N. 10 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 gennaio 2012

P. Q. M.

Voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale articoli l, comma 3, lett. g) secondo periodo, ultima parte; 6, comma 3 lett. c) e comma 6; 10, comma 2; 12, comma 4; 13, comma 3; 14, comma 3 e comma 5; 16 commi 2, 3 e 4 della legge provinciale di Bolzano 28 ottobre 2011 n. 12.

Si produce in estratto conforme la delibera del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2011.

Roma, addi' 7 gennaio 2012

L'avvocato dello Stato: Gentili

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rapp.to e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Contro la Provincia Autonoma di Bolzano in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale;

Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli della legge provinciale della Provincia Autonoma di Bolzano 28 ottobre 2011 n. 12, pubblicata nel Bollettino Ufficiale del Trentino Alto Adige dell'8 novembre 2011 n. 45, limitatamente agli articoli 1, comma 3, lett. g) secondo periodo, ultima parte; 6, comma 3 lett. e) e comma 6; 10, comma 2; 12, comma 4; 13, comma 3; 14, comma 3 e comma 5; 16 commi 2, 3 e 4.

Fatto La legge provinciale di Bolzano n. 12/2011 ha dettato disposizioni varie per l''Integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri'. Come risulta dall'art. 2, destinatari delle disposizioni di questa legge 'i cittadini stranieri di Stati non appartenenti all'Unione europea, regolarmente soggiornanti sul territorio provinciale, i rifugiati, gli apolidi, i richiedenti asilo ed i beneficiari di protezione sussidiaria nonche' i titolari di protezione umanitaria'.

Limitatamente agli articoli indicati in epigrafe, la legge provinciale e' costituzionalmente illegittima e, giusta delibera del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2011, viene impugnata per i seguenti Motivi

  1. L'art. 6, comma 1, prevede: '1. Ai fini dell'integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri e' istituita la Consulta provinciale per l'immigrazione. La Consulta e' nominata dalla Giunta provinciale e rimane in carica per la durata della legislatura.'. Con questa disposizione, nell'ambito della propria competenza esclusiva in materia di organizzazione provinciale, la Provincia ha dunque istituito un proprio organo, preposto ad esercitare le funzioni indicate dal comma 2 dell'art. 6. Anche queste funzioni si svolgono interamente all'interno dell'azione legislativa e amministrativa della Provincia. Esse infatti consistono nel 'a) presentare proposte alla Giunta provinciale per adeguare le norme provinciali alle esigenze che emergono in relazione al fenomeno migratorio;

    b) formulare proposte sul programma pluriennale;

    c) esprimere pareri su ogni altro argomento inerente alla materia dell'immigrazione, su richiesta della Giunta provinciale.' Il comma 3 dell'art. 6 disciplina la composizione della Consulta provinciale per l'immigrazione. Nella lettera c) prevede che uno dei componenti sia 'c) una persona in veste di rappresentante unico della Questura di Bolzano e del Commissariato del Governo per la provincia di Bolzano'. Nel comma 6 l'art. 6 prevede infine che '6. I membri di cui alle lettere a), b), c) ed f) possono essere sostituiti da una persona da essi delegata'.

    Disponendo in tal modo la Provincia ha attribuito funzioni obbligatorie, quali sono quelle di partecipazione ai lavori della Consulta tramite un componente titolare o delegato, ad organi dello Stato quali la Questura di Bolzano e il Commissariato del Governo per la provincia di Bolzano; e prima ancora, ha obbligato tali organi a designare il proprio rappresentante nella Consulta. Piu' in generale, la Provincia ha unilateralmente coinvolto organi dello Stato nell'istituzione e composizione di un proprio organo.

    In tal modo, la legge provinciale ha violato innanzitutto l'art.

    117, comma 2 lett. g) Cost., il quale attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di 'g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali'.

    Il carattere esclusivo della legislazione in questa materia comporta che una legge unilateralmente deliberata da una regione o da una provincia autonoma non possa attribuire ad organi dello Stato nuove competenze, o comunque condizionare l'esercizio delle competenze loro attribuite dalle leggi dello Stato.

    Le citate disposizioni della legge provinciale impugnata violano inoltre l'art. 8, c. 1 n. 1 del d.P.R. n. 670/1972 (Statuto della Regione autonoma Trentino Alto Adige), giusta il quale 'Le province hanno la potesta' di emanare norme legislative entro i limiti indicati dall'art. 4, nelle seguenti materie: 1) ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto'.

    Questa previsione chiaramente limita la potesta' della provincia di' dettare norme relative all'organizzazione amministrativa ai soli organi della provincia stessa, e impedisce che nell'esercizio di tale competenza la provincia adotti disposizioni che finiscono con l'interferire con la potesta' esclusiva dello Stato di organizzare le proprie strutture amministrative e di assegnare loro le competenze.

