Tra diritto e politica. Riflessioni in libertà su ruoli, metodi e linguaggi della dottrina giuslavorista

AutoreOlivia Bonardi
Pagine37-52
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Tra diritto e politica. Riflessioni
in libertà su ruoli, metodi e linguaggi
della dottrina giuslavorista
1. I giuslavoristi e la politica
Quale sia il ruolo della dottrina giuslavorista ri-
spetto all’evoluzione del diritto sociale del lavoro
è questione che può essere affrontata con approc-
ci diversi, nessuno dei quali ci appartiene in pieno,
presupponendo piuttosto competenze e conoscenze
proprie di altre scienze. Cercherò quindi di acco-
starmi al tema proponendovi una serie di spunti di
riflessione che si avvicinano solo per approssima-
zione ad individuare dei possibili itinerari di ricerca.
La prima immagine che questa domanda suscita
è credo per tutti noi la borsa di Massimo D’Antona
sul marciapiede di via Salaria, a cui il mio pensiero
associa immediatamente quella del citofono di casa
Biagi sotto i portici a Bologna e i quattro agenti che
per anni hanno passato le loro giornate fuori dallo
studio di Pietro Ichino, a Scienze Politiche a Mila-
no. E c’è una prima risposta: i nostri maestri hanno
contribuito alla formazione delle leggi e dell’intero
sistema del diritto sociale del lavoro in modo asso-
lutamente determinante. Ma vi hanno contribuito in
quanto e proprio perchè giuslavoristi o lo hanno fat-
to perché hanno assunto il ruolo di politici?
La risposta dovrebbe forse darcela qualche stu-
dioso della dogmatica del diritto, che dovrebbe spie-
Il Diritto Sociale del Lavoro
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garci qual è esattamente la funzione dell’interprete
del diritto, il che presupporrebbe ovviamente stabi-
lire preventivamente cosa è il diritto, e qui ci vorreb-
be un filosofo. Se poi ci chiediamo quanto e perché
i discorsi dei giuslavoristi incidano sulla formazione
dell’agenda politica e sulle politiche del lavoro po-
ste in essere, dovremmo effettuare una serie di valu-
tazioni che coinvolgono l’analisi del contesto in cui
tali discorsi sono inseriti, il peso che sulla diffusione
delle idee e dei discorsi hanno l’accesso ai mass me-
dia e le condizioni politiche, sociali ed economiche
che hanno consentito una determinata scelta. E qui
ci vorrebbe un esperto di scienza politica.
Eppure non possiamo esimerci dall’interrogarci
sulla nostra funzione. Potremmo provare a dire che
noi svolgiamo nella società un lavoro intellettuale e
scientifico, apparteniamo a una comunità scientifica.
Ci vorrebbe un sociologo, che ci spiegasse qual è il
ruolo degli scienziati, degli intellettuali nella società.
Max Weber diceva che nel campo scientifico ha per-
sonalità «solo chi serve il proprio oggetto». Ma qual è
l’oggetto che serviamo? Qui sì, ci vorrebbe un giusla-
vorista; eppure le risposte possono essere molteplici:
l’esatta interpretazione? La riconduzione a sistema del
complesso normativo? O qualcosa di pspecifico,
come le modalità per preservare la persona nel rappor-
to di lavoro? La linea che deve indicare l’avanguardia
per l’attuazione della rivoluzione? Il modo migliore
per consentire alle libere forze del mercato di massi-
mizzare le utilità di tutti? Presupposto di ogni lavoro
scientifico, dice ancora Weber “è la validità delle rego-
le della logica e del metodo” (Weber 1996, 25).

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