La corte costituzionale e il rifiuto dell'automatismo detentivo in tema di misure di sicurezza personaLi

AutoreDomenico Potetti
Pagine120-127

Page 120

  1. i punti essenziali della sentenza in commento

    Nell'esaminare la sentenza costituzionale n. 208 del 2009, se ne possono focalizzare due punti essenziali.

    Il primo è consistito nel riaffermare, considerandolo quale principio di diritto già presente nel tessuto normativo delle misure di sicurezza, quello introdotto dalla stessa Corte costituzionale con le sue precedenti sentenze n. 253 del 20031 e n. 367 del 2004.

    Per effetto delle menzionate decisioni, afferma il Giudice delle leggi, risulta ormai presente nella disciplina delle misure di sicurezza il principio generale secondo il quale si deve escludere l'automatismo che impone al giudice di disporre comunque la misura di sicurezza detentiva, anche quando una misura meno drastica, e in particolare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, accompagnata da prescrizioni stabilite dal giudice medesimo, si riveli capace, in concreto, di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela del malato mentale e di controllo della sua pericolosità sociale.

    Infatti, quel principio fu dettato in relazione alla misura del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (o.p.g.), ma vale anche per l'assegnazione ad una casa di cura e di custodia (art. 219 c.p.), dato che anche quest'ultima è misura di sicurezza detentiva e quindi segregante (art. 215, comma 2, n. 2, c.p.), e dato altresì che vi è sostanziale identità concettuale tra vizio totale e vizio parziale dimente2.

    Il secondo punto rilevante della sentenza in commento sta nella presa di distanza dalla giurisprudenza3 che si richiamava all'art. 157 c.p. (disposizione relativa alla prescrizione) per il calcolo della pena ai fini della determinazione della durata minima del ricovero in una casa di cura e di custodia.

    Ne deriva che le modifiche normative intervenute in tema di prescrizione (v. l. n. 251 del 2005) non incidono necessariamente anche sulle regole che governano la disciplina delle misure di sicurezza; disciplina che comunque, osserva la Corte, deve tenere conto della necessità di pervenire ad un risultato ermeneutico conforme a Costituzione, anche determinando la nozione di "pena stabilita dalla legge" con riguardo a tutte le circostanze ricorrenti nella fattispecie concreta.

    Il Giudice delle leggi propone quindi al giudice remittente di vagliare la possibilità di pervenire, nel quadro definito dalle decisioni della Corte sopra citate, ad una soluzione interpretativa costituzionalmente orientata (che evidentemente è quella di ritenere esistente il suddetto principio generale già aliunde affermato dalla Corte stessa) e tale da determinare il superamento dei dubbi di costituzionalità.

  2. il principio della scelta discrezionale della misura di sicurezza; la sentenza costituzionale n. 253 del 2003

    Come risulta dalla stessa sentenza in commento, per comprendere pienamente il suo significato e le sue implicazioni occorre analizzare alcune pronunce della Corte costituzionale che ne rappresentano le premesse.

    Il precedente fondamentale della sentenza C. cost., n. 208 del 2009, consiste nella sentenza n. 253 del 2003, della stessa C. cost.

    In quell'occasione la questione centrale consisteva nella previsione della misura obbligatoria del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, anche tenendo conto che la legislazione, a partire dalla l. 13 maggio 1978, n.180 (sugli accertamenti e trattamenti sanitari volontari ed obbligatori), aveva tentato di fronteggiare il problema dell'assistenza ai malati di mente superando l'antica prassi del ricovero in strutture segreganti, quali erano i manicomi.

    Gli o.p.g. (ospedali psichiatrici giudiziari, nuovo nome dei manicomi giudiziari) sono infatti rimasti come le ultime strutture "chiuse" per la cura di infermi psichiatrici.

    Ciò posto, nella sentenza n. 253 del 2003 il Giudice delle leggi scolpiva alcuni principi fondamentali, che è necessario riprendere.

    Dunque, ricordava la Corte costituzionale che la specificità dell'o.p.g. sta nel fatto che esso è previsto nei confronti di persone che, per essere gravemente inferme di mente, non sono in alcun modo penalmente responsabili, e dunque non possono essere destinatarie di misure aventi un contenuto anche solo parzialmente punitivo.Page 121

    Da un lato, la loro qualità di infermi richiede misure a contenuto terapeutico, non diverse da quelle che in generale si ritengono adeguate alla cura degli infermi psichici.

    Da altro lato, la pericolosità sociale di queste persone, manifestatasi nel compimento di fatti costituenti ogget-tivamente reati, richiede misure atte a contenere tale pericolosità e a tutelare la collettività dalle sue ulteriori possibili manifestazioni pregiudizievoli.

    Questo è il dilemma; e quindi, osservava la Corte, le misure di sicurezza nei riguardi degli infermi di mente incapaci totali si muovono inevitabilmente fra questi due poli, e in tanto si giustificano, in un ordinamento ispirato al principio personalista (art. 2 della Costituzione), in quanto rispondano contemporaneamente ad entrambe queste finalità (collegate e non scindibili) di cura e tutela dell'infermo e di contenimento della sua pericolosità sociale.

