N. 159 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 19 ottobre 2012
Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia (cod. fiscale 80014930327; p. IVA 00526040324) in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore dott. Renzo Tondo, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1690 del 27 settembre 2012 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione, in Piazza Colonna, 355,
Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2, 3, 7 e 8; dell'art. 9; dell'art. 14, comma 16; dell'art. 15, commi 13 e 22; dell'art. 16, commi 3 e 9; dell'art. 17 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, pubblicata nella G.U. n. 189 del 14 agosto 2012,
Per violazione:
- degli artt. 3, 4, n. 1 e n. 1-bis, 8, 49 e 54 dello Statuto speciale;
- degli articoli 2, 3, 6, 77, 117, 119 e 133 della Costituzione;
- della legge n. 220/2010 e della legge n. 482/1999; del d.lgs. 9/1997;
- del principio di leale collaborazione, per le parti, i profili e nei modi di seguito illustrati.
F a t t o Il d.l. 95/2012, intitolato Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario (c.d. spending review 2) e convertito nella legge n.
135/2012, contiene norme volte a ridurre la spesa pubblica.
Alcune di esse sono, ad avviso della ricorrente Regione, lesive delle proprie competenze costituzionali, e percio' costituzionalmente illegittime.
Data la diversita' degli oggetti sui quali tali norme intervengono, il loro oggetto e contenuto sara' illustrato direttamente in diritto, unitamente allo svolgimento delle censure.
Alcune di esse, tuttavia, sono impugnate in via meramente cautelativa, per l'ipotesi che la clausola di salvaguardia di cui all'art. 24-bis non sia ritenuta sufficiente ad assicurarne - nel momento della presente impugnazione - la non rilevanza per la Regione Friuli-Venezia Giulia, come meglio illustrato nella seguente Premessa generale sull'impugnazione degli articoli 4, 9 e 14.
La presente impugnazione comprende alcune disposizioni degli articoli 4, 9 e 14. In relazione ad esse, tuttavia, la ricorrente Regione desidera sin dall'inizio precisare che l'impugnazione ha carattere subordinato, per l'ipotesi in cui si dovesse intendere che esse sono destinate ad applicarsi anche nel territorio regionale, o che comunque pongano attualmente limiti o vincoli alla Regione Friuli-Venezia Giulia.
Essa infatti ritiene che le disposizioni indicate non siano destinate a vincolarla, per il disposto della clausola di salvaguardia di cui all'art. 24-bis, secondo la quale 'fermo restando il contributo delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano all'azione di risanamento cosi' come determinata dagli articoli 15 e 16, comma 3, le disposizioni del presente decreto si applicano alle predette regioni e province autonome secondo le procedure previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, anche con riferimento agli enti locali delle autonomie speciali che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, agli enti ed organismi strumentali dei predetti enti territoriali e agli altri enti o organismi ad ordinamento regionale o provinciale'.
Sembra alla Regione che tale clausola renda del tutto inapplicabili ad essa ed alle proprie autonomie speciali tutte le rimanenti disposizioni, tranne quelle che a loro volta (come e' il caso dell'art. 17) contengano specifiche disposizioni sulla loro applicabilita' alle autonomie speciali.
Poiche' gli articoli 4, 9 e 14 non contengono alcuna specifica menzione, si ritiene qui che esse non siano applicabili alle autonomie speciali, e si ritiene inoltre che tali disposizioni non pongano giuridicamente alcun vincolo ai modi con i quali in futuro le 'procedure previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione' ne disciplineranno eventualmente l'applicazione:
come del resto codesta stessa ecc.ma Corte costituzionale ha piu' volte sentenziato (da ultimo v., in relazione a clausole di salvaguardia assai simili a quella posta dall'art. 24-bis qui in questione, le sentenze n. 198, n. 193 e n. 178/2012, con richiamo ai precedenti).
La Regione ritiene che la non applicabilita' delle cennate disposizioni alle autonomie speciali, in forza della clausola di salvaguardia, non possa essere contraddetta da quanto statuito da codesta ecc.ma Corte con la sentenza n. 289 del 2008. Allora la clausola di salvaguardia (comma 1-bis del decreto-legge n. 223 del 2006) era formulata come segue: 'Le disposizioni del presente decreto si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano in conformita' agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione', e la decisione ha ritenuto che la clausola di salvaguardia cosi' espressa fosse 'troppo generica' per giustificare una conclusione di non applicazione delle norme del decreto, tanto che essa non risultava neppure precisato 'quali norme dovrebbero considerarsi non applicabili alla ricorrente per incompatibilita' con lo statuto speciale e con le relative norme di attuazione e quali, invece, dovrebbero ritenersi applicabili'.
E' palese che tale non e' affatto la situazione della clausola di salvaguardia di cui all'art. 24-bis. Questa infatti individua con precisione le disposizioni che, nonostante la clausola di salvaguardia, rimangono applicabili, con cio' individuando precisamente anche quelle non applicabili, costituite dall'insieme delle altre (in quanto non diversamente da esse disposto).
Inoltre, l'art. 24-bis non condiziona l'applicabilita' delle disposizioni in questione ad un indeterminato giudizio di compatibilita', ma la esclude direttamente, rinviandola per il futuro alle 'procedure previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione', cioe' ad ulteriori e futuri atti normativi, il cui contenuto e' vincolato solo dallo Statuto e dalla stessa Costituzione.
Ove invece - e contrariamente a quanto ora argomentato - si dovesse ritenere che le disposizioni impugnate degli articoli 4, 9 e 14 sono destinate ad applicarsi alla ricorrente Regione, allora esse risulterebbero costituzionalmente illegittime, unitamente alle altre impugnate con il presente ricorso, per le seguenti ragioni di Diritto
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2, 3, 7 e 8.
L'art. 4 e' intitolato Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di societa' pubbliche. Il comma 1 riguarda le societa' controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato. La norma dispone che nei loro confronti si proceda (a) 'allo scioglimento della societa' entro il 31 dicembre 2013', o alternativamente (b) 'all'alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabili, a decorrere dal 1° gennaio 2014'.
Il secondo comma dispone che 'ove l'amministrazione non proceda secondo quanto stabilito ai sensi del comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le predette societa' non possono comunque ricevere affidamenti diretti di servizi, ne' possono fruire del rinnovo di affidamenti di cui sono titolari', e che 'i servizi gia' prestati dalle societa', ove non vengano prodotti nell'ambito dell'amministrazione, devono essere acquisiti nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale'.
Il comma 3, primo periodo, che non forma oggetto della presente impugnazione, esonera dalle predette disposizioni alcuni tipi di societa' (tra queste le 'societa' che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica', le 'societa' che svolgono prevalentemente compiti di centrali di committenza' e le 'societa' finanziarie partecipate dalle regioni').
Il comma 3, secondo periodo, individua una procedura volta ad accertare i casi in cui 'per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento non sia possibile per l'amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato' con la conseguenza della non applicazione delle predette disposizioni.
Secondo il comma 3, terzo periodo, tale procedura comprende un parere vincolante dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, che viene comunicato 'alla Presidenza del Consiglio dei Ministri'. Il comma 7, primo periodo, dispone che 'al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parita' degli operatori nel territorio nazionale', a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, 'nel rispetto dell'art.
2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attivita' mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo'.
Il comma 8 dispone che 'a decorrere dal 1° gennaio 2014 l'affidamento diretto puo' avvenire solo a favore di societa' a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house e a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell'affidamento...
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