N. 153 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 ottobre 2012

La Regione Campania (codice fiscale 80011990636), in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, on. dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, ai sensi della delibera della giunta regionale n. 529 del 4 ottobre 2012, giusta procura a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dall'avv. Maria D'Elia (codice fiscale DLEMRA53H42F839H), dell'avvocatura regionale, e dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto (codice fiscale CRVBMN54D19H501A), del libero foro, ed elettivamente domiciliata presso l'ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla via Poli n. 29 (fax 06/42001646; pec abilitata:

cdta@legalmail.it);

Contro Il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 3 e 8, dell'art. 17, commi 1, 2, 3, 4, 4-bis, 11, nonche' commi 6 e 12, dell'art. 18, commi 1, 2, 2-bis, 7-bis, 9, lettere c) e d), nonche' dell'art. 19, commi 1, lettere a), b), e) e d), 2, 3, 4, 5 e 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 189 del 14 agosto 2012, supplemento ordinario n. 173, recante 'Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario', per violazione degli artt. 1, 2, 3, 5, 41, 71, comma 1, 75, 77, comma 2, 97, 114, 117, 118, 119, 120, comma 2, 123, 133, 136 e 138 della Costituzione.

Fatto Il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, reca 'Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario'.

Scopo primario del provvedimento e' la razionalizzazione della spesa pubblica attraverso la riduzione delle spese per acquisti di beni e servizi, nonche' il contenimento e la stabilizzazione della finanza pubblica anche attraverso misure volte a garantire l'efficienza e l'economicita' dell'organizzazione degli enti pubblici. Tuttavia, alcune delle disposizioni recate dall'intervento legislativo in parola appaiono di incerta idoneita' rispetto al fine programmatico dell'intervento normativo e, altresi', gravemente lesive dell'autonomia regionale.

  1. In quest'ottica, l'art. 4, comma 1, di tale provvedimento prevede che nei confronti delle societa' controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001 - tra cui figurano anche regioni ed enti locali -, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90%, si proceda a dismissione mediante scioglimento o alienazione.

    Ai sensi del successivo comma 3 del medesimo articolo, l'obbligo di dismissione di cui al comma 1 non si applica, tra l'altro, alle societa' che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica. Peraltro, la norma menzionata subordina espressamente la non applicazione a tali societa' delle disposizioni di cui al comma 1 al ricorrere della condizione che 'per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento, non sia possibile per l'amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato'. Al ricorrere di tale ipotesi, l'amministrazione e' tenuta a predisporre un'analisi del mercato, che viene assoggettata al parere vincolante dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato.

    Sia consentito fin da subito evidenziare come le richiamate previsioni si pongano in linea di continuita' ed analogia con l'art.

    23-bis del decreto-legge n. 112/2008, abrogato a seguito del referendum del 12 giugno 2011, nonche' con il successivo art. 4 del decreto-legge n. 138/2011 - dichiarato incostituzionale dalla sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012 - disposizioni delle quali viene per di piu' riprodotta ampiamente la formulazione.

    Altra evidente lesione della sfera di competenza regionale e' perpetrata dal comma 8 dell'art. 4, a norma del quale, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'affidamento diretto a favore di societa' a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dal diritto comunitario per la gestione in house, viene limitato entro un valore economico del servizio o dei beni oggetto dell'affidamento non superiore a 200.000 euro annui.

  2. Altra disciplina manifestamente lesiva delle prerogative regionali si rinviene nell'art. 17, rubricato 'Riordino delle province e loro funzioni'. A norma di tale articolo, allo scopo di conseguire obiettivi di finanza pubblica necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio, viene disposto il riordino di tutte le province delle regioni a statuto ordinario, sulla base dei criteri delineati dai successivi commi. Il comma 2 dispone che entro dieci giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 95/2012, il Consiglio dei Ministri determini, con apposita deliberazione - su proposta dei Ministri dell'interno e della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - il riordino delle province sulla base di requisiti minimi, individuati nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia (tale deliberazione e' stata approvata il 20 luglio 2012, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 2012).

