n. 11 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 maggio 2014 -

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO Il giudice del Tribunale dl Monza (gia' tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio), sezione penale, in composizione monocratica, dott. Alessandro Rossato, letti gli atti del procedimento in epigrafe a carico di Iannuzzi Raffaele, nato a Grottolella, il 20 febbraio 1928, imputato del reato p. e p. dall'art. 595, 3° comma e 13, legge n. 48/1947 perche', quale autore dell'articolo dal titolo «Quell'esperto gestito come un pentito - Ma i pubblici ministeri non si scusano», apparso sul quotidiano Il Giornale il 29 luglio 2007, offendeva la reputazione del dott. Luca Tescaroli, all'epoca dei fatti sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta, affermando: «Non si sono pentiti nemmeno i pm che a Caltanissetta hanno inquisito per anni Berlusconi e Dell'Utri per strage, quali presunti mandanti occulti della strage di Capaci e della strage di via D'Amelio,... Non si e' pentito il pm Luca Tescaroli, distaccato anche lui da Firenze a Caltanissetta, e che ha scritto nella sua requisitoria per il processo della strage di Capaci, e ne ha fatto poi un libro, che quella di Cangemi, piu' che una "intuizione" era stata una "deduzione logica": visto che il presunto "pizzo" versato dalla Fininvest alla mafia non era tanto un pizzo per proteggere le antenne della TV, ma era un modo di finanziare Cosa Nostra: visto che Riina diceva, e Cangemi l'aveva sentito con le proprie orecchie, che ormai "aveva 'nte manu" Berlusconi e Dell'Utri e che per aiutarli a prendere il potere bisognava fare le stragi;

visto che prima della strage Riina aveva incontrato "due persone importanti", evidentemente queste persone non potevano che essere Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. E dunque "possiamo affermare con assoluta certezza che il disegno criminale nel suo complesso, e la strage di Capaci del 23 maggio 1992, in particolare, si e' mosso correlativamente al procedere di trattative volte a incidere sui poteri politici e istituzionali, e sull'azione degli stessi, per ottenere vantaggi per gli adepti dell'accolita". Tutto cio' consente di inquadrare "le ipotesi di trattative coltivate e le ipotesi degli attentati programmati ed eseguiti nell'azione volta a creare le condizioni per l'affermazione di una nuova formazione politica". Forza Italia, dunque, si e' affermata e ha vinto perche' Berlusconi e Dell'Utri hanno convinto Riina a fare le stragi e a dare cosi' il colpo di grazia alla prima Repubblica»;

affermando, tra l'altro, falsamente: «Tescaroli e' stato cosi' convinto delle sue tesi che si rifiuto' di firmare l'archiviazione del procedimento per strage contro Berlusconi e Dell'Utri e lascio' Caltanissetta per tornarsene sul continente», e ancora: «Niente paura: nel quindicesimo anniversario della strage di via D'Amelio a Caltanissetta hanno deciso di riaprire le indagine sui "servizi segreti deviati" e sui "mandanti occulti". Chi sa che cio' che non e' riuscito ai pm di Palermo contro Berlusconi e Dell'Utri per il riciclaggio e ai pm "distaccati" a Caltanissetta contro Berlusconi e Dell'Utri la prima volta per le stragi, non riesca questa volta. In fondo, nessuno dei pm che ci avevano provato si e' ancora pentito. Fatto aggravato dall'attribuzione di fatti determinati». In Paderno Dugnano, il 29 luglio 2007 L'ipotesi di reato Il quotidiano Il Giornale, nell'edizione del 29 luglio 2007, ha pubblicato un articolo dal titolo «Quell'esperto gestito come un pentito - Ma i pubblici ministeri non si scusano», con sopratitolo «Le sentenze di Iannuzzi», a firma Lino Iannuzzi. L'articolo e' diviso in tre parti: nella prima si richiama la vicenda di un consulente tecnico incaricato nel 1999 dalla Procura della Repubblica di Palermo di esaminare i bilanci della spa Fininvest che - ad avviso dell'articolista - era stato «arruolato e gestito dagli inquirenti di Palermo come un qualunque pentito, ha fatto e ha detto e ha riferito cio' che loro volevano che facesse e che dicesse e che riferisse». L'articolista ricorda che quel consulente tecnico, il «pentito qualunque (...) ritratta e si giustifica e si scusa. E firma un atto di transazione». Di fronte a cio' i pubblici ministeri di Palermo avevano continuato ad utilizzare il lavoro del consulente tecnico in altri processi contro Marcello Dell'Utri e non si erano pentiti. Nella seconda parte dell'articolo il giornalista scrive che non si erano pentiti neppure i pubblici ministeri che a Caltanissetta e a Palermo avevano inquisito Berlusconi e Dell'Utri, ne' altri pubblici ministeri che distaccati a Caltanissetta avevano sostanzialmente addebitato e Berlusconi e Dell'Utri di essere i mandanti occulti delle stragi in cui erano morti i magistrati Falcone e Borsellino,sulla scorta di un'«intuizione» di un pentito, Cangemi Salvatore. In questo contesto si svolgono le affermazioni del giornalista nella terza parte dell'articolo, che si riproducono. «Non si e' pentito il pm Luca Tescaroli, distaccato anche lui da Firenze a Caltanissetta, e che ha scritto nella sua requisitoria per il processo della strage di Capaci, e ne ha fatto poi un libro, che quella di Cangemi, piu' che una "intuizione," era stata una "deduzione logica": visto che il presunto "pizzo" versato dalla Fininvest alla mafia non era tanto un pizzo per proteggere le antenne della TV, ma era un modo di finanziare Cosa Nostra;

