Le difformità tra il rischio reale ed il rischio rappresentato nel contratto assicurativo. L"aggravamento del rischio

AutoreFrancesco Recchioni
Pagine201-210

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È regola generale che nello svolgimento delle trattative che conducono alla conclusione di un contratto, e così pure nel momento stesso in cui si procede alla stipula, le parti osservino un comportamento improntato alla buona fede; in sede di interpretazione delle clausole negoziali ed in quella della loro applicazione pratica, è norma che i contraenti non si discostino dalle regole della correttezza per il leale adempimento degli obblighi assunti. Qualora, pur in presenza delle norme di legge il contratto rimanga in alcuni lati ancora oscuro (giova ricordare il contra agere), è da richiamare la disposizione secondo la quale l'interpretazione dell'intenzione delle parti deve rendere realizzabile l'equo contemperamento degli opposti interessi (art. 1371 c.c.): il cum traho viene ad assumere il valore di atto conclusivo del contra agere. Il fenomeno, unico nella sua ampiezza, vede la sua realizzazione in due fasi ben distinte, che si compenetrano.

Fondatamente, il ricorso ai principi della buona fede, della lealtà e della correttezza nel comportamento negoziale - visto questo nella sua dimensione unitaria - trova applicazione con maggior rigore nel contratto assicurativo, essendo questo finalizzato alla costituzione di un rapporto nel quale l'equilibrio tra le obbligazioni che le parti vanno ad assumere in virtù del trasferimento del rischio, si fa dipendere dal verificarsi di un evento del tutto fortuito.

È perciò richiesto che l'evento dedotto nel contratto si presenti come assolutamente imprevedibile nei suoi concreti dettagli, in quanto: a) nel caso in cui ne fosse possibile la precisa conoscenza o la particolareggiata previsione, verrebbe addirittura a verificarsi la carenza del rischio, rischio che costituisce la ragione determinante del contratto assicurativo (e non «l'oggetto», consistente invece nel salvaguardare il patrimonio dell'assicurato)1; b) la conoscenza, che uno dei contraenti potesse acquisire, di una serie di fattori capaci di generare in via diretta od indiretta un evento aleatorio a tutto suo favore, non potrebbe che farsi rientrare nella sfera della mala fede e dell'iniquità, e sarebbe ritenuta causa di annullamento del contratto medesimo, se strumentalizzata con ricorso a raggiri che possano valere ad ottenere il consenso dell'altra parte rivelando un intento fraudolento.

Argomento, il presente, che presto induce ad una duplice considerazione riguardante: - per un verso il contraente, in quanto nella conclusione di un contratto assicurativo sottovaluti - od in parte nasconda - quel complesso di circostanze che costituiscono l'indispensabile contributo per l'esatta conoscenza e la determinazione del rischio, cioè i sostanziali elementi di valutazione, che a lui sono noti più che ad ogni altro; - per l'altro verso, l'assicuratore quando non approfondisca gli opportuni chiarimenti sui dettagli delle prime informazioni ottenute, oppure quando per motivi connessi con il suo esercizio professionale conosca l'effettivo stato delle cose, o ne abbia avuto comunque notizia anche per altra via trattandosi di fatti notori, ma non applichi quella diligenza che lo obbliga ad assumere informazioni complementari. Ma vi è da dire che mentre il contraente può andare incontro a comprensibili difficoltà nell'effettuare la sua personale valutazione di alcune situazioni e di alcuni dettagli, la cosiddetta «proposta» di assicurazione si prefigge, a vantaggio dell'assicuratore, di portare maggiormente in luce le essenziali circostanze capaci di modificare le condizioni della propria adesione, o di indurlo addirittura a rifiutare il consenso qualora ritenga eccessivamente gravoso il rischio che si accinge a proteggere.

Tra le misure che sono state ritenute indispensabili a garantire che l'assicurato ed il rispettivo assicuratore si pongano o si conservino in una posizione di assoluta uguaglianza in punto di prevedibilità dell'evento (cioè ad idem) si è, così, fatto rientrare «il dovere dell'assicurato di informare l'asicuratore di ogni cosa che questo ultimo non sia tenuto a conoscere, affinché il contratto possa essere concluso su un uguale piede di parità»2.

Ovviamente, a questo dovere si collega l'altro dovere dell'assicurato di rendere nota anche qualsiasi variazione possa verificarsi durante la vita del contratto traducendosi in aggravamento del rischio, nonché l'onere di segnalare all'assicuratore una eventuale e considerevole diminuzione del rischio garantito (art. 1897 c.c.).

