Riflessioni sul nucleo essenziale dei diritti sociali fondamentali
Autore | Amos Andreoni |
Pagine | 27-29 |
Riflessioni sul nucleo essenziale dei diritti sociali
fondamentali
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Le restrizioni sempre più incisive al Welfare State ripropongono il tema del
nucleo essenziale dei diritti sociali fondamentali. La dottrina tedesca e poi quella
italiana hanno da tempo sospinto la giurisprudenza delle Alte Corti a salvaguar-
dare tale nucleo dalle incursioni del legislatore e dalle tentazioni del promotore
referendario o del giudice di turno.
Emblematica in tal senso è la vicenda enucleatasi in Italia nel 2000 attorno ai
devastanti quesiti referendari proposti dal partito radicale. In quella occasione la
Corte Costituzionale si è sforzata di enucleare il nocciolo duro dei diritti di volta
in volta evocati per dichiarare secondo i casi ammissibile o meno il quesito di
turno (v. il resoconto in Rivista Giuridica di Diritto del Lavoro, 2000, I, 1 ss). La
Corte, tuttavia, in quella occasione (e in altre successive) ha mancato di eviden-
ziare la trama concettuale che è alla base di ogni singola enucleazione.
Occorre dunque avviare qualche riessione sistematica.
Il nucleo essenziale raramente è desumibile in rerum natura.
Può esserlo in materia assistenziale attesochè l’art. 38 Cost. pone l’obbligo
del mantenimento, inteso come garanzia di sussistenza.
Si può, dunque, ripetere in Italia l’operazione logica effettuata da Beverid-
ge nel 1915 e nel 1942 e poi ripetuta, con strumenti più sosticati, dalla Corte
Costituzionale tedesca in materia di assegni familiari o di indennità di inoccu-
pazione: si identica una soglia vitale come sommatoria di pacchetti di beni
indispensabili alla vita (alimentari, vestiario, aftto casa ecc.) e di servizi altret-
tanto necessari (energia ecc.) e si àncora a questa soglia la prestazione monetaria
assistenziale (v. Rivista Giuridica di Diritto del Lavoro, 2010, II, 400 ss.).
Più difcile è costruire il nucleo della prestazione previdenziale attesochè
esso è necessariamente superiore al livello assistenziale di sopravvivenza (l’a-
deguatezza ex art. 38, co. 3, è un quid pluris del mantenimento posto dal co. 1).
Di quanto debba essere superiore detta prestazione è materia opinabile: una
percentuale prossima all’ultima retribuzione o soltanto un reddito che garantisca
una vita dignitosa? E come denire la dignità se non con riferimento a indici
di tipicità sociale, calibrati su standard ambientali e familiari? A chi afdare
poi l’individuazione di questi indici? All’ISTAT, alle Camere di Commercio, ai
Sindaci?
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