N. 106 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2010

Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore Vasco Errani, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale 20 settembre 2010, n. 1406 (doc.

1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di quest'ultimo in via Confalonieri, n. 5;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:

dell'articolo 5, comma 1;

dell'articolo 6, commi 12 e 20;

dell'articolo 9, commi 1; 2-bis; 4 21 e 28;

dell'articolo 14, comma 9;

dell'articolo 15, comma 6-quater;

dell'articolo 49, commi: 4-bis, 4-ter e 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 174/L alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010, per violazione degli articoli 3, 97, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione nonche' del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.

F a t t o Con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, il Governo ha adottato Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica.

Si tratta di un ampio intervento normativo, diviso in tre titoli:

nel primo sono comprese norme di Stabilizzazione finanziaria, volte a ridurre la spesa, nel secondo norme di Contrasto all'evasione fiscale e contributiva e nel terzo norme riguardanti Sviluppo ed infrastrutture.

Diverse delle norme contenute nel primo titolo, pero', non tengono affatto conto delle regole costituzionali in materia di coordinamento finanziario, le quali, pur attribuendo allo Stato un consistente potere di guida, garantiscono al tempo stesso all'interno di quel potere di guida - le autonome determinazioni di ciascuna Regione (e per il presente ricorso della Regione Emilia-Romagna) nell'esercizio della propria autonomia di spesa.

Numerose disposizioni, invece, contravvenendo alle regole costituzionali, pongono alle Regioni (ed agli enti locali) limiti rigidi a voci specifiche di spesa, incidendo su decisioni gia' prese, fondi gia' stanziati e determinando la conseguenza di gravi tagli ai servizi pubblici erogati con le risorse regionali, con rilevanti ma inevitabili effetti negativi sui cittadini emiliani.

L'inclusione della Regione e degli enti locali e pararegionali tra i destinatari delle norme impugnate avviene sia - a volte mediante diretto ed espresso riferimento alle Regioni sia - in altri casi - mediante il riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, cioe' a quelle elencate annualmente dall'ISTAT entro il 31 luglio di ogni anno.

E tale elenco (e precisamente, per quanto riguarda l'anno 2010, l''Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - Legge di contabilita' e di finanza pubblica', pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2010, n. 171) comprende espressamente, nella sezione 'Amministrazioni locali', tra l'altro, le Regioni e le Province autonome, i comuni, le comunita' montane e le unioni di comuni, gli enti per il diritto allo studio universitario, gli enti per il turismo, gli enti regionali del lavoro, le aziende ospedaliere, le Asl, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e diversi altri enti rientranti nell'orbita regionale.

Risulta poi lesiva una norma contenuta nel terzo titolo, cioe' l'art. 49, che muta la disciplina della denuncia di inizio attivita' in segnalazione certificata di inizio attivita', oltre ad attrarre d'autorita' tale istituto alla competenza esclusiva statale.

Le disposizioni che di seguito si illustreranno, dunque, risultano illegittime e lesive delle competenze costituzionali della Regione per le seguenti ragioni di D i r i t t o

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1.

L'art. 5 e' inserito nel capo II, Riduzione del costo degli apparati politici ed amministrativi, ed e' intitolato Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici.

Il comma 1 statuisce che 'per gli anni 2011, 2012 e 2013, gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che, anche con riferimento alle spese di natura amministrativa e per il personale, saranno autonomamente deliberate entro il 31 dicembre 2010, con le modalita' previste dai rispettivi ordinamenti dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale sono versati al bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato';

si aggiunge che 'al medesimo Fondo sono riassegnati gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che verranno deliberate dalle Regioni, con riferimento ai trattamenti economici degli organi indicati nell'art. 121 della Costituzione'.

Non e' chiaro se l'ultimo periodo del comma 1 intenda vincolare le Regioni a ridurre le indennita' dei titolari degli organi politici, o intenda solo fissare la destinazione delle risorse corrispondenti alle riduzioni che eventualmente le Regioni disporranno.

