Riflessioni Sui Meccanismi Operativi Del Sequestro Preventivo Finalizzato Alla Confisca Per Equivalente

AutoreLuigi Giordano
Pagine332-337
332
dott
4/2016 Arch. nuova proc. pen.
DOTTRINA
RIFLESSIONI SUI MECCANISMI
OPERATIVI DEL SEQUESTRO
PREVENTIVO FINALIZZATO
ALLA CONFISCA
PER EQUIVALENTE (*)
di Luigi Giordano
SOMMARIO
1. Il sequestro per equivalente: alcune regole di derivazione
giurisprudenziale. 2. Il provvedimento del giudice: la deter-
minazione del valore. 3. L’istanza di riduzione del sequestro:
i poteri del tribunale del riesame. 4. Concorso di persone e
sequestro per equivalente. 5. segue: i limiti degli argomenti
a sostegno del sequestro per l’intero ad uno solo dei concor-
renti. 6. In conclusione.
1. Il sequestro per equivalente: alcune regole di deriva-
zione giurisprudenziale
In tema di sequestro che precede la conf‌isca per
equivalente si sono progressivamente consolidati taluni
orientamenti giurisprudenziali che integrano la sintetica
disciplina normativa dell’istituto, avviandosi a divenire
“diritto vivente”. In particolare, è ricorrente l’affermazione
secondo cui «il giudice che emette il provvedimento abla-
tivo è tenuto soltanto ad indicare l’importo complessivo da
sequestrare», mentre la concreta individuazione dei beni
da vincolare e «la verif‌ica della corrispondenza del loro
valore al quantum indicato nel sequestro sono riservate
alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero» (1).
Si sostiene inoltre che, nel caso di concorso di persone
nel reato, il sequestro di valore possa colpire, indifferen-
temente e per l’intero ammontare indicato nel provvedi-
mento, i beni di ciascun concorrente, la cui attività abbia
contribuito alla determinazione del prof‌itto illecito o del
prezzo del reato, con il solo limite del valore di detto prez-
zo o prof‌itto, perché il provvedimento cautelare non può
essere più ampio della futura conf‌isca. L’eventuale riparto
fra i medesimi concorrenti costituisce «un fatto interno ai
concorrenti nel reato, che non ha alcun rilievo penale» (2).
La conf‌isca per equivalente, come è noto, non costitui-
sce una misura a carattere generale, ma è prevista da sin-
gole disposizioni, introdotte per garantire una più eff‌icace
risposta sanzionatoria rispetto a determinate categorie
di reati. La prima norma che ha regolato una tale forma
di conf‌isca è rappresentata dall’art. 735-bis c.p.p., con il
quale è stato adempiuto un impegno internazionale (3).
Ad essa sono seguite una serie di altre disposizioni che
hanno esteso il provvedimento ablatorio al reato di usura
(4), ai delitti contro la pubblica amministrazione (5) ed
alla truffa ai danni di enti pubblici (6), alla materia della
responsabilità da reato delle persone giuridiche (7), ai re-
ati transnazionali ai sensi dell’art. 11 della legge n. 146 del
2006, al riciclaggio e all’impiego di denaro di provenienza
illecita (8), alle diverse fattispecie di pedof‌ilia e pedo -
pornograf‌ia (9) ed ai reati tributari (10).
In mancanza di una disciplina organica, la giurispru-
denza della Suprema Corte ha svolto un ruolo di sup-
plenza, elaborando una serie di regole con cui sono stati
delineati i meccanismi di azione del sequestro e della con-
seguente conf‌isca (11).
Le scelte giurisprudenziali sono ispirate dalla certezza,
ormai raggiunta, sulla natura dell’istituto: la conf‌isca di
valore rappresenta «una forma di prelievo pubblico a com-
pensazione di prelievi illeciti»; essa, pertanto, costituisce
una sanzione e non è riconducibile al genus delle misure
di sicurezza (12).
Da questa premessa sono derivate conseguenze anche
sulla regolamentazione del sequestro preventivo f‌inalizza-
to a detta apprensione, che comprende anche gli indirizzi
dapprima riportati (13).
2. Il provvedimento del giudice: la determinazione del
valore
La regola che non impone al giudice che procede di
individuare f‌isicamente i beni da sottoporre al provvedi-
mento ablatorio, assegnandogli il solo dovere di indicarne
il valore complessivo, assicura la necessaria funzionalità
all’istituto. Il vincolo, infatti, è disposto generalmente
nel corso delle indagini, in una fase in cui non sempre è
possibile attribuire l’esatto valore economico ai beni di
proprietà o nella disponibilità dell’indagato. Il giudice
non fa ricorso a un perito per la loro stima; si avvale de-
gli accertamenti della polizia giudiziaria, contenuti nelle
informative trasmesse dal pubblico ministero che riguar-
dano le consistenze patrimoniali degli indagati, desunte
dai registri pubblici dei beni immobili o di quelli mobili
registrati che potrebbero non essere aggiornati e che, so-
vente, presentano una certa vaghezza; i beni risultanti da
questi registri, per esempio, potrebbero non essere mate-
rialmente rinvenuti nella disponibilità degli indagati; di
certo, non sempre emerge dagli atti la condizione d’uso in
cui versano detti beni, prof‌ilo che, come si comprende fa-
cilmente, incide sul loro valore; le stesse risultanze banca-
rie e, più in generale, quelle delle risorse f‌inanziarie, che
dovrebbero essere più precise, potrebbero essere mutate
dal momento dell’accertamento a quello dell’esecuzione
del provvedimento. Un conto corrente potrebbe essere
stato “svuotato” dal suo titolare. È apparso necessario,
allora, demandare al momento dell’esecuzione del seque-
stro disposto dal giudice, e dunque al pubblico ministero,
il compito di identif‌icare i beni da vincolare e di valutarne
il valore, che deve rispettare l’importo stabilito dal provve-
dimento giurisdizionale (14).
Alle ragioni pratiche appena descritte, però, si aff‌ianca
una pregnante argomentazione giuridica: l’obbligo di indi-
viduare nel decreto di sequestro preventivo i beni su cui
è posto il vincolo sarebbe giustif‌icato solo se fosse neces-

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