visto che Riina diceva, e Cangemi l'aveva sentito con le proprie orecchie, che ormai "aveva 'nte manu" Berlusconi e Dell'Utri e che per aiutarli a prendere il potere bisognava fare le stragi;

visto che prima della strage Riina aveva incontrato "due persone importanti", evidentemente queste persone non potevano che essere Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. E dunque "possiamo affermare con assoluta certezza che il disegno criminale nel suo complesso, e la strage di Capaci del 23 maggio 1992, in particolare, si e' mosso correlativamente al procedere di trattative volte a incidere sui poteri politici e istituzionali, e sull'azione degli stessi, per ottenere vantaggi per gli adepti dell'accolita". Tutto cio' consente di inquadrare "le ipotesi di trattative coltivate e le ipotesi degli attentati programmati ed eseguiti nell'azione volta a creare le condizioni per l'affermazione di una nuova formazione politica". Forza Italia, dunque, si e' affermata e ha vinto perche' Berlusconi e Dell'Utri hanno convinto Riina a fare le stragi e a dare cosi' il colpo di grazia alla prima Repubblica. Tescaroli e' stato cosi' convinto delle sue tesi che si rifiuto' di firmare l'archiviazione del procedimento per strage contro Berlusconi e Dell'Utri e lascio' Caltanissetta per tornarsene sul continente. Niente paura: nel quindicesimo anniversario della strage di via D'Amelio a Caltanissetta hanno deciso di riaprire le indagine sui "servizi segreti deviati" e sui "mandanti occulti". Chi sa che cio' che non e' riuscito ai pm di Palermo contro Berlusconi e Dell'Utri per il riciclaggio e ai pm "distaccati" a Caltanissetta contro Berlusconi e Dell'Utri la prima volta per le stragi, non riesca questa volta. In fondo, nessuno dei pm che ci avevano provato si e' ancora pentito». Letto l'articolo il dott. Luca Tescaroli si e' ritenuto diffamato dalle affermazioni del giornalista ed ha presentato querela. Il querelante ravvisa il carattere diffamatorio dell'articolo, per la parte che lo riguarda, innanzitutto nel richiamo al suo mancato «pentimento», ed in secondo luogo nell'oggettiva falsita' dell'affermazione secondo cui egli si sarebbe rifiutato di firmare la richiesta di archiviazione nel procedimento per strage contro Berlusconi e Dell'Utri, avendo sostenuto che le stragi degli anni 1992-1993 furono compiute perche' Berlusconi e Dell'Utri avevano convinto Riina a commettere quelle stragi per favorire l'affermazione politica di Forza Italia. Gli sviluppi processuali Alla conclusione delle indagini preliminari, il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio di Raffaele (noto anche come Lino) Iannuzzi e del direttore del quotidiano in carica al momento della pubblicazione dell'articolo, per i reati previsti dagli articoli 595, c.p., 13, legge n. 48/1948, il primo, e dall'art. 57 c.p., il secondo. Instauratosi il procedimento davanti al giudice per le indagini preliminari, con la costituzione di parte civile del dott. Tescaroli, la difesa dell'imputato aveva gia' nel corso dell'udienza preliminare tenutasi il 1° ottobre 2010 depositato documentazione comprovante la funzione parlamentare svolta dallo Iannuzzi all'epoca dei fatti e posto la questione dell'insindacabilita' delle opinioni espresse e della conseguente necessita' di dichiarare l'improcedibilita' nei confronti dell'imputato. Il giudice dell'udienza preliminare, rigettata l'eccezione di incompetenza territoriale contestualmente sollevata, aveva disposto il rinvio a giudizio dello Iannuzzi e del coimputato. Nel corso dell'udienza dibattimentale del 10 maggio 2012 (all'epoca presso la sezione distaccata di Desio del tribunale di Monza, soppressa a decorrere dal 13 settembre 2013) davanti all'odierno ricorrente, la difesa dell'imputato ha nuovamente richiesto il proscioglimento ed in subordine la trasmissione degli atti al Senato della Repubblica, secondo i dettami dell'art. 68 della Costituzione, chiedendo che le posizioni dei due imputati rimanessero unite. Risultava documentalmente provato, ed era incontestato, che Raffaele Iannuzzi nel corso della XV legislatura, era stato membro del Senato della Repubblica, dal 28 aprile 2006 al 28 aprile 2008, e quindi nel periodo in cui e' stato pubblicato l'articolo di cui si discute (29 luglio 2007). Per questa ragione, nel corso della successiva udienza del 29 giugno 2012, e' stata accolta la richiesta della difesa;

e' stata disposta la sospensione del processo nei confronti del solo imputato Iannuzzi secondo la previsione dell'art. 3 della legge n. 140/2003, con immediata trasmissione degli atti al Senato della Repubblica per le determinazioni di...

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