Riforma del condominio e dati sulla sicurezza

AutoreAntonio Nucera
Pagine445-446
445
dott
Arch. loc. e cond. 4/2013
RIFORMA DEL CONDOMINIO
RIFORMA DEL CONDOMINIO
E DATI SULLA SICUREZZA
di Antonio Nucera
L’art. 1130 c.c., così come scaturente dalla legge di
riforma del condominio, prevede al n. 6, primo periodo,
che l’amministratore debba “curare la tenuta del registro
di anagrafe condominiale contenente le generalità dei
singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti
personali di godimento, comprensive del codice f‌iscale e
della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna uni-
tà immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni
di sicurezza”.
La previsione, all’evidenza, non pone particolari proble-
mi interpretativi, se non con riferimento ad uno specif‌ico
punto: quale sia l’esatto signif‌icato da attribuire all’espres-
sione “ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza”.
Nel silenzio del legislatore, l’indagine non può che
prendere l’avvio da un esame letterale dell’espressione
d’interesse e, in particolare, dal termine “dato”. Tale pa-
rola, utilizzata come sostantivo maschile, ha il signif‌icato
– secondo il dizionario Devoto Oli della lingua italiana – di
“informazione”, vocabolo quest’ultimo – sempre secondo il
citato dizionario – che a sua volta sta ad indicare “notizia
o nozione raccolta e comunicata ai f‌ini di un’utilizzazione
pratica e immediata”.
Che il termine “dato” vada letto come sinonimo di
“informazione” trova conferma, del resto, anche nella for-
mulazione della disposizione in questione la quale, sem-
pre al n. 6, dopo aver trattato del registro di cui sopra, così
prosegue: “Ogni variazione dei dati deve essere comunicata
all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni.
L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incomple-
tezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccoman-
data le informazioni necessarie alla tenuta del registro di
anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incom-
pleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni
necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”.
È, dunque, lo stesso legislatore a parlare di “informa-
zioni” con riguardo a ciò che i condòmini sono tenuti a co-
municare; “informazioni” che, tuttavia, possono ritenersi
fornite, in relazione segnatamente alle “condizioni di sicu-
rezza”, dando conto – deve ritenersi – di eventuali elemen-
ti negativi relativi a queste ultime, elementi riscontrabili
nelle unità immobiliari (ad es.: segnali di pericolo, come
crepe nei muri ecc.), richiedendo all’evidenza la legge la
comunicazione di dati afferenti – in buona sostanza, e per
meglio esprimersi – alla insicurezza. La presentazione da
parte dei condòmini di documentazione concernente la
sicurezza dei loro immobili, non troverebbe alcuna valida
giustif‌icazione nel testo di legge (che, infatti, non parla di
allegazione – del resto di pratica, diff‌icile attuazione – al
registro di anagrafe). Non solo, ma la documentazione po-
trebbe anche essere superata e non svolgere quindi alcuna
funzione così come potrebbe addirittura essere un modo
per dribblare quanto la legge prescrive (chiamando que-
sta i condòmini a dichiarare i dati attuali di sicurezza e a
comunicare ogni variazione degli stessi).
Al di là delle considerazioni che precedono, vi è poi da
rilevare che quando il legislatore della riforma ha inteso
far riferimento ad eventuale “documentazione” o “docu-
menti”, lo ha fatto esplicitamente, senza giri di parole. Si
pensi, solo per fare qualche esempio, all’art. 1129, ottavo
comma, c.c. nel quale si prevede espressamente che l’am-
ministratore, alla cessazione dell’incarico, è tenuto alla
consegna di tutta la “documentazione” in suo possesso.
Ovvero al successivo punto 8) dello stesso art. 1130 c.c. in
cui si impone a chi amministra di conservare tutta la “do-
cumentazione” inerente alla propria gestione. O, ancora,
all’art. 71-ter disp. att. c.c. che obbliga l’amministratore ad
attivare – su richiesta dell’assemblea – un sito internet del
condominio che consenta agli aventi diritto di consultare
ed estrarre copia in formato digitale dei “documenti” pre-
visti dalla delibera assembleare.
Insomma, se la voluntas legis fosse stata quella di
pretendere dai condòmini documenti sulla sicurezza,
sarebbe stato certo più chiaro e semplice ricorrere a
espressioni quali “ogni documento relativo alle condizioni
di sicurezza” oppure “tutta la documentazione relativa alle
condizioni di sicurezza”. Così però non è stato. Il che porta
all’ovvia conclusione che la legge non prevede alcun ob-
bligo di produzione documentale, e affermare il contrario,
quindi, signif‌icherebbe introdurre un inutile aggravio a ca-
rico dei condòmini e degli stessi amministratori. Ciò senza
considerare, peraltro, che la presentazione di eventuale
documentazione sulla sicurezza f‌irmata da professionisti
eluderebbe lo scopo della norma, che è quello, indubbia-
mente, di un’assunzione di responsabilità diretta da parte
dei proprietari degli immobili; assunzione di responsabili-
tà che può essere garantita solo da una dichiarazione sot-
toscritta dagli stessi interessati circa l’esistenza o meno
di segnali di pericolo al momento della comunicazione
all’amministratore.
Ad ulteriore conferma della bontà delle conclusioni
cui sta conducendo la presente rif‌lessione, c’è inf‌ine da
considerare che la previsione che qua ci occupa precisa
– come abbiamo visto – che ogni variazione dei dati deve
essere “comunicata” all’amministratore, il quale, in caso di
inerzia, mancanza o incompletezza delle “comunicazioni”,
deve attivarsi con lettera raccomandata. È chiaro che,
se nei dati da comunicare si fosse voluto ricomprendere
anche un’eventuale documentazione (nello specif‌ico,
sulla sicurezza) da presentare, sarebbe stato appropriato
stabilire che ogni variazione concernente tali dati fosse
“trasmessa” (e non “comunicata”) all’amministratore.
Il termine “comunicazioni”, poi, utilizzato, all’evidenza,
come sinonimo di “informazioni” (in conformità, del resto,

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