n. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2014 -

Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della giunta regionale dott. Nicola Vendola, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 188 del 21 febbraio 2014, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Marcello Cecchetti (pec: marcellocecchetti@pec.ordineavvocatifirenze.it) ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Antonio Mordini n. 14, come da mandato a margine del presente atto;

Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale - legge di stabilita' 2014), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, supplemento ordinario, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, per violazione degli articoli 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione, nonche' dei principi costituzionali di razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione e di certezza del diritto e chiarezza normativa. 1. - La disposizione impugnata e l'evoluzione del quadro normativo. 1.1. - L'art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale - Legge di stabilita' 2014), in vigore dal 1° gennaio 2014, cosi' dispone: «Al comma 7 dell'art. 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, e successive modificazioni, le parole: "a decorrere dal 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 2015"». Il citato art. 6 del decreto legislativo 6 maggio del 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei l'abbisogni standard nel settore sanitario), a sua volta, contiene disposizioni sull'addizionale regionale all'IRPEF. In particolare esso prevede, al comma 1, che «a decorrere dall'anno 2013 ciascuna regione a Statuto ordinario» possa, «con propria legge, aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale regionale di base», fissando inoltre tale aliquota di base allo 0,9 per cento sino alla rideterminazione effettuata ai sensi dell'art. 2, comma 1, del medesimo atto normativo. Il comma 1 dell'art. 6 fissa poi il limite massimo della maggiorazione in 0,5 punti percentuali per l'anno 2013, in 1,1 punti percentuali per l'anno 2014 e in 2,1 punti percentuali a decorrere dall'anno 2015. Il comma 2, a sua volta, prevede che fino al 31 dicembre 2012, restino ferme «le aliquote della addizionale regionale all'IRPEF delle regioni che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono superiori alla aliquota di base», salva comunque «la facolta' delle medesime regioni di deliberare la loro riduzione fino alla medesima aliquota di base». 1.2. - In tale contesto si inseriscono i successivi commi 3, 4, 5 e 6, sui quali interviene la disposizione della quale in questa sede si denunciano i profili di illegittimita' costituzionale. In particolare, il comma 3 contiene disposizioni concernenti il coordinamento tra la maggiorazione IRPEF e la riduzione IRAP eventualmente prevista dalle Regioni, nonche' altre previsioni di specificazione ed attuazione della normativa sopra richiamata. Il comma 4 contiene disposizioni volte ad assicurare la razionalita' del sistema tributario. Il comma 5, invece, prevede quanto segue: «Le regioni, nell'ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono disporre, con propria legge, detrazioni in favore della famiglia, maggiorando le detrazioni previste dall'art. 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. Le regioni adottano altresi' con propria legge misure di erogazione di misure di sostegno economico diretto, a favore dei soggetti IRPEF, il cui livello di reddito e la relativa imposta netta, calcolata anche su base familiare, non consente la fruizione delle detrazioni di cui al presente comma». Sempre sul medesimo tema, il comma 6 stabilisce che «le regioni, nell'ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono inoltre disporre, con propria legge, detrazioni dall'addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale». Il successivo comma 7 (oggetto dell'intervento di novellazione che si censura in questa sede), nella sua versione originaria, prevedeva che le disposizioni di cui ai precedenti commi 3, 4, 5 e 6 si applicassero «a decorrere dal 2013». Solo a partire da quell'anno, dunque, le Regioni dovevano ritenersi abilitate a disporre detrazioni in favore delle famiglie, a prevedere misure di sostegno economico diretto in favore di soggetti svantaggiati ulteriori rispetto a quelli presi in considerazione dalla sopra citata normativa statale, nonche' a far uso dello strumento delle detrazioni dall'addizionale IRPEF per perseguire varie finalita' di sostegno sociale. Tale comma 7, tuttavia, e' stato modificato una prima volta dall'art. 1, comma 555, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2013), che ha posticipato l'applicazione delle norme in questione a partire dal 2014. Infine, e' intervenuta la disposizione in questa sede contestata, che ha ulteriormente prorogato il dies a quo della operativita' dei sopra citati commi 3, 4, 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 all'anno 2015. Ad oggi, e fino a tutto il 2014, dunque, le Regioni non potrebbero, in base alla legislazione statale vigente, prevedere quelle detrazioni e predisporre quelle misure di sostegno sociale che risultano contemplate dai commi 5 e 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011. 1.3 - Considerati i contenuti e gli effetti normativi appena illustrati, la Regione Puglia, con la deliberazione della Giunta indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti a questa Ecc.ma Corte l'art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l'effetto che le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 si applichino con decorrenza a partire dal 2015, perche' costituzionalmente illegittimo e lesivo dell'autonomia che la Costituzione riconosce e garantisce alle Regioni, in riferimento agli articoli 3, 97, 117, commi terzo e quarto, e 119, commi primo e secondo, della Costituzione, nonche' ai principi costituzionali di razionalita-ragionevolezza, di buon andamento dell'amministrazione e di chiarezza normativa. L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con il presente ricorso si fonda sulle seguenti ragioni di Diritto 2. - La qualificazione dell'addizionale IRPEF, in base all'art. 119 Cost., come «compartecipazione al gettito di un tributo erariale». 2.1 - Per illustrare i diversi profili di illegittimita' costituzionale della disciplina in esame, e' preliminarmente opportuno soffermarsi sulla qualificazione giuridica dell'addizionale IRPEF, tanto alla luce delle previsioni della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuatone dell'art. 119 della Costituzione), che costituisce il fondamento sulla base del quale e' stato adottato il citato decreto legislativo n. 68 del 2011, quanto alla luce dell'art. 119 Cost. In base all'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009, le entrate tributarie delle Regioni si dividono in due categorie. La prima e' quella delle «compartecipazioni al gettito dei tributi erariali» (lett. a), mentre la seconda e' la «macrocategoria» dei «tributi delle regioni» (lett. b), all'interno della quale vengono distintamente individuati: 1) i «tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni»;