    Entro settanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della suddetta deliberazione governativa, e dunque entro il 2 ottobre 2012, il Consiglio delle autonomie locali (o, in mancanza, analogo organo di raccordo tra regione ed enti locali), nel rispetto del principio di continuita' territoriale, deve approvare e poi trasmettere alla regione un'ipotesi di riordino relativa alle province presenti nel territorio regionale. Entro venti giorni dalla trasmissione o, in mancanza, entro novantadue giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della deliberazione governativa (e quindi al piu' tardi entro il 24 ottobre), le regioni trasmettono al Governo una proposta di riordino delle province formulata sulla base delle ipotesi avanzate dal C.A.L. o dall'analogo organo di raccordo (comma 3).

    Da ultimo, il comma 4, nel delineare la fase conclusiva dell'iter descritto, prevede che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 95/2012 (vale a dire entro il 14 ottobre), un 'atto legislativo di iniziativa governativa' perfezioni il riordino delle province, sulla base delle proposte regionali pervenute. In caso di mancata trasmissione di tali proposte entro tale ultima data, il provvedimento legislativo di riordino delle province sara' assunto previo parere della Conferenza unificata. Peraltro, appare da subito evidente come il termine a quo per l'esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato ex comma 4 (14 ottobre) inizia a decorrere prima ancora che sia scaduto il termine ad quem (24 ottobre 2012) per l'adozione delle proposte regionali ai sensi del comma 3.

    Il descritto riordino prevede inoltre (comma 4-bis) che il ruolo di comune capoluogo delle singole province venga assunto dal comune gia' capoluogo di provincia con maggior popolazione residente, salvo il caso di diverso accordo tra i comuni gia' capoluogo di ciascuna provincia oggetto di riordino.

    All'art. 17 del decreto-legge n. 95/2012, comma 6, vi e' la previsione del trasferimento ai comuni delle funzioni amministrative in precedenza conferite alle province e rientranti nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma secondo, della Costituzione, in attuazione dell'art. 23, comma 18, decreto-legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011. La norma dispone il suddetto trasferimento 'fatte salve le funzioni di indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 23, comma 14' del medesimo decreto. Il comma 12, nell'individuare gli organi di governo della provincia nel consiglio provinciale e nel presidente della provincia, fa salve, analogamente al comma 6, le previsioni di cui all'art. 23, comma 15, del citato decreto-legge n. 201/2011.

    Sia consentito rammentare come le suddette disposizioni dell'art.

    23 sono gia' state oggetto di impugnativa da parte della regione ricorrente dinanzi a Codesta Ecc.ma Corte con ricorso n. 46 del 2012, attualmente pendete.

    Il comma 11 del menzionato art. 17, infine, individua le funzioni spettanti alla regione a seguito della conclusione del processo riordino provinciale, limitandole alle sole funzioni di programmazione e di coordinamento, loro spettanti nelle materie di cui all'art. 117 Cost. e a quelle esercitate ex art. 118 Cost.

  3. Un altro gruppo di disposizioni violative dell'autonomia regionale si rinviene nell'art. 18, il quale, al dichiarato scopo di garantire l'efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, nella pretesa attuazione degli artt. 114 e 117, comma 2, lettera p), Cost., dispone alla data del 1° gennaio 2014 [Ovvero ad altra precedente coincidente con la cessazione o lo scioglimento del consiglio provinciale, ovvero con la scadenza dell'incarico del commissario eventualmente nominato.] la soppressione di una serie di province all'uopo individuate (tra cui anche quella di Napoli) e la contestuale istituzione delle relative citta' metropolitane. Il comma 1 prevede, altresi', l'abrogazione degli artt. 23 e 24, commi 9 e 10, della legge n. 42/2009 (recanti previsioni transitorie per la disciplina di prima attuazione degli enti locali da ultimo richiamati), nonche' degli artt. 22 e 23 del decreto legislativo n.

    267/2000 (recanti la disciplina ordinaria per la loro istituzione, temporaneamente sospesa dalla predetta legge n. 42). Ai sensi del comma 2, il territorio della citta' metropolitana...

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