Riflessioni sulle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi dopo la legge n. 134 Del 2003

AutoreDomenico Potetti
Pagine603-613

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@1. La sanzione sostitutiva si applica alla pena finale determinata in concreto

Le modifiche introdotte nel sistema delle sanzioni sostitutive dalla L. n. 134 del 2003 non sempre interferiscono con talune essenziali questioni già sorte in precedenza.

Conviene comunque esaminare anche queste questioni, per avere un quadro sufficientemente ampio e attuale della problematica relativa alla sostituzione delle pene detentive brevi (tema di accresciuto interesse, vista l'espansione di cui l'istituto ha goduto proprio per effetto dell'art. 4 della L. n. 134 del 2003).

Per quanto riguarda il rapporto fra sanzioni sostitutive e patteggiamento (rapporto evocato per comunione di sede dalla L. n. 134 del 2003 citata) si è posto il problema (anche a causa della non chiarissima formulazione dell'art. 444 comma 1 c.p.p.) di quando e come, nel conteggio della pena, debba essere inserita la sanzione sostitutiva.

In proposito, ritennero le Sezioni unite 1 che la sanzione sostitutiva è strettamente ed istituzionalmente collegata alla pena originaria altrimenti da infliggere, ed in particolare all'esecuzione della pena originaria medesima.

Quest'ultima (la pena originaria: v. art. 61 L. 689 del 1981) va infatti indicata nel dispositivo della sentenza, e conserva tutta la sua validità ed efficacia, sì da risorgere nel caso di inosservanza delle prescrizioni concernenti la sanzione con cui la si è sostituita (v. art. 66 legge cit.).

La sanzione sostitutiva è quindi priva di qualsiasi autonomia ed è, invece, strettamente e funzionalmente subordinata alla pena originaria da applicare.

Correttamente, e coerentemente, il procedimento speciale previsto dagli artt. 444 e ss. c.p.p. è riferito solo all'applicazione, su richiesta, di una pena, e la riduzione "premiale" fino ad un terzo è prevista per la pena, e non per la sanzione sostitutiva.

Le sanzioni sostitutive, invero, di per se stesse (anche se applicate con il procedimento ordinario, invece che con il procedimento speciale degli artt. 444 e ss. c.p.p.) non sono mai suscettibili di riduzioni di alcun genere (ad esempio per circostante attenuanti del reato o per qualsiasi altro motivo), ma vanno, invece, individuate e, se lo si ritiene, applicate, in relazione alla pena detentiva finale da infliggere in concreto, dopo che questa sia stata determinata all'esito di tutte le valutazioni e di tutti i calcoli necessari, in aumento o in diminuzione.

È l'entità di tale pena finale che condiziona, in primo luogo, l'ammissibilità stessa della sostituzione e, in secondo luogo, la scelta (fra le varie sanzioni sostitutive applicabili) di quella da ritenere opportuna nella specie.

Ritennero quindi le Sezioni unite che, per quel che concerne l'art. 444 c.p.p., solo dopo eseguite tutte le operazioni previste dalla detta disposizione, compresa la riduzione fino a un terzo, può valutarsi l'ammissibilità e l'opportunità di sostituire la pena, così finalmente individuata, con la sanzione sostitutiva.

Al giudice, ritenne la Corte, spetta anche il compito, ove la richiesta comprenda pure la sostituzione della pena detentiva, di controllare l'ammissibilità della sostituzione ai sensi dell'art. 53 della L. n. 689 del 1981, rigettando la richiesta di "patteggiamento" ove ritenga non applicabile detta sostituzione.

Ma questa valutazione di ammissibilità è possibile solo dopo che sia stata determinata in concreto (eseguito il calcolo di tutti gli aumenti e le riduzioni, compresa quella "premiale") la durata della pena che dovrebbe essere espiata, se non venisse sostituita.

Notavano significativamente le Sezioni unite che già con la relazione ministeriale sul progetto del nuovo codice di procedura penale esplicitamente si affermava (sub art. 444) che, nella direttiva (la n. 45 della legge delega n. 81 del 1987) si faceva cenno della riduzione fino a un terzo solo con riferimento alle pene detentive, e non anche alle sanzioni sostitutive, perché «queste si applicano in un secondo tempo, dopo aver determinato la pena detentiva da sostituire».

Proprio perché la sanzione sostitutiva non può essere applicata autonomamente, ma solo riferimento ad una predeterminata pena detentiva, la richiesta ha sempre e comunque per oggetto l'applicazione di una pena determinata, e la sanzione sostitutiva concerne solo la possibilità di evitare che tale pena sia espiata secondo la generale disciplina del codice penale.

Da ciò l'infondatezza, osservano le Sezioni unite, della tesi secondo cui dovrebbe ritenersi che la richiesta delle parti può aver per oggetto, alternativamente, solo l'applicazione o di una sanzione sostitutiva o di una pena; infatti tale tesi comporterebbe l'impossibilità di applicare la sanzione sostitutiva, in mancanza del presupposto necessario consistente proprio nella determinazione della pena detentiva che altrimenti dovrebbe essere espiata (e comporterebbe quindi l'inammissibile disapplicazione dell'art. 444 c.p.p., nella parte in cui prevede la possibilità di applicare le sanzioni sostitutive).