2) le «addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali»;

3) i «tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non gia' assoggettati ad imposizione erariale». L'addizionale IRPEF rientra evidentemente nella seconda categoria, e deve dunque essere qualificata, ai sensi dell'art. 7, comma 1, della legge n. 42 del 2009, come un «tributo delle Regioni», in relazione al quale la successiva lett. c) del medesimo comma 1 dell'art. 7 stabilisce espressamente che queste ultime possano, con proprie leggi, «introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali», nonche' «disporre detrazioni entro limiti fissati dalla legislazione nazionale». 2.2. - L'art. 119 Cost. propone, tuttavia, definizioni non coincidenti con quelle appena illustrate. Ai sensi di tale disposizione costituzionale, infatti, le entrate tributarie delle Regioni si distinguono soltanto nelle seguenti due tipologie: i «tributi propri»;

le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali». In relazione a tale dicotomia, si puo' affermare che tertium non datur. secondo l'art. 119 Cost., una entrata tributaria regionale puo' essere qualificabile soltanto come «tributo proprio», ovvero come «compartecipazione al gettito di un tributo erariale». La qualificazione dell'entrata regionale in un senso o nell'altro e' determinante, poiche' dalla medesima dipende l'individuazione del relativo parametro costituzionale. I «tributi propri delle Regioni» sono infatti disciplinati dalla seconda proposizione del secondo comma dell'art. 119 Cost., mentre le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali» sono regolate dalla terza proposizione del medesimo comma. In base alla ormai costante giurisprudenza costituzionale, il criterio per distinguere le due categorie di entrate tributarie delle Regioni contemplate dall'art. 119 Cost. e' quello della legge istitutiva: i tributi regionali sono solo quelli «istituiti dalle Regioni con propria legge»...

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