La riforma del diritto penale tributario ex art. 9 Legge 205/1999

AutoreGiuseppe Bersani
Pagine197-203

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In un contesto normativo - appesantito dalla pendenza della «riforma epocale» del Giudice unico - è avvenuta - nell'ambito del più generale intervento legislativo di depenalizzazione - chiaramente collegato alla trasformazione in illeciti amministrativi di alcune ipotesi di reati minori per facilitare il decollo della nuova forma di organizzazione giudiziaria 1 - la presentazione dello schema di disegno di legge recante «Delega del Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario» 2.

Scopo dichiarato della riforma è quello di ridefinire l'intera disciplina dei reati tributari rendendola maggiormente omogenea al diritto penale «comune».

Analizzando i principi contenuti nello schema di disegno di legge, non si può fare a meno di salutare con favore 3 la maggior parte dei principi guida che possono così riassumersi:

- parziale superamento della tecnica legislativa tipica della legge 516 consistente nella previsione di fattispecie prodromiche all'evasione ed alla cui violazione consegue la sanzione penale; vengono abrogate le ipotesi di omessa o incompleta contabilizzazione attualmente previste dall'art. 1 legge 516/82 spostando la rilevanza penale al momento della dichiarazione; (art. 9 lett. A, nn. 1 e 2) 4;

- rilevanza penale solo per i fatti caratterizzati da una reale offensività per il bene giuridico tutelato; previsione di soglie di punibilità idonee a limitare l'intervento penale ai soli illeciti economicamente significativi (lett. a e b), articolandole in modo da «escludere l'intervento penale al di sotto di una determinata entità di evasione, indipendentemente dai valori dichiarati» (cfr. lett. C, n. 1); previsione dell'utilizzo della sanzione penale solo nei casi in cui il «rapporto tra l'entità dei componenti reddituali o del volume di affari evasi e l'entità dei componenti reddituali o del volume di affari sia superiore ad un determinato valore, (cfr. lett. C n. 2), specificando al contempo la rilevanza penale dell'evasione nei soli casi in cui si superino determinate soglie di valori assoluti (cfr. lett. C n. 3);

- previsione di un meccanismo premiale per l'eventuale risarcimento del danno (lett. E);

- sostanziale superamento delle anomalie che caratterizzavano dal punto di vista sostanziale i reati tributari (prescrizione) lett. G) ed art. 6 lett. D) (ultrattività);

- individuazione della competenza per territorio (lett. H).

Esaminiamo le conseguenze e gli scenari che si prospettano sulla base dei principi sopra delineati.

Tutte le nuove ipotesi costituiranno solo fattispecie delittuose (art. 9 comma 2, lett. A); conseguentemente saranno eliminate le fattispecie contravvenzionali, con inevitabili conseguenze sull'elemento soggettivo dei reati che saranno caratterizzati esclusivamente dal dolo; quest'ultimo sarà costituito dal fine di evasione o di conseguimento di indebiti rimborsi di imposta.

Dal punto di vista oggettivo saranno penalmente rilevanti - previo superamento di una soglia quantitativa ancora da determinarsi - (con la sola esclusione delle ipotesi previste dalla lett. B) le seguenti condotte:

a) l'omessa presentazione o la presentazione di dichiarazioni infedeli (cioè non corrispondente alle risultanze della documentazione contabile - ipotesi di falso ideologico) lett. a) n. 3;

b) la presentazione di dichiarazione annuale corrispondente alle risultanze della documentazione contabile, ma fondata su documenti falsi o in presenza di contabilità tenuta in modo non idoneo o utilizzando artifici contabili (fattispecie di corrispondenza fra dichiarazione e contabilità, in cui, tuttavia, la contabilità si basa sulla non corretta registrazione o su documenti falsi, ipotesi di falso materiale lett. a) n. 1); non si può fare a meno di sottolineare come nell'ambito degli «altri artifici idonei a fornire una falsa rappresentazione contabile» andranno - a nostro avviso - ricomprese le «infedeli valutazioni» di merci e rimanenze indicate in bilancio 5, con ciò aderendo a quanto dal sottoscritto indicato come interpretazione preferibile dell'art. 4 legge 516/82 6.

Attualmente, aderendo all'interpretazione della maggioranza della dottrina, le false ed infedeli valutazioni in bilancio commesse per frodare il Fisco sfuggono sia all'ambito di operatività della norma penale tributaria (in quanto l'art. 4 legge 516/82 nella attuale versione sanziona solo i «fatti materiali» nel cui ambito, secondo la prevalente dottrina, non rientrano le «valutazioni» che costituirebbero solo «fatti»), sia a quello della normativa societaria ex art. 2621 c.c. (in quanto l'elemento soggettivo, peraltro difficilmente individuabile da parte dgli investigatori se non rifacendosi alle dichiarazioni dell'indagato, è quello di sottrarre materia imponibile all'Erario, e quindi quello tipico della norma penale tributaria) 7.

