N. 155 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 novembre 2011

Ricorso della Regione Lombardia (c.f. 80050050154), in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, on. Roberto Formigoni, rappresentata e difesa, ai sensi della delibera della Giunta regionale n. IX/2490 del 14 novembre 2011, giusta procura a margine del presente atto, dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto (c.f. CRVBMN54D19H501A), del libero foro, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via di Porta Pinciana n. 6 (fax: 06/42001646; pec abilitata: cdta@legalmail.it);

Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale (degli articoli 14 e 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011, n. 148, avente ad oggetto 'Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo', pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 216 del 16 settembre 2011, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, 119, 120, 122, 123 e 133, comma 2, della Costituzione.

F a t t o Con d.l. n. 138 del 13 agosto 2011, il Governo ha inteso adottare una serie di disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica al fine di garantire la stabilita' del Paese con riferimento alla eccezionale situazione di crisi economica internazionale e di instabilita' dei mercati, anche al fine di rispettare gli impegni assunti in sede di Unione europea, nonche' di adottare misure dirette a favorire lo sviluppo e la competitivita' del Paese e il sostegno all'occupazione. Il decreto costituisce un intervento normativo di vasta portata, diviso in quattro titoli: nel primo sono comprese disposizioni per la stabilizzazione finanziaria, nel secondo norme in materia di liberalizzazioni, privatizzazioni e altre misure per incentivare lo sviluppo, nel terzo titolo misure a sostegno dell'occupazione e, infine, nel quarto titolo trovano spazio norme relative alla riduzione dei costi degli apparati istituzionali.

Il decreto-legge n. 138 e' stato convertito, con numerose modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 216 del 16 settembre 2011.

In particolare, tra i vari emendamenti apportati all'originaria formulazione, la suddetta legge di conversione ha modificato l'art.

14, avente ad oggetto 'Riduzione del numero dei consiglieri e assessori regionali e relative indennita'. Misure premiali'.

In ragione di finalita' di conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica, tale disposizione condiziona la collocazione delle regioni nella classe di enti territoriali piu' virtuosa prevista dall'art. 20, comma 3, del d.l. n. 98/2011 (convertito dalla legge n. 111/2011), all'adeguamento dei rispettivi ordinamenti ad una serie di particolari parametri.

Il richiamato art. 20, comma 3, del d.l. n. 98/2011 ha previsto, nell'ambito della definizione del nuovo Patto di stabilita' interno, una serie di meccanismi premiali in favore degli enti territoriali che conseguano determinati parametri di virtuosita', con particolare riferimento alla ripartizione del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica fissati.

Al fianco dei suddetti parametri di virtuosita', inerenti precipuamente al conseguimento di obiettivi di natura economico-finanziaria, quali ad esempio la convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard, il rispetto del patto di stabilita', ovvero l'autonomia finanziaria, l'art. 14 del d.l. n.

138/2011, come modificato dalla legge di conversione n. 148/2011, ha introdotto una serie di ulteriori parametri, la cui portata - sia consentito osservare fin da subito - trascende da un contesto specificamente finanziario.

In particolare, ai fini del godimento dei meccanismi premiali previsti dal citato art. 20, oltre al rispetto delle indicazioni previste da tale disposizione, le regioni sono ora tenute all'adeguamento dei propri ordinamenti ai seguenti ulteriori parametri:

a) previsione di un numero massimo di consiglieri regionali, escluso il Presidente della Giunta, non superiore a 20 per le regioni con popolazione fino ad un milione di abitanti; a 30 con popolazione fino a due milioni; a 40 con popolazione fino a quattro milioni; a 50 con popolazione fino a sei milioni; a 70 con popolazione fino ad otto milioni; a 80 con popolazione superiore ad otto milioni di abitanti.

