Riforma della legge italiana sulla cittadinanza e diritto dell'Unione europea

AutoreEgeria Nalin
Pagine161-177
EGERIA NALIN
RIFORMA DELLA LEGGE ITALIANA
SULLA CITTADINANZA E DIRITTO
DELL’UNIONE EUROPEA
SOMMARIO: 1. L’incidenza delle leggi attributive della cittadinanza nazionale sullo status di
cittadino europeo. – 2. L’obbligo di rispettare il diritto dell’Unione e i limiti alla discre-
zionalità degli Stati in materia di cittadinanza. – 3. La legge italiana in materia di attribu-
zione della cittadinanza. – 4. Il disegno di legge relativo alla modifica dei criteri di attri-
buzione della cittadinanza italiana. – 5. Conclusioni.
1. La cittadinanza europea, istituita dal Trattato di Maastricht, rappresenta –
secondo la costante interpretazione della Corte di giustizia – lo status fondamen-
tale dei cittadini dei Paesi dell’Unione europea1.
Per quanto qui rileva, è sufficiente ricordare che il Trattato di Lisbona, raffor-
zandone la centralità e l’importanza, ribadisce che essa spetta a tutti i cittadini
degli Stati membri dell’UE, aggiungendosi a quella nazionale (art. 9 TUE)2; sta-
bilisce che “L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e
giustizia senza frontiere interne (…)” (art. 3, par. 2, TUE); attribuisce ai mede-
simi il diritto di iniziativa legislativa popolare (articoli 11, par. 4, TUE, e 24, par.
1, TFUE); dispone che “i cittadini sono direttamente rappresentati (…) nel Par-
1 Tra le altre, vedi le sentenze del 20 settembre 2001, causa C-184/99, Grzelczyk, Raccolta,
p. I-6193 ss., punto 31; del 17 settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast, ivi, p. I-7091 ss., punto
82; del 2 marzo 2010, causa C-135/08, Rottmann, non ancora pubblicata in Raccolta, punto 43;
dell’8 marzo 2011, causa C-34/09, Ruiz Zambrano, non ancora pubblicata in Raccolta, punto 41.
2 In argomento cfr. V. LIPPOLIS, La cittadinanza europea, Bologna, 1994, p. 61 ss.; M. CAR-
TABIA, voce Cittadinanza europea, in EG, VI, Aggiornamento, Roma, 1995, p. 5 ss., i quali par-
lano, rispettivamente, di “cittadinanza duale” e di “cittadinanza complementare”. Sul carattere sui
generis della cittadinanza europea, vedi, altresì, L. S. ROSSI, Uguaglianza – Cittadinanza, in ID. (a
cura di), Carta dei diritti fondamentali e Costituzione dell’Unione europea, Milano, 2002, p. 109
ss. Sul significato da attribuire all’espressione “si aggiunge alla cittadinanza nazionale”, utilizzata
nel Trattato di Lisbona in luogo di quella presente nell’art. 17 TCE, che parlava di “complemento
della cittadinanza nazionale”, vedi A. SCHRAUWEN, European Union Citizenship in the Treaty of
Lisbon: Any Change at all?, in Maastricht JECL, 2008, p. 59 ss.; J. SHAW, The Constitutional
Development of Citizenship in the EU Context: with or whitout the Treaty of Lisbon, in I. PERNICE,
E. TANCHEV (eds.), Ceci n’est pas une Constitution – Constitutionalism without a Constitution?,
Berlin, 2009, p. 111 ss.
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lamento europeo” e che il Parlamento europeo “è composto di rappresentanti dei
cittadini dell’Unione” (articoli 10, par. 2, e 14, par. 2, TUE). In questo modo, il
nuovo Trattato accentua il legame tra cittadini e Parlamento europeo e, di conse-
guenza, tra cittadini e Unione, in senso funzionale al consolidamento del pro-
cesso di integrazione3.
Peraltro, il Trattato di Lisbona non istituisce un procedimento autonomo per
la concessione della cittadinanza europea, in quanto continua ad essere “cittadino
dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro” (art. 20, 2°
comma, TFUE). In altri termini, sono gli Stati, attraverso le norme nazionali
sull’attribuzione e sulla revoca della propria cittadinanza, a determinare, altresì,
l’attribuzione e la revoca della cittadinanza dell’UE.
La ragione di questa scelta risiede nella natura stessa dell’Unione e, soprat-
tutto, nel fondamentale principio di attribuzione4: il sistema si fonda sulla volon-
taria auto-limitazione di sovranità da parte degli Stati e, di conseguenza, la citta-
dinanza europea si fonda e deriva da quelle nazionali.
Nondimeno, l’Unione non è affatto indifferente riguardo al modo in cui gli
Stati esercitano questa loro competenza. Già il Consiglio europeo di Tampere del
15-16 ottobre 1999 – sulle cui basi sono stati riconosciuti ai residenti di lungo
periodo una serie di diritti economici e sociali, spesso assimilabili a quelli dei
cittadini5 – ha approvato “l’obiettivo di offrire ai cittadini dei Paesi terzi che sog-
giornano legalmente in maniera prolungata l’opportunità di ottenere la cittadi-
nanza dello Stato membro in cui risiedono”.
3 Da notare che l’art. 190, par. 1, TCE definiva il Parlamento come rappresentante dei popoli
degli Stati. Nell’ottica indicata nel testo va letto, da una parte, il potenziamento del ruolo del Par-
lamento, realizzato dal Trattato di Lisbona attraverso la trasformazione della procedura di codeci-
sione in procedura legislativa ordinaria (art. 289 TFUE) e la conseguente equiparazione delle
funzioni del Parlamento a quelle del Consiglio (articoli 14, par. 1, e 16, par. 1, TUE); dall’altra,
l’attribuzione del suddetto diritto di iniziativa legislativa popolare a un milione di cittadini di più
Stati membri (in argomento vedi F. RASPADORI, La democrazia partecipativa ed il diritto di inizia-
tiva dei cittadini europei, in SIE, 2010, p. 675 ss., e, più in generale, sui diritti del cittadino, C.
MORVIDUCCI, I diritti dei cittadini europei, Torino, 2010). In poche parole, come evidenzia E.
TRIGGIANI, La cittadinanza europea per la “utopia” sovranazionale, in SIE, 2006, p. 435 ss., in
specie p. 455 ss., nonché in Studi in onore di Vincenzo Starace, Napoli, 2009, II, p. 1255 ss.; ID.,
L’Unione europea dopo la riforma di Lisbona, Bari, 2011, p. 37, il nuovo assetto di Lisbona pone
la cittadinanza europea come strumento per rafforzare le cittadinanze nazionali “in rapporto di
feconda interazione”.
4 Articoli 5, par. 2, e 13, par. 2, TUE.
5 Il riferimento è alla direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa
allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, GUUE L 16, 23
gennaio 2004, p. 44 ss., e al regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che
estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai
cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili a causa della nazionalità,
GUUE L 124, 20 maggio 2003, p. 1 ss. Per un dettagliato esame della direttiva, si rinvia a. G.
CELLAMARE., La disciplina dell’immigrazione nell’Unione europea, Torino, 2006, p. 174 ss. Sullo
statuto dei residenti di lungo periodo nell’Unione vedi, altresì, A. DI STASI, Statuto euro-nazionale
dell’immigrato di lungo periodo, in U. LEANZA (a cura di), Le migrazioni. Una sfida per il diritto
internazionale, comunitario e interno, Napoli, 2005, p. 451 ss.

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