In altre parole, secondo la Corte la richiesta della sanzione sostitutiva è per sua natura necessariamente congiunta, non alternativa, a quella dell'applicazione della pena.

Sul piano letterale, osservava la Corte, l'uso della disgiuntiva «o» nel testo del primo comma dell'art. 444 c.p.p. e l'uso del singolare «diminuita» in riferimento alla pena pecuniaria e poi a quella detentiva, confermano le suddette Page 604 conclusioni; infatti, proprio perché non esiste la possibilità di applicare autonomamente una sanzione sostitutiva, la struttura del periodo doveva necessariamente essere tale da rendere palese che alle pene, e non alle sanzioni sostitutive, va applicata la riduzione "premiale" fino a un terzo.

La stretta dipendenza della sanzione sostitutiva dal regime della pena comporta che, ovviamente, in caso di accordo delle parti sulla pena medesima ai sensi dell'art. 444 c.p.p., il limite di giorni quindici stabilito dalla legge per la reclusione è irriducibile anche ai fini della determinazione della sanzione sostitutiva, posto che (infatti) l'art. 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, stabilisce che il giudice può sostituire la pena detentiva «nei limiti fissati dalla legge» 2.

In altre parole, a prescindere dall'ammontare della sanzione sostitutiva per ultimo applicata all'esito della conversione, la pena detentiva da sostituire dovrà rispettare i limiti naturali di legge (ad esempio quello minimo della reclusione, pari a giorni quindici).

È opportuno osservare, inoltre, che l'aumento (introdotto dalla L. n. 134 del 2003) del tetto di pena convertibile nella corrispondente pena pecuniaria, in una con il principio (sopra esaminato) secondo il quale la sanzione sostitutiva si applica alla pena finale determinata in concreto (anche a seguito delle diminuzioni connesse ai riti speciali) è destinato a produrre, fra l'altro, un notevole potenziamento del procedimento per decreto penale.

Il comma 1 dell'art. 459 c.p.p. consente infatti l'emissione del decreto penale anche quando si ritenga di poter applicare la pena pecuniaria in sostituzione della pena detentiva, e d'altra parte la facoltà del pubblico ministero di chiedere l'applicazione di una pena diminuita sino alla metà del minimo edittale (art. 459 comma 2 c.p.p.) rende agevole, in un gran numero di casi, individuare la pena entro il limite novellato di sei mesi di detenzione convertibili in pena pecuniaria.

@2. Patteggiamento, sanzione sostitutiva e reato continuato

Quanto si è detto nel paragrafo che precede non basta a risolvere una questione ulteriore, e cioè quella dell'applicazione della sanzione sostitutiva al reato continuato, nell'ambito del rito del c.d. "patteggiamento" (ma analoghe considerazioni valgono anche per il giudizio abbreviato).

La complessità del tema deriva in particolare dalla previsione specifica dell'art. 53 ultimo comma, della L. n. 689 del 1981, laddove si dispone che «Nei casi previsti dall'art. 81 del codice penale, quando per ciascun reato è consentita la sostituzione della pena detentiva, si tiene conto dei limiti indicati nel primo comma soltanto per la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave».

Sul tema si è ribadito che, poiché le sanzioni sostitutive sono applicate in sostituzione della pena detentiva finale che dovrebbe in concreto espiarsi, è solo la determinazione finale della pena (dopo la valutazione di tutte le circostanze e dopo la riduzione per il rito) che consente di stabilire se sia possibile sostituire la pena detentiva con una sanzione sostitutiva.

Questa valutazione è possibile solo dopo che sia stata determinata in concreto (eseguito il calcolo di tutti gli aumenti e le riduzioni, compresa quella premiale) la misura della pena che dovrebbe essere scontata, se non fosse sostituita.

Quindi, quando le parti, ricorrendo al patteggiamento, chiedano l'applicazione di una pena detentiva da sostituirsi con una delle sanzioni sostitutive, per verificare la soglia di applicabilità della sanzione sostitutiva bisogna tener conto della pena detentiva finale, determinata dopo gli aumenti o diminuzioni derivanti dalle circostanze del reato, dopo l'aumento per l'eventuale continuazione o concorso formale (art. 81 c.p.), e infine dopo la riduzione premiale per il rito.

In tal modo l'art. 444 del codice di rito penale viene a derogare, come norma speciale, a quella generale di cui all'ultimo comma dell'art. 53 della L. n. 689 del 1981, secondo la quale (invece, come si è visto) nel caso del reato continuato la soglia di applicabilità della sanzione sostitutiva andrebbe verificata sulla pena determinata per il reato più grave, prima dell'aumento della continuazione (e quindi anche prima della riduzione premiale per il rito).

Infatti, da una parte la riduzione ai sensi dell'articolo 444 c.p.p., avendo natura processuale ed essendo pertanto estranea alla valutazione penale della fattispecie, va applicata per ultima, dopo la modificazione della pena conseguente alle circostanze del reato e...

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