N. 29 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 febbraio 2012

Ricorso proposto dalla Regione Veneto, (C.F. 80007580279 - P.IVA 02392630279), in persona del Presidente della Giunta Regionale dott.

Luca Zaia (C.F. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 150 del 31 gennaio 2012 (all. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti prof. Bruno Barel (C.F.

BRLBRN52D19M089Z) del Foro di Treviso, prof. Luca Antonini (C.F.

NTNLCU63E27D869I) del Foro di Milano, Ezio Zanon (C.F.

ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale, Daniela Palumbo (C.F. PLMDNL57D69A266Q) della Direzione Affari Legislativi e Luigi Manzi (C.F. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n.

5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org);

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosi' come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2011:

dell'art. 5, per violazione degli articoli 3, 117, III e IV comma; 118, I e II comma; 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni di cui all'art. 120 della Costituzione;

dell'art. 23, comma 14, per violazione degli articoli 118, I e II comma, della Costituzione;

dell'art. 23, comma 15, per violazione degli articoli 3, 5 e 114 della Costituzione;

dell'art. 23, comma 16, per violazione degli articoli l, 5, 114, 138 della Costituzione;

dell'art. 23, comma 17, per violazione degli articoli 3, 5 e 114 della Costituzione;

dell'art. 23, comma 18, per violazione degli articoli 118, I e II comma, e 120 della Costituzione;

dell'art. 23, comma 19, per violazione dell'articolo 119 della Costituzione;

dell'art. 23, comma 20, per violazione degli articoli 1, 3, 5 e 114 della Costituzione;

dell'art. 27, per violazione degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione;

dell'art. 31, comma I, per violazione degli articoli 114, 117, I e IV comma, 118 della Costituzione;

dell'art. 35, per violazione degli articoli 3, 97, I comma, 113, I comma, della Costituzione, 117, VI comma, 118, I e II comma, nonche' della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione;

dell'art. 44-bis, per violazione degli articoli 97, 117 e 118 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione;

Con istanza di sospensione dell'art. 23, commi da 14 a 20, e dell'art. 31, comma 1.

Premessa.

Il decreto-legge n. 201/2011, cosi' come convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214, pubblicata nella G.U. n. 300 del 27 dicembre 2011, contiene numerose disposizioni che contrastano con il quadro complessivo dell'autonomia territoriale cosi' come risultante dalla Costituzione e conseguentemente ledono il sistema costituzionale delle competenze riconosciute alla Regione.

In particolare, l'art. 5 del decreto-legge prevede: '1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 maggio 2012, sono rivisti le modalita' di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine di: adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale, e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonche' dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico; migliorare la capacita' selettiva dell'indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia sia all'estero, al netto del debito residuo per l'acquisto della stessa e tenuto conto delle imposte relative; permettere una differenziazione dell'indicatore per le diverse tipologie di prestazioni. Con il medesimo decreto sono individuate le agevolazioni fiscali e tariffarie nonche' le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, non possono essere piu' riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalita' con cui viene rafforzato il sistema dei controlli dell'ISEE, anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici e prevedendo la costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all'ISEE, attraverso l'invio telematico all'INPS, da parte degli enti erogatori, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, delle informazioni sui beneficiari e sulle prestazioni concesse. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I risparmi derivati dall'applicazione del presente articolo a favore del bilancio dello Stato e degli enti nazionali di previdenza e di assistenza sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l'attuazione di politiche sociali e assistenziali. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede a determinare le modalita' attuative di tale riassegnazione'.

In questi termini, la norma prevede: a) l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la revisione delle modalita' di determinazione ed i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (Isee); b) la definizione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, delle modalita' con cui viene rafforzato il sistema dei controlli dell'Isee; c) la determinazione, sempre con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, delle modalita' di riassegnazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dei risparmi, derivanti dall'attuazione delle nuove norme, da destinare all'attuazione di politiche sociali e assistenziali.

Nel prevedere una revisione dell'Isee, nella disposizione non si fa nessun cenno ad un'intesa con le Regioni o con la Conferenza unificata, cosi come non si prevede nulla in relazione alla possibilita' per gli enti erogatori di modulare diversamente gli indicatori.

Si tratta di previsioni procedurali e sostanziali che erano state previste dalla disciplina attualmente in vigore - seppure emanata prima della riforma del Titolo V della Costituzione - che ha significativamente aumentato l'autonomia regionale nella materia della assistenza sociale. Gia' il decreto legislativo n. 130 del 2000, infatti, nel modificare il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, istitutivo dell'Isee, era stato emanato sentita la Conferenza unificata. Oltre a queste gravi omissioni, la stessa procedura da seguire appare alquanto anomala, dal momento che assegna ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che non viene nemmeno qualificato come di natura regolamentare, la forza di modificare una disciplina stabilita da fonti primarie. La previsione che i risparmi derivanti dall'attuazione delle nuove norme siano determinati con decreto ministeriale e riassegnati al Ministero del lavoro, infine, non sembra considerare minimamente la stretta interconnessione che esiste tra le politiche regionali in materia sociale e socio assistenziale che spesso hanno assunto, volontariamente o perche' tenute a farlo, l'indicatore in oggetto come parametro.

L'art. 23 del decreto-legge in oggetto ai commi 15, 16 e 17 trasforma la Provincia da ente politico rappresentativo della popolazione inclusa nell'ambito territoriale di riferimento a ente di secondo grado, i cui organi di governo sono identificati in un Consiglio provinciale composto da non piu' di dieci componenti eletti dai Consigli comunali e in un Presidente eletto dal Consiglio provinciale tra i suoi componenti. Per le modalita' di elezione si rinvia a una legge statale da emanare entro il 31 dicembre 2012.

Per gli organi provinciali che vanno al rinnovo entro il 31 dicembre 2012 il comma 20 dell'art. 23 del decreto-legge dispone l'applicazione, sino al 31 marzo 2013, dell'art. 141 del decreto legislativo n. 267/2000 relativo a 'Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali'.

In questo modo - con alcuni commi di una disposizione di un decreto-legge, all'interno di un articolo alquanto eterogeneo, dove si tratta ad esempio della riduzione dei componenti del Consiglio Nazionale della Economia e del Lavoro e di altre Autorita' indipendenti - viene disciplinato un tema eminentemente costituzionale: in proposito, basta considerare il dibattito svolto dall'Assemblea costituente sulla soppressione delle Province come enti autonomi in relazione alla nascita delle Regioni.

E' evidente che le Province sono state concepite dalla Costituzione come enti di governo locale, elettivi di primo grado, e che questa posizione e' stata confermata e...

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