N. 90 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 settembre 2011

Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 764 del 5 settembre 2011, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dall' Avv. Lucia Bora, domiciliato presso lo studio dell'Avv. Marcello Cecchetti; in Roma, Via A. Mordini 14;

Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 19, commi 4 e 5; 20, commi 14 e 15; e 35, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 98/2011, cosi' come convertito dalla legge di conversione 15 luglio 2011 n. 111, per violazione degli artt. 117, 118 , 119 e 120

Cost. anche sotto il profilo di violazione del principio della leale collaborazione.

Nella G.U. - Serie generale - n. 164 del 16 luglio 2011 e' stata pubblicata la legge 15 luglio 2010, n. 111 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.

Le impugnate disposizioni sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di Diritto

1) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 19, commi 4 e 5, nella parte in cui dispone la riduzione del numero di scuole dell'infanzia, primarie e secondarie mediante la formazione di istituti comprensivi nonche' nella parte in cui prevede, di conseguenza, la riduzione del numero di posti di dirigente scolastico, per violazione dell'art.

117, comma 3, dell'art. 118 e dell'art. 119 Cost.

La disposizione in esame si occupa della razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica. Per quanto qui rileva, i commi evidenziati prevedono la riduzione del numero di scuole dell'infanzia, primarie e secondarie mediante la formazione di istituti comprensivi; in conseguenza di detta previsione, il numero di autonomie si ridurra' di 1.130 unita', comportando, ulteriormente, una riduzione del numero di posti di dirigente scolastico. In base alla norma in esame, gli istituti comprensivi potranno avere autonomia solo se avranno un numero di iscritti pari almeno a 1000 unita' (ovvero 500 unita' per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche con specificita' linguistiche); le scuole con meno di 500 alunni non avranno diritto a un preside. Secondo le stime, contenute nella relazione illustrativa alla legge, l'applicazione di tali disposizioni contribuira' al conseguimento e consolidamento delle economie di spesa, gia' previste per il triennio 2009-2011 dall'art. 64 del d.l. n. 112 del 2008, in materia di dimensionamento della rete scolastica.

Il comma 4 all'odierno esame, in particolare, appare indubbiamente pervasivo in quanto interviene con disposizioni puntuali in ordine al dimensionamento delle reti scolastiche: esso infatti generalizza l'aggregazione della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado in istituti comprensivi, che per acquisire l'autonomia devono contare almeno 1.000 alunni (ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole e nei comuni montani).

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 200 del 2009 si e' gia' espressa in merito ai profili organizzativi del servizio scolastico ed in ordine all'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica: con riguardo alla questione di costituzionalita' dell'art. 64, comma 4 lett. f) e f-bis), del decreto-legge n. 112/2008, ha chiarito espressamente che il dimensionamento scolastico spetta senz'altro alle Regioni ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost. Seppur non rinvii ad alcun regolamento, e' evidente che il comma 4 dell'articolo 19, oggi in esame, tende ai medesimi fini di cui alle disposizioni gia' censurate dalla Corte con la sentenza n. 200 del 2009, disposizioni alle quali era stata negata la qualificazione di 'norme generali sull'istruzione', e quindi la riconducibilita' alla competenza legislativa esclusiva statale di cui all'articolo 117, comma 2, lettera n) della Costituzione, riguardando le stesse direttamente l'assetto del sistema scolastico e dunque la materia concorrente dell'istruzione.

In particolare, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che 'nel quadro costituzionale definito dalla riforma del titolo V la materia istruzione (salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e formazione professionale) forma oggetto di potesta' concorrente (art. 117 terzo comma Cost.), mentre allo Stato e' riservata soltanto la potesta' legislativa esclusiva in materia di norme generali sull'istruzione (art. 117 secondo comma lett. n)'... 'Nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di nonne generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche, si puo' assumere per certo che il prescritto ambito di legislazione regionale sta proprio nella programmazione della rete scolastica. E' infatti implausibile che il legislatore costituzionale abbia voluto spogliare le regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita nella forma della competenza delegata dell'art. 138 del decreto legislativo n.

