N. 102 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2010

Ricorso della Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore Claudio Burlando, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale 21 settembre 2010, n. 1095 (doc.

1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n.5;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:

dell'articolo 1;

dell'articolo 5, comma 1;

dell'articolo 6, commi 3; 5; 6; 7; 8; 9; 11; 12; 13; 14; 19; 20;

dell'articolo 9, commi 2; 2-bis; 3; 4; 21; 28; 29 e 36;

dell'articolo 14, commi 1; 2; 7; 9 e 32;

dell'articolo 15, commi 6-ter, lett. b) e d); 6-quater;

dell'articolo 49, commi: 3, lettera b) che introduce il nuovo comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241; 4;

4-bis e 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 174/L alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010, per violazione degli articoli 3, 97, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione nonche' del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.

F a t t o Con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, il Governo ha adottato Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica.

Si tratta di un ampio intervento normativo, diviso in tre titoli:

nel primo sono comprese norme di Stabilizzazione finanziaria, volte a ridurre la spesa, nel secondo norme di Contrasto all'evasione fiscale e contributiva e nel terzo norme riguardanti Sviluppo ed infrastrutture.

Diverse delle norme contenute nel primo titolo, pero', non tengono affatto conto delle regole costituzionali in materia di coordinamento finanziario, le quali, pur attribuendo allo Stato un consistente potere di guida, garantiscono al tempo stesso all'interno di quel potere di guida - le autonome determinazioni di ciascuna Regione (e per il presente ricorso della Regione Liguria) nell'esercizio della propria autonomia di spesa.

Numerose disposizioni, invece, contravvenendo alle regole costituzionali, pongono alle Regioni (ed agli enti locali) limiti rigidi a voci specifiche di spesa, incidendo su decisioni gia' prese, fondi gia' stanziati e determinando la conseguenza di gravi tagli ai servizi pubblici erogati con le risorse regionali, con rilevanti ma inevitabili effetti negativi sui cittadini liguri.

L'inclusione della Regione e degli enti locali e pararegionali tra i destinatari delle Torme impugnate avviene sia - a volte mediante diretto ed espresso riferimento alle Regioni sia - in altri casi - mediante il riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, cioe' a quelle elencate annualmente dall'ISTAT entro il 31 luglio di ogni anno.

E tale elenco (e precisamente, per quanto riguarda l'anno 2010, l''Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - Legge di contabilita' e di finanza pubblica', pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2010, n. 171) comprende espressamente, nella sezione 'Amministrazioni locali', tra l'altro, le regioni e le province autonome, i comuni, le comunita' montane e le unioni di comuni, gli enti per il diritto allo studio universitario, gli enti per il turismo, gli enti regionali del lavoro, le aziende ospedaliere, le Asl, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e diversi altri enti rientranti nell'orbita regionale.

Risulta poi lesiva una norma contenuta nel terzo titolo, cioe' l'art. 49, che muta la disciplina della conferenza di servizi e della denuncia di inizio attivita', oltre ad attrarre d'autorita' tali istituti alla competenza esclusiva statale.

Le disposizioni che di seguito si illustreranno, dunque, risultano illegittime e lesive delle competenze costituzionali della Regione per le seguenti ragioni di D i r i t t o

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1.

L'art. 1 si intitola Definanziamento delle leggi di spesa totalmente non utilizzate negli ultimi tre anni e dispone che 'le autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali non risultano impegnati sulla base delle risultanze del Rendiconto generale dello Stato relativo agli anni 2007, 2008 e 2009 sono de finanziate'. La disposizione aggiunge che 'con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro il 30 settembre 2010 sono individuate per ciascun Ministero le autorizzazioni di spesa da definanziare e le relative disponibilita' esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge'; le disponibilita' cosi' individuate 'sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo ammortamento dei titoli Stato'.

Ora, il d.P.C.m. 17 dicembre 2009 (doc. 2), che approva il bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio per l'anno 2010, stanzia piu' di 44 milioni di euro per il Fondo nazionale per la montagna (v. il punto 7.1.2), ma ad esso non risulta essere seguito, da parte degli organi statali, alcun formale atto di impegno. Gli stanziamenti in questione sono allocati nel capitolo 7620 del bilancio regionale 2010.

