Riflessioni sul tema della guida con patente extracomunitaria alla luce dell’evoluzione normativa degli ultimi anni

AutoreGaetano Giamboi
CaricaAvvocato, Camere penali di Monza
Pagine410-419

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La sentenza in esame affronta la tematica della fattispecie di reato punita e prevista dall’art. 116, comma 13, D.L.vo 285/1992, la quale sanziona penalmente chiunque si ponga alla guida di un veicolo senza aver conseguito la patente di guida, nel peculiare caso, frequente nella prassi, dello straniero non comunitario che guidi un veicolo non già senza alcun tagliando abilitante alla guida, bensì con una patente c.d. “straniera”, non convertibile e priva di efficacia poiché scaduta da oltre un anno dalla residenza in Italia.

È noto, infatti, che le patenti rilasciate da Stati diversi da quelli membri dell’Unione Europea e non convertibili in assenza di accordi di riconoscimento reciproco (c.d. condizioni di reciprocità internazionali), come nel caso che ci occupa, cessino d’avere valore trascorso un anno dall’acquisizione della residenza in Italia.

L’imputato S.H. doveva rispondere di questo reato avendo il pubblico ministero esercitato l’azione penale mediante citazione diretta a giudizio per un fatto commesso nel settembre del 2007, data in cui fu sorpreso alla guida di un’automobile con permesso di guida internazionale rilasciato da Autorità estera (egiziana) non più in corso di validità ed inoltre, da controlli effettuati sulla carta d’identità italiana, l’imputato risultava risiedere in Italia da oltre un anno.

L’imputazione, tuttavia, riportava il solo riferimento al reato di cui all’art. 116 C.d.S., ove s’incolpava il sig. S.H. di aver condotto il proprio veicolo senza aver conseguito la prevista patente di guida.

Condotte connesse alla violazione di norme del Codice della Strada sono state, com’è ampiamente noto, oggetto di molteplici modifiche nei vari “pacchetti sicurezza” che si sono succeduti negli ultimi anni, provvedimenti che hanno febbrilmente modificato il panorama normativo con novelle sovente tese all’inasprimento del trattamento sanzionatorio ed in particolare alla previsione di ulteriori e (spesso) rinvigorite fattispecie di reato: a questa spinta innovativa del Legislatore, verosimilmente animata da intenti anche general-preventivi, non si è sottratta neppure la fattispecie sulla quale il Tribunale di Monza è stato chiamato a pronunciarsi.

Non sfuggirà all’interprete come il “tempus commissi delicti” rappresenti, nel nostro caso, un elemento valutativo determinante per comprendere la natura del trattamento sanzionatorio con cui misurarsi ma sia, soprattutto, un criterio di esclusione dell’antigiuridicità e della tipicità del fatto, ciò alla luce della recente modifica normativa in vigore dal 13 agosto 2010.

Nel corso del tempo, infatti, la condotta rappresentata dal condurre un veicolo con una patente di guida scaduta rilasciata da Stato extracomunitario nelle mani di chi sia residente in Italia da oltre un anno, per il Legislatore, è un comportamento che non sempre è stato oggetto del medesimo trattamento sanzionatorio, anzi, nel periodo più risalente (certamente nell’anno 2007) non rappresentava neppure un illecito penale, bensì amministrativo, con evidenti ricadute ed incognite sui procedimenti ad oggi in corso per questa fattispecie.

“Quid iuris” nel caso che ci occupa?

È bene tentare di compiere un’operazione di sintesi e di chiarezza in quest’intricato panorama sanzionatorio con specifico riferimento all’atteggiarsi della medesima norma penale (l’art. 116 C.d.S. con riferimento all’art. 136, comma 6), nelle sue diverse condotte tipiche, alla luce delle “epoche” di volta in volta evidenziate dalla lente della rilevanza penale.

Come detto, la patente rilasciata da Stato estero extra-U.E. perde il proprio rilievo ove sia non convertita entro un anno dalla residenza, con la conseguenza che si applicano i rimedi sanzionatori della guida senza patente (Cfr. Corte Cost., ord. 17 febbraio 2001, n. 260) ed a questa situazione di fatto corrisponde l’obbligo di conseguire patente di guida italiana per circolare regolarmente. La condotta qui descritta è stata, di fatto, assimilata a quella della guida con patente straniera non più in corso di validità.

Esaminiamo le varie ipotesi di contorno, anche non immediatamente riferibili al caso in esame, le quali però aiutano a comprendere il panorama normativo vigente e la sua evoluzione in termini comparatistici.

Oggi, come nell’anno 2007, lo straniero alla guida con una patente straniera in corso di validità entro l’anno dalla residenza non commette alcun illecito, neppure di natura amministrativa.

Nessuna differenza anche per lo straniero residente in Italia da meno di un anno che, tanto nel 2007 quanto nel 2010, abbia condotto un veicolo con patente straniera scaduta di validità: la sanzione avrà natura amministrativa (prevista dall’art. 136, comma 7, C.d.S., rubricato “Conversioni di patenti di guida rilasciate da Stati esteri e da Stati della Comunità Europea”) e le conseguenze saranno

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identiche a quelle previste per il cittadino italiano privo di patente in corso di validità.

