n. 196 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 31 dicembre 2012 -

Ricorso della Regione autonoma della Sardegna (cod. fisc. 80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), viale Trento, n. 69, in persona del Presidente pro tempore dott. Ugo Cappellacci, rappresentata e difesa. giusta procura a margine del presente atto, dagli avv.ti Tiziana Ledda (cod. fisc. LDDTZN52T59B354Q, fax 0706062418, posta elettronica certificata tledda@pec.regione.sardegna.it) e prof. Massimo Luciani (cod. fisc. LCNMSM52L23H501G;

fax 0690236029;

posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo Studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale della l. 16 ottobre 2012, n. 182, recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012», pubblicata in G.U. n. 251 del 26 ottobre 2012 - Suppl. Ord. n. 198, nella parte in cui, pur variando il bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012, approvato con l. 12 novembre 2011, n. 184, disponendo stanziamenti in favore della Regione Autonoma Sardegna per ulteriori €

1.383.000.000,00, non provvede all'adeguamento della capacita' di spesa della stessa Regione Autonoma della Sardegna, in corrispondenza dell'aumentato livello delle entrate. Fatto 1. La presente controversia si inserisce in un filone ben noto a codesta Ecc.ma Corte costituzionale e insorge a valle della revisione dell'art. 8 della l. cost. n. 3 del 1948, recante «Statuto speciale per la Sardegna». In quell'articolo e' definito il regime di compartecipazione alle entrate erariali che assicura alla Regione le risorse che ne garantiscono la speciale autonomia finanziaria attribuita dal precedente art. 7 dello Statuto. L'art. 8 dello Statuto, nella sua formulazione originaria, disponeva che le entrate della Regione fossero costituite: «dai nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni e sui fabbricati situati nel territorio della Regione e dell'imposta sui redditi agrari dei terreni situati nello stesso territorio;

dai nove decimi dell'imposta di ricchezza mobile riscossa nel territorio della Regione;

dai nove decimi del gettito delle tasse di bollo, sulla manomorta, in surrogazione del registro e del bollo, sulle concessioni governative, dell'imposta ipotecaria, dell'imposta di fabbricazione del gas e dell'energia elettrica, percette nel territorio della Regione;

dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli del tabacchi consumati nella Regione;

da una quota dell'imposta generale sull'entrata di competenza dello Stato, riscossa nella Regione, da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d'accordo fra lo Stato e la Regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della Regione;

dai canoni per le concessioni idroelettriche;

dai contributi di miglioria ed a spese per opere determinate, da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri, che la Regione ha facolta' di istituire con legge, in armonia coi principi del sistema tributario dello Stato;

da redditi patrimoniali;

da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazioni fondiarie». Il sistema di compartecipazione alle entrate erariali e' stato modificato una prima volta dall'art. 1 della l. n. 122 del 1983. In virtu' della citata novella, le risorse della Sardegna risultarono costituite «a) dai sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse nel territorio della regione;

  1. dai nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo dell'energia elettrica e delle tasse sulle concessioni governative percette nel territorio della regione;

  2. dai cinque decimi delle imposte sulle successioni e donazioni riscosse nel territorio della regione;

  3. dai sette decimi del gettito delle ritenute alla fonte di cui all'art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, operate da imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale nella regione [...];

  4. dai nove decimi dell'imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione;

  5. dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione;

  6. da una quota dell'imposta sul valore aggiunto riscossa nel territorio della regione [...] da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d'intesa fra lo Stato e la regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della regione;

  7. dai canoni per le concessioni idroelettriche;

  8. da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha facolta' di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato;

  9. dai redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio demanio;

  10. da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria». Tale riforma ben presto si rivelava non risolutiva e insufficiente a finanziare le funzioni pubbliche assegnate alla Regione in rapporto all'evoluzione complessiva della realta' economico-finanziaria del Paese. Di questo e' testimonianza il carteggio intervenuto proprio tra il Ragioniere Generale dello Stato e la medesima Regione tra l'agosto e il settembre del 2005, relativamente alla misura delle entrate di maggiore rilevanza per le finanze regionali: la compartecipazione all'imposta sul reddito e la compartecipazione all'I.V.A. Con nota del 3 agosto 2005, prot. n. 0102482, il Ragioniere Generale rappresentava di aver presentato una proposta di quantificazione delle quote di compartecipazione I.V.A. «nell'attesa che si proceda alla revisione dell'ordinamento finanziario che consenta di trasformare la compartecipazione I.V.A. da quota variabile a quota fissa», e che tale proposta era stata predisposta «abbandonando [...] il criterio incrementale del tasso di inflazione che, comportando nel tempo la progressiva svalutazione in termini reali del cespite regionale, ha di fatto svilito lo strumento di garanzia previsto dallo Statuto, che mirava a consentire il tempestivo adeguamento delle entrate regionali alle mutevoli necessita' di spesa derivanti dall'espletamento delle funzioni normali della Regione». Con nota del 2 settembre 2005, prot. n. 0112371, ancora il Ragioniere Generale rappresentava che «il gettito IRPEF regionale [...] registra una crescita, nell'arco temporale considerato [1991-20031, pari all'1,9%, avallando, pertanto, la tesi della Regione circa l'anomalo trend dell'IRPEF regionale rispetto a quello nazionale». Proprio in considerazione della palese insufficienza del quadro finanziario delle entrate regionali, riconosciuta espressamente dalla Ragioneria Generale dello Stato, si e' addivenuti alla seconda modifica dell'art. 8 dello Statuto, intervenuta, come si e' gia' accennato, con l'art. 1, comma 834, della 1. n. 296 del 2006, con cui - fra l'altro - si e' aggiunto il canale di finanziamento relativo ai «sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici» e - per l'appunto in coerenza con i rilievi sopra riportati - si e' introdotta la quota fissa di compartecipazione all'I.V.A. maturata nella Regione Sardegna (v., rispettivamente, lett. m) e f) dell'art. 8, comma 1, nella formulazione vigente). Nella sua attuale formulazione, dunque, l'art. 8 dello Statuto dispone che "le entrate della regione sono costituite: a) dai sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse nel territorio della regione;

  11. dai nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo dell'energia elettrica e delle tasse nelle concessioni governative percette nel territorio della regione;

  12. dai cinque decimi delle imposte sulle successioni e donazioni riscosse nel territorio della regione;

  13. dai nove decimi dell'imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione;

  14. dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione;

  15. dai nove decimi del gettito dell'imposta sul valore aggiunto generata sul territorio regionale da determinare sulla base dei consumi regionali delle famiglie rilevati annualmente dall'ISTAT;

  16. dai canoni per le concessioni idroelettriche;

  17. da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha facolta' di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato;

  18. dai redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio demanio;

  19. da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria;

  20. dai sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici». 2. Nel quadro dell'autonomia finanziaria garantita dallo Statuto che e' disegnato dal regime delle compartecipazioni erariali si inserisce il c.d. patto di stabilita'. Come e' noto, il patto di stabilita' e' il meccanismo di governo della finanza regionale e degli enti territoriali disegnato dal legislatore statale al fine di coniugare la tutela dell'autonomia finanziaria della Regione e (in diverso grado) degli enti locali, con il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica della Repubblica in tutte le sue articolazioni istituzionali. 2.1) Il procedimento per il raggiungimento dell'intesa per il patto di stabilita' interno tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale e' previsto dall'art. 32, commi...

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