La riduzione del numero dei consiglieri regionali deve avvenire entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legge ed essere efficace dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso. Le regioni che, abbiano un numero di consiglieri inferiore a quello previsto dal decreto, non possono aumentarlo;

b) previsione di un numero massimo di assessori non superiore ad un quinto del numero dei consiglieri (con arrotondamento all'unita' superiore). La riduzione deve essere operata entro sei mesi dall'entrata in vigore della disposizione ed essere efficace dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso;

c) riduzione degli emolumenti e delle utilita', comunque denominati, a favore dei consiglieri regionali entro il limite dell'indennita' massima spettante ai membri del Parlamento, come rideterminata dall'art. 13 del medesimo d.l. n. 138/2011, a partire dal 1° gennaio 2012;

d) commisurazione del trattamento economico dei consiglieri regionali all'effettiva partecipazione ai lavori del Consiglio regionale;

e) istituzione, dal 1° gennaio 2012, di un Collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarita' contabile, finanziaria ed economica della gestione regionale, che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, opera in raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti;

f) passaggio, entro sei mesi dall'entrata in vigore della disposizione e con efficacia dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali.

Interessato da numerose modificazioni da parte della legge di conversione n. 148/2011 e' stato anche l'art. 16, il quale contiene misure volte alla riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e alla razionalizzazione dell'esercizio delle funzioni comunali, nell'affermato perseguimento delle finalita' di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, di ottimale coordinamento della finanza pubblica, di contenimento delle spese degli enti territoriali e di migliore svolgimento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici.

Il comma 1 della previsione in oggetto dispone che, a decorrere dalla proclamazione degli eletti negli organi di governo successivamente al 13 agosto 2012, i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti - salvo quelli il cui territorio coincida integralmente con quello di una o piu' isole, nonche' il comune di Campione d'Italia - esercitano obbligatoriamente in forma associata tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici, loro spettanti sulla base della legislazione vigente, mediante un'unione di comuni ai sensi dell'art. 32 d.lgs. n. 267/2000.

I successivi commi, da 2 a 16, disciplinano puntualmente l'unione obbligatoria prevista dal comma 1. E' tra l'altro previsto che, ai sensi del successivo comma 6, la popolazione residente nel territorio dell'unione istituenda deve essere superiore a 5.000 abitanti, ovvero 3.000 abitanti se i comuni membri appartengano o siano appartenuti a Comunita' montane. Entro due mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 138/2011, ciascuna regione ha facolta' di individuare diversi limiti demografici.

Alle suddette unioni hanno facolta' di aderire anche comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, al fine di esercitare in forma associata le sole funzioni fondamentali, ovvero tutte le funzioni e tutti i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente (comma 2).

Il successivo comma 8 prevede che, entro sei mesi dall'entrata in vigore, i comuni interessati avanzino alla regione una proposta di aggregazione per l'istituzione della rispettiva unione. Entro il termine perentorio del 31 dicembre 2010 e' poi previsto che la regione provveda a sancire l'istituzione di tutte le unioni del proprio territorio, anche qualora la proposta di aggregazione manchi o non sia conforme a quanto prescritto.

Il richiamato articolo provvede, poi, a disciplinare l'organizzazione e le modalita' di funzionamento delle suddette forme associative. In particolare, si prevede che, alla data della sua istituzione, l'unione succede a tutti gli effetti nei rapporti giuridici in essere inerenti alle funzioni e ai servizi ad essa affidati, con trasferimento della totalita' delle relative risorse umane e strumentali (comma 5).

Il comma 9, inoltre, recisamente dispone che, contestualmente all'istituzione delle unioni, gli organi di governo dei comuni parte dell'unione sono solo il sindaco ed il consiglio comunale, mentre le giunte in carica decadono di diritto.

Le richiamate disposizioni del decreto violano l'autonomia regionale nella determinazione della propria forma di governo e i principi costituzionali in materia di coordinamento finanziario, i quali, pur attribuendo allo Stato un consistente potere di guida, garantiscono al tempo stesso - all'interno di quel potere di guida le autonome determinazioni di ciascuna regione nell'esercizio della propria autonomia di spesa. Gli artt. 14 e 16 del d.l. n. 138/2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011, risultano quindi gravemente lesivi delle prerogative della Regione Lombardia, in quanto viziati da manifesta illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi;

D i r i t t o

Premessa.

Una tesi tradizionale, diffusa, affascinante, ma fortunatamente mai accolta, afferma che la vera fonte del decreto-legge non sia da ritrovare nell'art. 77 Cost., bensi' direttamente nell'emergenza come situazione che legittima...

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