La soluzione contraria rappresentata dalla non sanzionabilità delle infedeli valutazioni - porta con sè numerosi inconvenienti, primo fra tutti il fatto che vengono sanzionati in sede penale coloro che «dimenticano di presentare la dichiarazione» (magari di importo di pochi milioni), mentre godono di sostanziale impunità coloro che evadono il fisco approfittando della possibilità di effettuare valutazioni del tutto arbitrarie per importi miliardari i magazzini merci, con la conseguenza, nelle migliori delle ipotesi, di rinviare al futuro il pagamento di imposte dovute per l'esercizio in corso.

È indubbio che se sarà mantenuta la sanzione per gli «artifici contabili» si renderà necessario, anche al fine di evitare i rischi paventati dalla dottrina, l'indicazione di criteri in forza dei quali gli imprenditori dovranno attenersi nell'effettuare le valutazioni e quindi redigere il bilancio, analogamente a quanto previsto dal punto e) dello schema di disegno di legge per evitare la sanzione penale in tema di condotte potenzialmente elusive 8;

c) l'emissione di documenti falsi diretti a consentire una falsa rappresentazione contabile (c.d. attività di «cartiera»; false certificazioni rilasciate dai sostituti d'imposta ai sostituiti) lett. a) n. 2;

d) le condotte finalizzate ad impedire la materiale soddisfazione da parte dell'Erario attraverso il compimento di atti fraudolenti sui propri beni (es. vendite simulate a terzi compiacenti), lett. a) n. 4.

Attualmente la fattispecie è disciplinata legislativamente dall'art. 97 D.P.R. 602/73, ma evidentemente - al fine di evitare che lunghi e spesso costosi accertamenti, terminassero con la condanna (in sede tributaria) di soggetti che nelPage 198 frattempo si erano spogliati di tutti i loro beni, con sostanziale inutilità della procedura iniziata non potendo recuperare alcunché a tassazione, il Legislatore ha ritenuto necessario sanzionare penalmente tali condotte al fine di meglio delimitare l'antigiuridicità della condotta.

Naturalmente, non ogni atto di specie sarà consumativo del reato, bensì solo quello attuato con fraudolenza che lascia, comunque, frustrate le legittime aspettative dell'Erario di incassare le imposte dovute.

La fattispecie ricorda quella prevista dal n. 1 del comma primo dell'art. 216 legge fall.; naturalmente tale ipotesi di maggior rigore, nell'ottica dell'effettiva percezione del tributo, costituisce il contraltare della previsione di un'autonomo meccanismo premiale per il soggetto che, in ogni caso, ha assolto il tributo evaso (lett. A, n. 4).

Da ultimo si prevede di sanzionare - in quanto condotta impeditiva della corretta ricostruzione del giro d'affari - l'occultamento o la distruzione dei documenti contabili (lett. A n. 5).

Il principio indicato alla lett. f) dello schema di disegno di legge («prevedere la non punibilità di chi si sia uniformato al parere del comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, istituito ai sensi dell'art. 21 della legge 30 dicembre 1991 n. 413, porta a ritenere che probabilmente molte delle condotte riconducibili a schemi elusivi e poste in essere in assenza del parere del comitato consultivo circa la loro liceità o meno, costituiranno una ipotesi penalmente rilevante 9.

Il legislatore cerca - evidentemente - di dare attuazione - seppure esprimendosi in forma negativa e conferendo alla violazione di tale principio, oltre al disconoscimento dei vantaggi dell'operazione, addirittura una valenza penale - a quanto richiesto da parecchi anni in dottrina, circa la necessità della individuazione di un principio generale antielusivo, allo stato del tutto mancante nel nostro ordinamento.

In tal modo si riconosce la fondatezza delle ragioni di quella dottrina che si era espressa in senso positivo circa la possibilità di includere tra i casi di c.d. «frode esterna» anche le condotte elusive e cioè quelle condotte poste in essere in assenza di presupposti economici ed il cui scopo era solo quello di ottenere attraverso condotte fraudolente, il mancato pagamento delle imposte 10.

Anche questo principio cui dovrà ispirarsi il nuovo diritto penale tributario può essere valutato favorevolmente, in quanto è bene ricordare come negli ultimi anni si è assistito ad un vero e proprio abuso degli strumenti negoziali più vari al fine esclusivo di ridurre l'imposizione senza che sussistessero i presupposti causali tipici di detti negozi e quand'anche gli stessi vi erano, spesso si trattava di fattispecie poste in essere al solo fine di ridurre la base imponibile del contribuente e non per raggiungere il fine economico oggetto «tipico» del contratto.

Fra le condotte più significative analizzate dalla dottrina una menzione particolare deve essere fatta per l'usufrutto su azioni, per il c.d. leverage buy out, basato su operazioni di acquisizione che generano un drastico abbattimento della fiscalità complessiva dell'azienda, per sale and leaseback, 11 per il transfert price, 12 che viene attuato acquistando prodotti o servizi da società controllate a prezzi maggiori o minori a seconda del regime fiscale a cui è soggetta la società che ricava il maggior...

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