    In materia, codesta Corte costituzionale con le sentenze n. 134 del 2004 e n. 30 del 2006, ha sottolineato che, pur nell'auspicio che 'si sviluppino forme di collaborazione tra apparati statali, regionali, provinciali, tali forme di collaborazione e di coordinamento non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle Regioni, nemmeno nell'esercizio della loro potesta' legislativa, ma devono trovare fondamento e presupposto in leggi statali che le prevedano o le consentano, o in accordo tra gli enti interessati'.

    Nel caso in esame non ricorre alcuna di queste condizioni, sicche' l'unilaterale intervento legislativo attuato dalla provincia con l'art. 6, commi 3 lett. c) e 6 della legge impugnata deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.

  2. L'art. 10 della legge impugnata dispone: 'Assistenza sociale.

  3. Hanno accesso ai servizi sociali le cittadine e i cittadini stranieri con residenza e dimora stabile sul territorio provinciale.

    L'accesso e' ulteriormente disciplinato dalla specifica normativa di settore, considerando il principio di interventi uguali a parita' di bisogno e ispirandosi ai principi di prevenzione e rimozione delle situazioni di bisogno e di emarginazione sociale.

  4. Per l'accesso alle prestazioni di natura economica e' richiesto alle cittadine e ai cittadini stranieri di Stati non appartenenti alla Unione europea un periodo minimo di cinque anni di ininterrotta residenza e dimora stabile in provincia di Bolzano.

  5. In funzione della specifica finalita' e natura delle prestazioni erogate, per le prestazioni per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali di cui all'art. 8 della legge provinciale 26 ottobre 1973, n. 69, e successive modifiche, possono essere previsti dalle disposizioni di settore periodi di residenza e dimora inferiori a quanto previsto dal comma 2.

  6. La Provincia garantisce i livelli essenziali delle prestazioni previsti su tutto il territorio nazionale dalla normativa statale, tra cui le prestazioni per invalidi civili, ciechi civili e sordi di cui alla legge provinciale 21 agosto 1978, n. 46, e successive modifiche.' Come si vede, la provincia ha ribadito il diritto dei cittadini stranieri di accedere ai servizi di assistenza sociale, e ha precisato che tale diritto e' subordinato alla residenza o dimora stabile nel territorio provinciale. Ha inoltre stabilito che il criterio regolatore dell'erogazione delle prestazioni dovra' essere l'uguaglianza degli interventi a parita' di bisogno.

    Poste nel comma 1 tali premesse, la legge, tuttavia, nel comma 2 ha enucleato dall'insieme dei servizi di assistenza sociale quelli genericamente consistenti in 'prestazioni di natura economica'. Per l'accesso degli stranieri a tali servizi ha chiesto il requisito del periodo minimo di cinque anni di residenza e dimora stabile in provincia di Bolzano. Disponendo in tal modo, l'art. 10 comma 2 ha inteso dare attuazione all'art. 1, comma 3, lett. g) secondo periodo della legge impugnata, giusta il quale 'Per le cittadine e i cittadini stranieri di Stati non appartenenti all'Unione europea, l'accesso alle prestazioni, che vanno oltre le prestazioni essenziali, puo' essere condizionato alla residenza, alla dimora stabile e alla relativa durata.'.

    Mentre non sussistono ostacoli di natura costituzionale a subordinare genericamente l'accesso degli stranieri alle prestazioni assistenziali alla residenza e dimora stabile nel territorio nazionale e nelle sue articolazioni, e' costituzionalmente illegittimo prevedere che tale accesso possa essere subordinato, specificamente, ad una durata minima di tale residenza e dimora stabile, e in particolare ad una durata minima di cinque anni.

    Tale previsione, prefigurata come possibilita' generale e astratta nell'art. 1, comma 3 lett. g) secondo periodo, ultima proposizione, e specificata, con riferimento alle prestazioni a contenuto economico, dall'art. 10 comma 2 della legge impugnata, contrasta innanzitutto con l'art. 3 della Costituzione: da un lato, perche' costituisce una disciplina manifestamente contraddittoria e irragionevole rispetto all'impianto sistematico della stesa disciplina provinciale dell'accesso degli stranieri all'assistenza;

    dall'altro, perche' pone una ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni sostanzialmente identiche.

    Per quanto riguarda la ragionevolezza, si e' visto che l'art. 10 comma 1 della legge impugnata, dopo avere correttamente previsto che la residenza e dimora stabile nel territorio provinciale costituiscono presupposto dell'accesso ai servizi di assistenza sociale (in modo che sia assicurato il logico collegamento spaziale tra il bisogno dell'individuo e...

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