Nel primo caso, la norma sarebbe chiaramente illegittima per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., in quanto stabilirebbe un vincolo ad una voce di spesa specifica e particolare: e, dunque, avrebbe carattere dettagliato in materia di competenza concorrente, nella quale lo Stato ha titolo soltanto a dettare principi fondamentali. Si puo' ricordare qui, a conferma, la sent. n.

157/2007, che ha dichiarato l'illegittimita' di una norma della legge n. 266/05 che riduceva del 10% le indennita' corrisposte ai titolari degli organi politici regionali.

Ma anche ove si intendesse la disposizione come non cogente quanto all'an della specifica riduzione di spesa, in applicazione del canone della interpretazione conforme a Costituzione, l'ultimo periodo del comma 1 sarebbe in ogni modo illegittimo perche' prevede l'assegnazione degli importi al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, ovvero l'assegnazione di tale fondo allo Stato.

In pratica, si applica un meccanismo contrario a quello previsto dall'art. 119 della Costituzione: anziche' essere lo Stato a finanziare le Regioni, si obbligano le Regioni a finanziare lo Stato mediante gli stessi fondi che in attuazione della Costituzione lo Stato assegna alle Regioni.

Cio' implica lesione dell'autonomia finanziaria regionale perche' risorse che provengono dalle entrate generali della Regione vengono 'avocate' allo Stato senza altra ragione che la circostanza che la Regione spende di meno per una specifica voce di spesa.

L'ingerenza nell'autonomia finanziaria regionale non si puo' giustificare a titolo di coordinamento della finanza pubblica perche' la norma e' dettagliata e va a colpire una specifica e minuta voce di spesa.

Oltre all'art. 119, l'art. 5, comma 1, viola anche gli artt. 117 e 118 Cost. perche' impedisce alla Regione di utilizzare gli importi in questione per altri scopi, da essa individuati nell'esercizio della propria autonomia organizzativa e delle proprie competenze di settore.

E' infine violato il principio di buon andamento e di ragionevolezza di cui all'art. 97, comma primo, e all'art. 3 Cost., in quanto la devoluzione del risparmio al bilancio statale evidentemente lo disincentiva, dato che la Regione non ne potrebbe trarre alcun vantaggio.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 12 e 20.

L'art. 6 pone una serie di norme volte alla Riduzione dei costi degli apparati amministrativi, norme dal contenuto innegabilmente e chiaramente dettagliato, come si vedra' subito.

Forse proprio in considerazione di tale contenuto, che proprio in ragione di tale carattere contrasterebbe - ove riferito alle Regioni - con i principi costituzionali in materia di coordinamento della finanza pubblica elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, il comma 20 dell'art. 6 dispone che 'le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale', ma aggiunge che per tali enti esse 'costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica'. In altre parole, la disposizione del comma 20 cerca di 'trasformare' in qualche modo le disposizioni dettagliate in principi.

Tuttavia, tale tentativo e' necessariamente destinato all'insuccesso, e la qualificazione delle disposizioni in questione come 'principi' non fa - ad avviso della ricorrente Regione - che aggiungere illegittimita' ad illegittimita'.

Il comma 20 e' dunque qui impugnato nella parte in cui esso dispone che le disposizioni indicate 'costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica', e nella parte in cui limita la loro 'non applicazione' alle Regioni alla applicazione 'in via diretta'.

Il punto fondamentale e' che la qualificazione data dal comma 20, come e' tipico delle norme di qualificazione, non e' idonea a mutare la realta' normativa dei commi cui si riferisce, che resta quella di regole dettagliate limitative di voci minute di spesa degli enti pubblici, e che vincolare le Regioni a tali pseudoprincipi e' ugualmente illegittimo. Nessun dubbio poi puo' sussistere sul carattere specifico e dettagliato delle disposizioni alle quali il comma 20 si riferisce.

Cosi', il comma 3 dispone che 'a decorrere dal 1° gennaio 2011, le indennita', i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilita' comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, .... sono automaticamente ridotte del 10 per cento...

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