112 del 1998 ... Una volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente , il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di programmazione scolastica e di gestione amministrativa del relativo servizio, compito dello Stato sia solo quello di fissare principi'.

Tali principi e la competenza regionale concorrente in materia di istruzione sono stati confermati nelle ulteriori sentenze n.

423/2004; n. 34/2005; n. 50/2008; significativamente, poi, nella pronuncia n. 279/2005, la Corte costituzionale ha chiarito che le nonne generali in materia di istruzione di cui alla lett. n) del secondo comma dell'art. 117 Cost. 'sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e quindi applicabili indistintamente al di la' dell'ambito propriamente regionale'; esse si distinguono dai principi fondamentali in materia di istruzione, rilevanti ai sensi dell'art. 117 terzo comma Cost., in quanto questi ultimi 'pur sorretti da esigenze unitarie non esauriscono in se stessi la loro operativita', ma informano altre norme, piu' o meno numerose' (sentenza n. 200/2009).

Per contro, le norme in esame non esprimono esigenze di carattere unitario alla stregua dei valori da tutelare, che sole legittimano l'intervento statale, non riguardano norme generali sull'istruzione ne' principi generali della materia; dette norme, infatti, non contengono 'le indicazioni delle finalita'' della scuola, non pongono 'condizioni minime di uniformita' in materia scolastica', ne' esprimono quegli essenziali interventi volti a garantire l'uguaglianza sostanziale nell'accesso e nella fruizione della cultura, tali da doversi applicare indistintamente su tutto il territorio nazionale (come, ad esempio, la tipologia e la durata dei corsi di istruzione, le modalita' di passaggio tra i diversi ordini di scuola, la valutazione degli apprendimenti, il riconoscimento dei titoli di studio, i criteri di selezione e di reclutamento del personale).

Nonostante il generico ed immotivato richiamo ad esigenze di 'continuita' didattica', con le disposizioni censurate, viene disposta di fatto la soppressione di scuole di infanzia, primarie e secondarie, e la formazione di istituti comprensivi; cio' facendo lo Stato interviene direttamente nell'ambito della programmazione e dell'organizzazione della rete scolastica.

Come evidenziato dalla Corte, le Regioni erano gia' titolari di dette competenze a seguito del decreto legislativo n. 112 del 1998 e, in particolare, con riferimento alle funzioni, di 'programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale' (art. 138, comma 1, lett. a), di 'programmazione della rete scolastica' (art. 138, comma 1, lett. b), di 'contributi alle scuole non statali' (art. 138, comma 1, lett. c) e di formazione professionale (art. 143).

Del resto, esaminando il contenuto sostanziale di queste funzioni, puo' agevolmente rilevarsi che, fermo restando il rispetto degli standard minimi, la rete scolastica e il dimensionamento degli istituti sono piu' efficacemente organizzati se tengono conto delle diverse realta' territoriali, realta' che meglio sono conosciute dalle Amministrazioni regionali.

Alle Regioni, pertanto, erano gia' state affidate le competenze sull'organizzazione scolastica e sul dimensionamento degli istituti, mentre con le norme in esame si prevede una disciplina puntuale ed autoapplicativa in relazione alla quale le Regioni non sono chiamate a svolgere alcun ruolo.

La disciplina in parola rappresenta pertanto un inammissibile passo indietro rispetto alle prerogative riconosciute alle Regioni, cio' che rende evidente la violazione delle attribuzioni regionali di cui all'art. 117 Cost. in materia di istruzione.

Si ripete, l'art. 19 che qui si contesta disciplina aspetti organizzativi, con riferimento alla determinazione ed articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica, senza prevedere un adeguato coinvolgimento delle Regioni.

A tal riguardo, e a rafforzamento della fondatezza dei motivi di ricorso, si rileva che la Regione Toscana ha compiutamente disciplinato l'aspetto dell'organizzazione scolastica e del dimensionamento degli istituti (cfr. la legge regionale 26 luglio 2002 n. 32 e successive modificazioni ed integrazioni, che ha dettato le norme per la programmazione della rete...

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