gli elementi decora-
tivi: e già questo tornerebbe a merito della proprietà, la
quale serba a quella che oggi si def‌inisce pubblica fruizio-
ne edif‌ici meritevoli di tutela. Però, c’è un aspetto storico
ulteriore, la perpetuazione del bene internamente. È un
valore culturale, cui non dobbiamo chiedere di darci – per
citare un noto esempio – un unicum quale il “Museo del-
l’antica casa f‌iorentina”, a palazzo Davanzati di Firenze,
ma che ci appaga pure nel piccolo palazzo eclettico del
secondo Ottocento, abitato tutt’oggi. Vorrei citare un altro
esempio, sempre f‌iorentino: palazzo Medici, oggi Medici
Riccardi. Lorenzo il Magnif‌ico, nella stanza da letto, tene-
va il trittico della Battaglia di S. Romano, di Paolo Uccello.
Credo che ben pochi personaggi abbiano avuto una simile
possibilità di godere quotidianamente di un’opera ai verti-
ci artistici di ogni tempo. Ebbene, se palazzo Medici fosse
rimasto una dimora di famiglia, chissà, forse ancora oggi le
tre grandi tavole sarebbero ancora unite e non smembrate
tra Firenze, Parigi e Londra.
Anche senza arrivare a tali irraggiungibili livelli, però,
va detto che la continuità della dimora permette di evi-
tare un degrado altrimenti scontato, quale possiamo co-
statare in tante chiese non più off‌iciate. Ecco: le dimore
storiche evitano che molti edif‌ici si riducano come templi
abbandonati. Tuttavia questa salvezza di un patrimonio
culturale così tipico richiede mezzi sempre più rilevanti
e sempre meno disponibili. Sempre più rilevanti, perché
ovviamente il passare del tempo esige nuovi e specialistici
interventi, per tacere di tragici eventi eccezionali, quali
catastrof‌i naturali o terremoti. Sempre meno disponibili,
perché la proprietà immobiliare è da qualche anno oggetto
di assalti bellici, al f‌ine di spogliarla non già dei redditi,
bensì del patrimonio stesso, posto che sovente la tassazio-

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