Riflessioni sulla sospensione dell

AutoreMario Talani
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@1. Analisi dell'istituto e sua funzione

- La recente legge n. 49/2006, di conversione del decreto legge n. 272/2005, ha ribadito l'attualità dell'istituto della sospensione dell'esecuzione della pena detentiva, previsto e regolato dagli artt. 90-93 del D.P.R. n. 309/1990 (testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti)1.

La sospensione dell'esecuzione di una pena detentiva può essere concessa ai sensi dell'art. 90 D.P.R. n. 309/1990, nei confronti di persona tossicodipendente che si sia sottoposta, con esito positivo, ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica o privata autorizzata ai sensi dell'art. 116 D.P.R. n. 309/1990, se la condanna sia stata inflitta per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza, e se la pena detentiva da espiare (anche se residua e congiunta a pena pecuniaria) non sia superiore a sei anni o a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all'art. 4 bis della legge n. 354/1975 (ordinamento penitenziario). Queste condizioni devono necessariamente coesistere. Il limite di pena è stato innalzato da quattro a sei anni dalla legge n. 49/2006.

Precedentemente all'entrata in vigore della novella legislativa n. 49/2006, l'ambito applicativo dell'istituto di cui all'art. 90 D.P.R. n. 309/1990 era più ampio in quanto il beneficio era concedibile anche al condannato tossicodipendente2 che avesse in corso di svolgimento un programma terapeutico e socio-riabilitativo3.

Tale possibilità è oggi esclusa in virtù della riformulazione del primo comma dell'art. 90 del D.P.R. n. 309/1990, avvenuta in seguito alla legge n. 49/2006. Pertanto, il soggetto condannato tossicodipendente che abbia in corso un programma terapeutico, volto alla risoluzione della sua problematica tossicomanica, in alternativa all'esecuzione penale ordinaria, può fruire, in presenza dei presupposti di legge, unicamente della misura alternativa dell'affidamento in prova in casi particolari o terapeutico di cui all'art. 94 D.P.R. n. 309/1990.

Di contro la novella n. 49/2006 ha ampliato l'ambito applicativo dell'istituto della sospensione dell'esecuzione della pena, in quanto ha previsto la possibilità di sospendere anche l'esecuzione della pena pecuniaria che non sia stata già riscossa, qualora l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche.

Con l'istituto della sospensione dell'esecuzione della pena detentiva lo scopo che la legge si propone è quello di privilegiare l'aspetto preventivo e riabilitativo della pena rispetto a quello repressivo, consentendo al soggetto condannato, tossicodipendente, che ha delinquito a causa di tale sua condizione, di riabilitarsi sul piano sociale. E ciò nella convinzione del legislatore che la detenzione in carcere non possa contribuire al recupero del tossicodipendente e che, quindi, per quanto possibile, convenga evitarla4.

L'istituto in parola è applicabile unicamente al condannato tossicodipendente e non anche a quello alcooldipendente, che può, invece, fruire dell'affidamento terapeutico ex art. 94 T.U.L.S.

L'art. 90, primo comma, D.P.R. n. 309/1990 richiede che la pena, inflitta al condannato, da sospendere sia stata irrogata per reati (c.d. di droga) commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza5. Occorre, quindi, un rapporto di causalità, di causa-effetto, tra la condizione personale di tossicodipendente del condannato e l'illecito penale commesso. La dottrina6 ritiene che il semplice dato cronologico-temporale della commissione del reato durante il periodo nel quale il soggetto condannato era tossicodipendente non è di per sé solo idoneo a dimostrare il detto rapporto di causalità, fungendo da elemento generico, a cui devono essere uniti altri dati, che possono essere l'uso di una violenza particolare dovuta all'alterazione psichica prodotta dall'uso di stupefacenti oppure l'inserimento del reato commesso all'interno di una sequela di fatti criminosi finalizzati all'uso di stupefacenti7.

Del resto, la prova piena e diretta del nesso di causalità in questione non appare facilmente raggiungibile se non in una percentuale assai ristretta di casi.

Pertanto, nell'indagine specifica che deve essere effettuata in tal senso, compiuta anche acquisendo copia degli atti del processo di cognizione e della relativa sentenza, appare giocoforza utilizzare elementi presuntivi e indiziari, quali le modalità della condotta criminosa del tossicodipendente, le circostanze personali ed ambientali nelle quali il soggetto ha agito e via dicendo.

Poiché il presupposto soggettivo della sospensione dell'esecuzione della pena ex art. 90 T.U.L.S. è che il soggetto condannato sia tossicodipendente si è dubitato, in passato, della costituzionalità di tale norma, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto, si denunciava, viene discriminato, in termini negativi, l'autore di fatti meno gravi (droghe leggere oppure consumo occasionale di droga) ri-Page 128spetto all'autore di fatti più gravi (droghe pesanti ovvero consumo abituale).