    Un sistema che rispondesse ad una sola di queste finalità (ad es. a quella di controllo dell'infermo "pericoloso"), e non all'altra, non potrebbe ritenersi costituzionalmente ammissibile.

    Del resto, già prima del 1982, la dottrina più attenta aveva rimarcato che la difesa della salute non assume il semplice ruolo di limite al contenuto e alle modalità del trattamento, ma quello, ben più pregnante ed incisivo, di scopo del trattamento stesso, nel senso che questo è funzionalmente predisposto per ripristinare la salute mentale dell'internato4.

    Tuttavia, nella motivazione della sentenza costituzionale n. 253 del 2003 le suddette due finalità non sono, a ben vedere, di pari valore.

    La Corte afferma infatti con grande chiarezza che le esigenze di tutela della collettività non potrebbero mai giustificare misure tali da recare danno, anziché vantaggio, alla salute del paziente; e pertanto, ove in concreto la misura coercitiva del ricovero in o.p.g. si rivelasse tale da arrecare presumibilmente un danno alla salute psichica dell'infermo, non la si potrebbe considerare giustificata nemmeno in nome di tali esigenze5.

    Si noti che l'affermazione è di grande rilevanza; rilevanza che si può ben comprendere in quei casi in cui il perito attesti che la segregazione in o.p.g. sarebbe dannosa alla salute psichica del malato, che pure venga dichiarato socialmente pericoloso.

    In questo caso, a seguire l'insegnamento suddetto della Corte costituzionale, il ricovero in o.p.g. non potrebbe essere comunque applicato6.

    L'importanza di questo passaggio della motivazione del Giudice delle leggi si comprende ancor meglio considerando che alla luce delle più recenti acquisizioni della psichiatria, la terapia della malattia mentale dovrebbe avvenire, se non in periodi particolarmente critici, in assenza di segregazione, e rispettando la libertà morale dell'internato, oltre che la dignità della sua persona.

    Si è affermato, infatti, che la segregazione costituisce sempre un fattore di regressione psichica7.

    La terapia della malattia mentale, quindi, non pare compatibile con lo stato di costrizione tipico della misura di sicurezza detentiva, salvo che per periodi ristretti e di particolare criticità.

    È pur vero che la Cassazione8 ha ritenuto manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale dell'art. 219 c.p. nella parte in cui disattende i principi ispiratori della 1. n. 180 del 1978, che ha rifiutato il ricorso al metodo della custodia per il recupero dei malati di mente, e ciò per la diversa esigenza di trattamento che emergerebbe dalla condotta criminosa tenuta dal soggetto; ma questa impostazione appare ormai superata.

    Infatti, la Corte costituzionale, nella sua sentenza n. 253 del 2003, affermava che l'automatismo di una misura segregante e "totale", come il ricovero in o.p.g., imposta anche quando essa appaia in concreto inadatta, infrangeva l'equilibrio costituzionalmente necessario e violava esigenze essenziali di protezione dei diritti della persona, e nella specie del diritto alla salute di cui all'art. 32 della Costituzione.

    Riservando al legislatore il compito di intraprendere la strada di un ripensamento del sistema delle misure di sicurezza (con particolare riguardo a quelle previste per gli infermi di mente autori di fatti costituenti reato), e ancor più di una riorganizzazione delle strutture e di un potenziamento delle risorse, la Corte per parte sua eliminava il suddetto automatismo, consentendo che, pur nell'ambito dell'attuale sistema, il giudice possa adottare, fra le misure che l'ordinamento prevede, quella che in concreto appaia idonea a soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona, da un lato, e di controllo e contenimento della sua pericolosità sociale dall'altro lato.

    Veniva pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 222 c.p. nella parte in cui precludeva al giudice, che in concreto ravvisi l'inidoneità della misura del ricovero in o.p.g. a rispondere alle predette esigenze, di adottare un'altra fra le misure previste dalla legge9.

    La Corte, inoltre, non solo eliminava quel pernicioso automatismo, ma si preoccupava anche di segnalare al giudice la possibile (anche se non obbligatoria) alternativa, ravvisata nella misura della libertà vigilata, accompagnata, ai sensi dell'art. 228, secondo comma, c.p., da prescrizioni idonee, nel caso concreto, ad evitare le occasioni di nuovi reati10.

    Si è osservato in dottrina11 che la scelta sarebbe potuta cadere anche sulla misura dell'assegnazione ad una casa di cura e di custodia, evidentemente però ritenuta dalla Corte inadeguata allo scopo, in quanto ancora eccessivamente restrittiva.

    Il ricorso alla misura di cui all'art. 219 c.p. non avrebbe, cioè, mutato di molto il quadro normativo originario, lasciando sopravvivere problemi analoghi, se non identici, rispetto al...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT