La rilevanza penale delle nuove linee guida nella procreazione medicalmente assistita

AutoreFrancesca Re
Pagine857-862

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  1. - La recente modifica delle linee guida relative alla legge 40/2004, che detta norme in materia di procreazione medicalmente assistita, costituisce un accadimento di rilevante significato sia sotto il profilo politico che strettamente giuridico, anche se occorre rilevare, in limine, che il valore delle linee guida non può assolutamente essere equiparato a quello di un testo legislativo. Le linee guida, infatti, hanno origini ministeriali e svolgono la mera funzione di chiarire ed interpretare le relative disposizioni di legge, come risulta dall'art. 7 comma 4 della legge 40/20041.

    Come è noto, il clima accentuatamente confessionale in cui la legge sulla procreazione assistita ha visto la luce2, ha determinato una forte spinta protezionistica dell'inizio della vita umana che non trovando una totale realizzazione nel testo di legge, è «sconfinata» all'interno delle linee guida di matrice ministeriale. Il risultato è stato quello di avere, accanto ad un testo normativo, di per sé assai poco rispettovo del principio di laicità e del pluralismo rispettoso, una sorta di ulteriore testo parallelo che prevedeva disposizioni addirittura più restrittive della legge stessa. Il recente intervento di revisione, invero, non ha fatto altro che ripristinare la legalità violata dalle precedenti disposizioni dettate dalle linee guida. Queste infatti, in alcuni punti, abusando del loro ruolo tipico, non si limitavano a fornire un'interpretazione governativa del testo di legge, ma introducevano veri e propri ulteriori divieti, in netto contrasto con le norme di legge.

    Una volta preso atto di questa anomalia normativa - anche e soprattutto su sollecitazione dei tribunali italiani - il Ministero della sanità ha revisionato le vecchie linee guida per giungere alla loro parziale riformulazione, soprattutto laddove emergevano forti e gravi contraddizioni rispetto alla portata effettiva del testo normativo.

  2. - Il punto centrale della revisione delle linee guida riguarda l'eliminazione della più visibile aporia derivante dalla legge 40/2004, ovvero quella in base alla quale si limitava l'analisi degli embrioni ad un approccio meramente convenzionale, inibendo così qualsiasi pratica diagnostica o terapeutica sugli stessi.

    Il vecchio testo, prevedeva che «Ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell'articolo 14, comma quinto3, dovrà essere di tipo osservazionale. Qualora dall'indagine vengano evidenziate gravi anomalie irreversibili dello sviluppo di un embrione, il medico responsabile della struttura ne informa la coppia ai sensi dell'art. 14, comma 5. Ove in tal caso il trasferimento dell'embrione, non coercibile, non risulti attuato, la coltura in vitro del medesimo deve essere mantenuta fino al suo estinguersi».

    Con questa disposizione, in contraddizione con quanto previsto dall'art. 13 commi 1 e 2 della legge 40/20044, e con quanto prevede lo stesso art. 14 comma 5, si introduceva un limite illegittimo ad una disposizione di legge, la quale, in virtù del principio della gerarchia delle fonti, non può essere contraddetta da un atto secondario di natura amministrativa. La disposizione contenuta nelle linee guida ha avuto la forza cogente di una vera e propria norma giuridica, facendo sostanzialmente venir meno il dettato dell'art. 13 L. 40/2004 (almeno fino all'intervento decisivo delle sentenze di Cagliari, Firenze e del Tar Lazio).

    Dunque, in seguito all'abrogazione della disposizione suddetta le nuove linee guida non contemplano più il vincolo osservazionale, pur mantenendo il divieto di qualsiasi diagnosi a fini eugenetici così come previsto dall'art. 13 della legge 40/2004, dove, per eugenetica deve intendersi quella «scienza che ha per fine il miglioramento genetico della specie umana»5.

    La revisione delle linee guida, dunque, realizza il cambiamento più profondo con l'abrogazione del testo ministeriale che nei fatti vietava la diagnosi preimpianto sugli embrioni prodotti. Questo cambiamento avrà forti riflessi in materia penale: infatti la norma di legge in relazione alla quale le disposizioni ora abrogate erano state emanate, è l'art. 13 della legge 40/2004, ovvero una norma di natura penale, che al suo interno prevede, peraltro, sanzioni piuttosto severe6. Le disposizioni delle linee guida, riferendosi ad una fattispecie di reato svolgevano i loro effetti su un terreno penale, tanto che il forte rifiuto proveniente dagli operatori del settore sanitario di procedere a diagnosi preimpianto si fondava proprio sulla portata di quel limite osservazione contenuto nelle linee guida.

    Il citato art. 13 commi 1 e 2 vieta sperimentazioni e ricerche su embrioni umani a meno che non si perseguano finalità diagnostiche o terapeutiche. Dunque risulta chiaro che l'interpretazione fornitaPage 858 dalle vecchie linee guida si poneva in evidente contrasto con la ratio sottesa alla fattispecie prevista dalla legge. Lo stesso art. 14 comma a cui le vecchie linee guida facevano espresso riferimento prevede il diritto della coppia ad essere informato sullo stato di salute dell'embrione che deve essere impiantato, ma lo stato di salute di un embrione non può certo desumersi da una sua semplice osservazione microscopica.

    Infatti l'osservazione dell'embrione permette solo di valutare la compattezza e lo stato di aggregazione delle cellule e non di individuare eventuali malattie genetiche. In base a questa disposizione delle vecchie linee guida si intendeva proprio delegittimare la pratica della diagnosi preimpianto, e cioè di un accertamento genetico che, attraverso la tecnica del prelievo di una o più cellule dell'embrione, consente di accertare se l'embrione stesso sia o meno portatore di determinate gravi malattie e quindi di conoscerne, prima dell'impianto, lo stato di salute. La diagnosi prenatale, oltre a rientrare nel diritto ad essere informati sul proprio stato di salute, e dunque su quello del figlio che si porta in grembo, ha gli stessi identici scopi di una villocentesi o un'amniocentesi, esami che si effettuano in uno stadio gestazionale successivo alla diagnosi preimpianto, ma che perseguono le stesse finalità conoscitive di quest'ultima. Dunque, non se ne comprendeva il divieto, stante la assoluta liceità di interventi affini.

  3. - Proprio tali contraddizioni sono state oggetto di due importanti pronunce giurisprudenziali, in seguito accolte proprio dal decreto di revisione delle linee guida, il quale, nell'abrogare la vecchia disposizione, che imponeva il vincolo osservazionale nell'analisi degli embrioni, afferma che l'abrogazione è stata «una conseguenza diretta» delle pronunce rispettivamente del Tribunale di Firenze e del Tar Lazio. Questi provvedimenti...

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