La riserva di legge
Autore | Massimiliano di Pirro |
Pagine | 51-60 |
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@La natura giuridica della riserva di legge
L’art. 25, 2° comma, Cost. stabilisce che nessuno può essere punito, se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Tale norma fissa il principio della riserva di legge in materia penale, al fine di assicurare che, in un settore particolarmente delicato qual è, appunto, il diritto penale, che incide su diritti fondamentali della persona (primo tra tutti, la libertà personale), le scelte relative ai comportamenti da sottoporre a pena vengano adottate dal Parlamento, l’organo rappresentativo dei cittadini, in cui trova ampio spazio la dialettica democratica fra maggioranza e opposizione. È escluso, quindi, che atti diversi dalla legge possano costituire fonti (ossia atti produttivi di norme giuridiche) del diritto penale, con la sola eccezione degli atti ad essa equiparati, cioè dei decreti legge e dei decreti legislativi (vedi par. 2).
Occorre, peraltro, individuare l’esatta portata di tale principio. A questo proposito, le tesi elaborate sono tre:
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tesi della riserva assoluta pura (Pagliaro): secondo questa impostazione, se lo scopo della riserva di legge è quello di tutelare la libertà personale dall’arbitrio del potere esecutivo (il Governo) e del potere giudiziario, il legislatore deve conservare il monopolio assoluto della descrizione dell’illecito penale, e, quindi, deve prevedere il reato e la relativa sanzione in modo completo (Romano). Ne consegue che il reato non può essere descritto, neanche ai soli fini di una ulteriore precisazione, da atti diversi dalla legge emanati dal potere esecutivo (regolamenti, decreti o atti amministrativi). Si afferma, a questo proposito, che non basta che il legislatore abbia voluto una determinata norma, ma è necessario che tale norma sia stata "fatta" da lui;
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tesi della riserva tendenzialmente assoluta (FiandacaMusco, Romano) o della riserva assoluta relativizzata (CadoppiVeneziani): secondo questa tesi (oggi prevalente), è possibile che il volto del reato venga disegnato anche da fonti diverse dalla legge, purché tale intervento si limiti a integrare la norma penale sulla falsariga delle indicazioni fornite dalla legge stessa. Tale integrazione riguarda soprattutto quei settori caratterizzati da una
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particolare complessità tecnica e bisognosi di continuo aggiornamento (si pensi, ad esempio, alle norme in materia di stupefacenti) (così FiandacaMusco). Questa impostazione garantisce il rispetto del monopolio delle scelte politicocriminali attribuito al legislatore dalla Costituzione, ed esclude che la fonte sublegislativa concorra con la legge nel compimento delle scelte politicocriminali (MarinucciDolcini). Pertanto, le norme contenute in atti del potere esecutivo integrano il precetto e concorrono a definire la figura del reato: la riserva di legge, in tal caso, viene salvaguardata solo se la legge indichi, con sufficiente specificazione, i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell’autorità non legislativa (Corte cost. 23-3-1966, n. 26);
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tesi della riserva relativa di legge (Antolisei): questo filone di pensiero (che ormai può ritenersi ampiamente superato) afferma che anche fonti normative diverse dalla legge possono concorrere alla creazione delle norme penali, per evitare che la legge, richiedendo lunghi tempi di approvazione, invecchi precocemente e non risponda più alle esigenze reali; per questo, mentre il legislatore (Parlamento) è tenuto a fissare le linee fondamentali della disciplina, il suo completamento può essere affidato ad atti diversi dalla legge, che possono precisare gli aspetti lasciati scoperti dalla legge stessa, alla quale peraltro è affidato il compito di definire gli aspetti essenziali del reato. In altri termini, il regolamento o l’atto amministrativo possono collaborare con la legge nella descrizione del reato (Esposito).
Il diverso modo di intendere la riserva di legge ex art. 25, 2° comma, Cost. incide, pertanto, sulla libertà di manovra riconosciuta ai regolamenti, ai decreti ed agli atti amministrativi in ambito penale.
Infatti, se la riserva è considerata assoluta, non vi è alcuna possibilità, per tali atti, di definire i contorni del reato, trattandosi di un compito riservato in via esclusiva alla legge. Questa tesi, però, non fa i conti con la realtà, poiché dà vita ad un sistema penale rigido e poco flessibile, scarsamente funzionale in un sistema come il nostro, caratterizzato da una diffusa utilizzazione della sanzione penale nelle materie più varie, spesso tecnicamente complesse e bisognose di continuo aggiornamento, dove risulta indispensabile il ricorso a fonti integrative di natura extralegislativa.
Pertanto, appare preferibile la tesi della riserva di legge tendenzialmente assoluta, che, con atteggiamento pragmatico, ammette la possibilità che atti diversi dalla legge intervengano nella materia penale, regolando aspetti tecnici, di dettaglio, di elementi già sufficientemente determinati dalla legge (Romano, Pulitanò). Su questa linea si è posta anche la Corte costituzionale, secondo la quale la riserva è rispettata se la legge...
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