Esiste dunque il fondato timore che esso rientri tra le norme definanziate.

La norma di definanziamento di cui all'art. 1, dunque, incide sull'autonomia finanziaria della Regione (art. 119 Cost.) e sulla competenza legislativa piena in materia di comunita' montane, dato che codesta Corte in piu' occasioni ha precisato che le comunita' montane ricadono nell'art. 117, comma 4, Cost. (v. sentt. nn.

237/2009, 456/2005 e 244/2005).

Una somma gia' stanziata nel bilancio della Presidenza del Consiglio e gia' destinata alle regioni - della quale dunque queste avevano tenuto conto nell'impostare il proprio bilancio ed i propri programmi - viene 'avocata' allo Stato per un mancato impegno che non dipende da alcuna inerzia o colpa della Regione ma dallo Stato stesso.

Cio' - oltre a discostarsi dal principio di leale collaborazione tra istituzioni - altera, con tutta evidenza, la programmazione gia' compiuta dalla Regione, violando un legittimo affidamento e condizionando le scelte finanziarie e legislative relative alle comunita' montane.

Ne' varrebbe replicare che lo stanziamento di cui al d.P.C.m. 17 dicembre 2009 non ha una specifica garanzia costituzionale: piu' volte codesta Corte ha dichiarato l'illegittimita' di leggi statali che, in una materia costituzionalmente spettante alle Regioni, intervenivano in modo restrittivo per l'autonomia regionale, anche se lo specifico 'vantaggio' tolto non aveva garanzia costituzionale.

Tanto piu' cio' deve valere quando il 'pentimento' statale incida in una materia delicata quale l'equilibrio del bilancio regionale, che legittimamente poteva impegnare e disporre di spese per le quali erano assicurate corrispondenti entrate.

Si noti, inoltre, che la procedura di 'definanziamento', nonostante incida gravemente sull'equilibrio finanziario delle regioni, non prevede alcuna partecipazione della Conferenza Stato-Regioni: con violazione, anche sotto questo particolare profilo, del principio di leale collaborazione.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1.

L'art. 5 e' inserito nel capo II, Riduzione del costo degli apparati politici ed amministrativi, ed e' intitolato Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici.

Il comma 1 statuisce che 'per gli anni 2011, 2012 e 2013, gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che, anche con riferimento alle spese di natura amministrativa e per il personale, saranno autonomamente deliberate entro il 31 dicembre 2010, con le modalita' previste dai rispettivi ordinamenti dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale sono versati al bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato';

si aggiunge che 'al medesimo Fondo sono riassegnati gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che verranno deliberate dalle regioni, con riferimento ai trattamenti economici degli organi indicati nell'art. 121 della Costituzione'.

Non e' chiaro se l'ultimo periodo del comma 1 intenda vincolare le regioni a ridurre le indennita' dei titolari degli organi politici, o intenda solo fissare la destinazione delle risorse corrispondenti alle riduzioni che eventualmente le regioni disporranno.

Nel primo caso, la norma sarebbe chiaramente illegittima per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., in quanto stabilirebbe un vincolo ad una voce di spesa specifica e particolare: e, dunque, avrebbe carattere dettagliato in materia di competenza concorrente, nella quale lo Stato ha titolo soltanto a dettare principi fondamentali. Si puo' ricordare qui, a conferma, la sent. n.

157/2007, che ha dichiarato l'illegittimita' di una norma della legge n. 266/05 che riduceva del 10% le indennita' corrisposte ai titolari degli organi politici regionali.

Ma anche ove si intendesse la disposizione come non cogente quanto all'an della specifica riduzione di spesa, in applicazione del canone della interpretazione conforme a Costituzione, l'ultimo periodo del comma 1 sarebbe in ogni modo illegittimo perche' prevede l'assegnazione degli importi al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, ovvero l'assegnazione di tale fondo allo Stato.

In pratica, si applica un meccanismo contrario a quello previsto dall'art. 119 della Costituzione: anziche' essere lo Stato a finanziare le regioni, si obbligano le...

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