Nei brevi termini stabiliti per le impugnazioni, di cui al comma secondo dell'art. 1892 c.c. ed al comma primo del 1893, possiamo tuttavia rinvenire una diretta emanazione del principio della conservazione del negozio giuridico; così pure nel comma terzo dell'art. 1898 c.c. in ordine alla facoltà di recesso dell'assicuratore, a causa dell'aggravamento del rischio e del conseguente scatto peggiorativo della situazione giuridica che lo riguarda. Da ciò si evidenzia che la misura della irrevocabilità del provvedimento di annullamento è stata prevista per i soli casi in cui la divergenza tra rischio reale e rischio rappresenta fraudolentemente comporti conseguenze del massimo rilievo, cioè una stima del rischio totalmente avulsa dalla realtà; mentre nei casi meno onerosi prevalgono gli intenti pratici della legislazione vigente, indirizzati (quando non vi sia stata colpa grave) a concedere all'assicuratore la semplice facoltà di recedere dal contratto, oppure mirando alla conservazione del medesimo - pur in presenza di rischio più gravoso - senza fare una severa distinzione tra aggravamento che avrebbe potuto dissuadere l'assicuratore dal concludere il contratto, ed aggravamento che avrebbe suggerito di stipulare a condizioni diverse fissando un «premio» maggiore.

È il caso di porre in evidenza come anche l'esigenza di conferire certezza ai rapporti giuridici in relazione alla peculiarità di alcuni loro contenuti, è stata così sentita dal legislatore da indurlo a fissare termini molto brevi sia per l'esercizio del diritto di recesso riconosciuto all'assicuratore, sia per calcolare la decorrenza degli effetti del recesso stesso, una volta che questo sia stato notificato al rispettivo cliente per avere il rischio raggiunto un livello sfavorevole.Page 202 E l'insieme delle misure surriferite è stato deciso in considerazione della particolare funzione affidata al contratto di assicurazione, così accordando in pratica: a) una considerevole protezione alla compagnia assicuratrice, offrendo a questa i mezzi per difendersi contro il possibile dolo dell'assicurato, ed una tutela ricavata dai principi comuni sull'errore e sul dolo; b) una certa difesa anche a favore del soggetto assicurato, evitando a lui quei pregiudizi che potrebbero insorgere da modeste inesattezze non dipendenti dalla sua volontà3. Ma, soprattutto, il complesso delle misure sopra riferite è in intima connessione con la grande incertezza economica che permea l'intero tessuto del contratto assicurativo: è insita in esso, infatti, una aleatorietà che, per consentire il conseguimento e la conservazione della piena rispondenza tra l'obbligo della sopportazione del rischio da un lato assunto dall'assicuratore, ed il «premio» che dall'altro lato l'assicurato si impegna a corrispondere accollandosi il complesso delle condizioni contrattuali, impone l'esatta ed integrale conoscenza - da parte del primo - di tutte le componenti sostanziali del rischio, persino nei profili delle sue possibili evoluzioni future. Senza di che, il contratto potrebbe racchiudere una rilevante carica di destabilizzazione già all'atto del suo sorgere, o rischierebbe di acquisirla - prima o poi - nel corso del suo svolgimento.

Per inciso ricorderemo che, nelle controversie in materia, l'indirizzo costante della giurisprudenza è nel senso di addossare alla compagnia il compito di provare le circostanze che hanno influito sulla formazione del proprio consenso, e di riservare al giudice del merito il decidere - caso per caso - sino a quale punto determinate altre circostanze inerenti al rischio abbiano potuto esercitare una qualche influenza di distorsione nella fase conclusiva delle trattative, cioè all'atto della stipula della polizza. In altre parole, l'eventuale suo annullamento non potrà costituire un effetto automatico delle risposte inesatte o false rese dal contraente, bensì dipenderà dal convincimento del giudice sulla decisività o meno delle circostanze stesse nella determinazione delle volontà per la realizzazione del contratto, e sulla presenza della buona fede nell'accordo raggiunto, ai sensi art. 1337 c.c.4.

Si vuole richiamare sull'argomento anche una decisione della sez. I della Cassazione civile sul ricorso che la Soc. Intereuropea di Assicurazioni presentò contro la Soc. Mantex, di cui a sentenza n. 5638 del 21 ottobre 1980 in materia di assicurazione incendi, che così concluse: «... in tema di assicurazione contro i danni, qualora l'impresa assicuratrice abbia richiesto ed ottenuto dall'assicurato - con apposito questionario - specifiche informazioni sulle circostanze afferenti al rischio dedotto in contratto, la mancata inclusione di determinati profili (fra i quesiti così formulati), di fatto evidenzia un atteggiamento di indiffrenza dell'assicuratore medesimo, nel senso della estraneità dei profili stessi all'ambito del proprio interesse di conoscenza, valutabile al fine della esclusione, a carico dell'assicurato che li abbia taciuti, di un comportamento reticente secondo gli articoli 1892 e 1893 c.c.». La controversia era insorta con preciso riferimento ad una polizza contro il rischio dell'incendio, riguardante un opificio industriale, in quanto l'assicurato aveva omesso di riferire di non essere ancora in possesso del benestare del comando dei vigili del fuoco, previsto dal decreto presidenziale n. 547 del 27 aprile 1955, capo VI, artt. 36 e 37.

Altro punto, più volte affermato dalla Suprema Corte sul delicato argomento della reticenza all'atto conclusivo del...

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