Veniamo ora al caso dello straniero che, residente in Italia da oltre un anno, guidi con “patente extracomunitaria” in corso di validità: in quest’ipotesi la sanzione è prevista dall’art. 136, comma 6, C.d.S. (oggi comma 7), e si tratta di un illecito amministrativo punito con le sanzioni previste per chi guida senza patente.

Come anticipato, in relazione al caso sottoposto all’attenzione del Tribunale di Monza, lo schema sanzionatorio cambia per via di modifiche normative riferibili all’ipotesi che ci occupa, ossia quella di chi, trascorso oltre un anno dalla residenza in Italia, guidi un veicolo con patente o permesso di guida stranieri e scaduti di validità.

Nel mese di settembre del 2007, il sig. S.H. non commise alcun reato: come osserva correttamente il Giudice monzese, “la guida senza patente, reintrodotta nel nostro ordinamento con il D.L. n. 117 del 3 agosto 2007, convertito in legge n. 160 del 2 ottobre 2007”(c.d. Decreto Bianchi n.d.r.), attiene alla mera condotta di «chiunque guidi veicoli o motoveicoli senza aver conseguito la patente di guida» ovvero dei «conducenti che guidano senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza di requisiti previsti dal Codice della Strada».

Come si nota la situazione descritta è diversa da ciò che il Legislatore ha successivamente previsto con la L. 120 del 29 luglio 2010, ove invece rappresenta oggi un illecito penale espressamente punito come contravvenzione ciò che l’imputato commise nel processo che ci occupa.

Entriamo ora nel dettaglio cercando di comprendere per quale motivo questa soluzione giuridica sia quella ampiamente preferibile e si presenti, peraltro, supportata anche da un precedente giurisprudenziale conforme (cfr. Tribunale di Bologna, sent. n. 722 del 11 marzo 2010).

L’incriminazione odierna per la condotta in esame è stata operata dal Legislatore con il sopra citato atto normativo (art. 24, comma 1, della L. 120 del 29 luglio 2010), laddove si è modificato l’art. 136, comma 6, del Codice della Strada espressamente operando un rinvio alle “sanzioni previste dai commi 13 e 18 dell’art. 116”: è agevole notare come l’architettura della norma sia cambiata radicalmente, atteso che scompare il riferimento alle sanzioni prima definite come “amministrative” e si opera un preciso rimando alla completa disciplina sanzionatoria, penale ed amministrativa, della guida senza patente (art. 116, commi 13 e 18, C.d.S.).

La lettera della legge chiarisce quindi i contorni della vicenda, visto che nell’anno 2007 l’art. 136, comma 6, C.d.S. richiamava espressamente l’applicabilità delle sole “sanzioni amministrative, comprese quelle accessorie, previste per chi guida senza essere munito della patente di guida o del certificato di abilitazione professionale”.

È chiaro che il riferimento alle sanzioni che il Legislatore aveva contemplato per detta condotta era rappresentato anche dal fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi (effettivamente comminato con riferimento al sig. S.H.) o, in caso di reiterazione delle violazioni, della sanzione accessoria della confisca (amministrativa) del veicolo, ecc. …

Con novella introdotta con L. 120/2010, scomparso il riferimento al termine “amministrative” ed introdotto lo specifico rinvio ai commi 13 e 18 dell’art. 116 C.d.S., si è operato il riferimento unicamente alle “sanzioni” di carattere penale previste dall’esaminata contravvenzione, ed è quindi chiaro che, oggi, è certamente reato circolare alla guida di un mezzo muniti di “patente extracomunitaria” non convertibile e non convertita entro un anno dalla residenza nel nostro Paese.

La tesi che sostiene la punibilità della condotta descritta poggia su considerazioni, da ritenersi non condivisibili, concernenti la tecnica redazionale della norma incriminatrice; il rinvio alle sole “sanzioni amministrative” non costituisce un rinvio formale all’art. 116, comma 13, C.d.S. che, come tale, sarebbe estensibile alle successive modifiche normative della norma richiamata, ma si tratta di un rinvio recettizio limitato alla componente sanzionatoria originariamente prevista dall’art. 116, comma 13, che prevedeva un illecito amministrativo.

Il ragionamento appena effettuato, che avrebbe potuto condurre alla dichiarazione della responsabilità penale dell’imputato, non si fa preferire giuridicamente, in quanto contempla l’applicazione di una sanzione penale (oggi espressamente prevista dall’art. 136, comma 6, con riferimento all’art. 116, comma 13, C.d.S.) ricorrendo ad un’interpretazione analogica della norma in malam partem, con un’indebita estensione della scelta incriminatrice operata dal Legislatore.

Opera certamente nel nostro caso il principio generale che circoscrive il carattere relativo del divieto di analogia, il quale concerne l’interpretazione delle norme penali in senso sfavorevole al reo.

Non appare certamente possibile configurare come attualmente valido un rinvio “quoad poenam” con riferimento all’art. 136, comma 6, C.d.S., in quanto il sistema sanzionatorio ante-riforma...

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