Quando il datore di lavoro non opera le ritenute previdenziali alla fonte della retribuzione del dipendente: errore conta bile che rende insussistente il reato

AutoreFrancesco Paolo Garzone
Pagine77-78
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giur
Rivista penale 1/2014
MERITO
di ricevimento della predetta raccomandata non è stato
rinvenuto agli atti dell’uff‌icio: lo scrivente ha allora dispo-
sto, con apposita ordinanza, notif‌icarsi copia del verbale
d’udienza all’imputato, con espresso avviso della decor-
renza del termine di tre mesi dalla notif‌icazione al f‌ine
di effettuare il pagamento di quanto dovuto e integrare la
causa di non punibilità del reato.
All’odierna udienza si è dato atto che la predetta no-
tif‌icazione è stata ritualmente eseguita in data 17 giugno
2013, e che non vi è stato pagamento in misura ridotta:
dopodiché si è svolta la discussione, all’esito della quale
le parti hanno rassegnato le conclusioni come da verbale.
La richiesta assolutoria della Difesa può essere condivisa,
avendo essa dimostrato, attraverso la produzione di tutte
le buste paga allegate all’atto di opposizione, che in realtà
le ritenute non erano state nemmeno operate dal T. (è
agevole invero verif‌icare che, nelle singole buste paga,
il lordo e il netto pagato coincidono invariabilmente), e
in applicazione dei principi giuridici elaborati sul punto
dalla ben nota giurisprudenza di legittimità e di merito,
ampiamente citata nelle memorie difensive, cui si rinvia
per ragioni di sintesi. (Omissis)
QUANDO IL DATORE
DI LAVORO NON OPERA
LE RITENUTE PREVIDENZIALI
ALLA FONTE
DELLA RETRIBUZIONE
DEL DIPENDENTE: ERRORE
CONTABILE CHE RENDE
INSUSSISTENTE IL REATO
di Francesco Paolo Garzone
SOMMARIO
1. Il sistema sanzionatorio delle violazioni agli obblighi di
contribuzione previdenziale. 2. Più in particolare, le sanzioni
penali.
1. Il sistema sanzionatorio delle violazioni agli obblighi
di contribuzione previdenziale
L’onere contributivo derivante dal rapporto di lavoro
subordinato è posto in parte a carico del datore di lavoro
ed in altra parte a carico dello stesso lavoratore; il paga-
mento all’Ente previdenziale competente, tuttavia, viene
sempre materialmente effettuato dal datore di lavoro me-
diante una ritenuta sulla retribuzione da corrispondere al
proprio dipendente (1).
Il sistema sanzionatorio delle violazioni agli obblighi
di contribuzione previdenziale si fonda sulla distinzione
fra omissione ed evasione, nonché sulla distinzione fra
sanzioni civili, amministrative e penali.
Per omissione si intende il mancato o ritardato paga-
mento della contribuzione obbligatoria il cui ammontare
sia rilevabile dalle denunce o dalle registrazioni obbliga-
torie previste a carico del datore di lavoro.
Integra, invece, la più grave ipotesi di evasione il caso in
cui il datore di lavoro abbia occultato l’esistenza di un rappor-
to di lavoro o l’effettivo importo delle retribuzioni erogate.
La giurisprudenza di legittimità non è univoca nel trac-
ciare tale distinguo.
In alcune pronunce è stato infatti statuito che, in con-
trasto con la prassi dell’I.n.p.s., non costituisce evasione
contributiva il mancato o ritardato versamento della con-
tribuzione, anche in caso di omessa o tardiva presenta-
zione della denuncia mensile tramite modello D.M. 10,
allorché il relativo debito sia rilevabile da altre scritture
obbligatorie tenute dal datore di lavoro (2).
In altre sentenze si è optato, viceversa, per la tesi più
severa, per cui integra evasione contributiva anche la
semplice omissione di uno degli adempimenti obbligatori
previsti dalla Legge, e quindi anche della sola denuncia
(D.M. 10), pure a fronte di regolari registrazioni (3).
Sia l’ipotesi di omissione che quella di evasione con-
tributiva è assistita da sanzioni civili: il datore di lavoro
inadempiente è tenuto a corrispondere all’Ente previden-
ziale, in ragione d’anno, una maggiorazione percentuale
sull’importo dei contributi o dei premi non corrisposti.
Nell’ipotesi di semplice omissione contributiva, l’impor-
to da corrispondere viene determinato, in ragione d’anno,
in misura pari al tasso uff‌iciale di riferimento maggiorato
del 5,5 %; il tetto massimo è f‌issato al 40 % dell’importo dei
contributi non versati.
Nel più grave caso di evasione, invece, la percentuale
di maggiorazione (sempre in ragione d’anno) è portata al
30 % ed il massimale al 60 % dell’importo dei contributi
evasi.
In aggiunta alle sanzioni civili, l’art. 3, comma 3, D.L.
22 febbraio 2002 (4), convertito in L. 14 aprile 2003, n. 73,
prevede che il datore di lavoro sia destinatario di sanzioni
amministrative per il caso di impiego irregolare di mano-
dopera lavorativa, ovvero di lavoratori non risultanti dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria. L’impor-
to della sanzione varia dal 200 % al 400 % dell’importo del
costo del lavoro, calcolato sulla base del c.c.n.l. applicabi-
le, per ciascun lavoratore irregolare, per il periodo com-
preso fra l’inizio della prestazione lavorativa e la data di
accertamento della violazione.

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