La Corte costituzionale, con sentenza n. 133 del 19928, ha dichiarato, però, la questione infondata non essendo la scelta legislativa né arbitraria né irragionevole, in quanto ai fini dell'applicazione del beneficio della sospensione l'unico elemento giuridicamente rilevante è lo stato di tossicodipendenza e la norma non contiene nessuna limitazione in ragione del tipo di sostanza stupefacente che lo abbia determinato, non essendo posto nessun discrimine in ordine alla dipendenza da droghe leggere o pesanti, laddove nel caso di consumo occasionale o abituale di droga che non abbia causato stato di tossicodipendenza non è ingiustificatamente discriminante l'inapplicabilità della sospensione, non essendo ipotizzabile alcuna terapia o riabilitazione per un «tossicofilo-non tossicodipendente» e poiché, inoltre, l'eventuale persistenza del soggetto nel consumo di droga rientra pienamente ed integralmente nella sfera del suo libero arbitrio. Pertanto, conclude il giudice delle leggi, la differenziazione normativa trova fondamento nell'eterogeneità delle situazioni a confronto, in quanto si è in presenza di situazioni non comparabili e, quindi, non parificabili sotto il profilo del trattamento giuridico, il che esclude qualsiasi violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

L'art. 90 T.U.L.S. prevede, al secondo comma, una circostanza ostativa alla concessione del beneficio, comportante l'inammissibilità dell'istanza, nel caso in cui nel periodo compreso tra l'inizio del programma terapeutico e la pronuncia della sospensione dell'esecuzione il condannato abbia commesso altro delitto non colposo punibile con la reclusione. Non rileva, quindi, che il nuovo delitto abbia o meno relazione con l'assunzione di sostanze stupefacenti.

Quando si parla di commissione di altro delitto non colposo punibile con la reclusione, per alcuni9 occorre intendere delitto accertato con sentenza irrevocabile e non di mera pendenza giudiziaria, sebbene, si aggiunge, il tribunale di sorveglianza, considerato il carattere discrezionale del provvedimento di concessione del beneficio della sospensione dell'esecuzione, pur in assenza dell'irrevocabilità della condanna, può e deve considerare il fatto storico costituito dal reato ascritto all'interessato, onde decidere se questi possa essere ritenuto o meno meritevole del beneficio richiesto. Secondo altri, invece10, il legislatore con il termine «commesso» ha inteso far riferimento alla consumazione di un delitto doloso, senza esigere una sentenza di condanna, anche non irrevocabile, e neppure l'esercizio dell'azione penale.

Altra circostanza ostativa alla concessione del beneficio è dettata dal quarto comma dell'art. 90, che prevede l'impossibilità di una seconda concessione della sospensione, che può fruirsi, quindi, soltanto una volta, a differenza di quanto si prevede per l'affidamento terapeutico, di cui all'art. 94 D.P.R. n. 309/1990, a cui si può essere ammessi per due volte.

Con la legge n. 251/2005 (c.d. ex Cirielli) è stato introdotto l'art. 94 bis D.P.R. n. 309/1990, rubricato «concessione dei benefici ai recidivi», a norma del quale la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva e l'affidamento in prova in casi particolari nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente, cui sia stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma, del codice penale, possono essere concessi, una sola volta, se la pena detentiva inflitta o ancora da scontare non supera i tre anni. Tale articolo, a distanza di pochi mesi dalla sua entrata in vigore, è stato espressamente abrogato dall'art. 4 della legge n. 42/2006 in seguito, evidentemente, ad una rimeditata scelta governativa.

Prima dell'entrata in vigore della novella legislativa n. 49/2006 era previsto, al terzo comma dell'art. 90, che la sospensione dell'esecuzione della pena non si estendesse alle pene accessorie e agli altri effetti penali della condanna. La dottrina11 aveva evidenziato la discrasia tra tale previsione normativa e la modifica dell'art. 166 c.p., introdotta dall'art. 4 della legge n. 1990 n. 19, che estende gli effetti del beneficio della sospensione condizionale della pena, di cui all'art. 163 c.p., alle pene accessorie. Tale discrepanza è stata eliminata con la modifica del terzo comma dell'art. 90, in virtù della legge n. 49/2006, per cui la sospensione ora si estende anche alle pene accessorie e agli altri effetti penali della condanna.

Sono inapplicabili, altresì, le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca. La ratio di tale esenzione è stata ravvisata nella carenza di pericolosità sociale riscontrata dal tribunale di sorveglianza in sede di concessione del beneficio della sospensione12. In caso di revoca della sospensione dell'esecuzione ex art. 93 T.U.L.S. dovrà, di conseguenza, essere disposta l'esecuzione delle misure di sicurezza personali...

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