La ricerca sul possesso

AutoreTrombetta, Angela
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SOMMARIO: 1. Il possesso: fatto o diritto? - 2. Il possesso tra storia e attualità.-
3. Il possesso naturale e il possesso giuridico: due aspetti di una stessa nozione. - 4. L’esercizio del diritto. - 5. Il caleidoscopio del reale. - 6. Verso il „possesso dei diritti’.

1. Il possesso: fatto o diritto?

Das Recht des Besitzes, apre nel 1803 la produzione scientifica di Savigny1. Il celebre lavoro, destinato a restare “modello e canone del metodo dogmatico negli studi romanistici” e a rientrare “nel novero ristrettissimo delle opere che segnano l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della scienza”2, rappresenta un momento essenziale per l’analisi dello sviluppo del pensiero savigniano3.

Il trattato, infatti, come opera autonoma che cerca di porta-re chiarezza nell’ambito della tematica sul possesso, mostra i

1Se si prescinde dalla dissertazione, di argomento penalistico – De concursu delictorum formali –, con cui il 31 ottobre 1800 ottenne la laurea.

2Il giudizio che pur prelude a pesanti riserve “alla stregua di criteri pratici” e in ordine alla “influenza determinante per tutta la dottrina successiva”, si deve a Jhering, Serio e faceto, pp. 376 ss.

3Il diritto del possesso è stato esaminato di recente non come “un possibile sviluppo della teoria giuridica comune tramandata del possesso” ma come opera che segna “una nuova era non soltanto per la dottrina del possesso, poiché essa pre-suppone una nuova completa teoria di tutto il diritto delle cose” (Moriya, Savignys Gedanke, pp. 2-3). Attraverso l’analisi del pensiero di Savigny, pertanto, – pensiero inteso come “gedanklichen Kern des Savignyschen Werks” – Moriya ritiene ci si possa avviare verso “unsere Anordung der konkreten Darlegungen in der Besitzlehre Savignys” (pp. 3-4).

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germogli del suo procedere metodologico, – interessanti sono, a tale proposito, le modifiche alle sesta edizione –, offrendo un provvido riscontro per l’analisi dello sviluppo del suo pensiero storico-sistematico, che porterà alla costruzione del concetto di proprietà e di patrimonio.

Partiamo dalla nozione di possesso e dal problema terminologico ad essa connesso4. La ricerca di Savigny sarà sempre indi-4È da constatare come il problema terminologico assuma sempre una rile-vanza fondamentale nell’elaborazione di una teoria sul possesso ove si consideri che con il termine “possesso” si verifica una confusione terminologica tra istituto, fattispecie, effetti giuridici. Non solo. Si determina altresì una confusione tra uso comune e uso giuridico del termine per cui diventa necessario fissare correttamente i significati tecnici e delimitare gli istituti che si vogliono considerare (Savigny, Il possesso, pp. 4-5). Che il problema terminologico sia un problema da affrontare preliminarmente in ogni campo dell’analisi giuridica ai fini della certezza, dato il carattere tecnico del diritto, lo mette ben in evidenza, nel suo bel saggio sul possesso, Finzi, Il possesso dei diritti, pp. 19-23, 35-43, 47-52. “La tecnica giuridica” – afferma Finzi – “come tute le tecniche scientifiche è necessariamente arbitraria”(p.
48), essa si esprime attraverso termini tecnici. È necessario non solo che nell’uso e nel contenuto di tali termini vi sia un chiarimento circa i limiti entro cui essi possono essere utili e proficui, ma vi sia anche la consapevolezza che con tali termini, al di là dell’approssimazione, si vogliono “esprimere certe qualità essenziali” o rilevanti ai fini della loro individuazione e determinazione concettuale(p. 49). Sia chiaro che non voglio porre sullo stesso piano le affermazioni di Savigny e di Finzi. Dal Diritto del possesso di Savigny, al Possesso dei diritti di Finzi, è trascorso più di un secolo, e non si tratta solo di una differenza temporale. Finzi, nel suo saggio-che “non è...una delle tante monografie sistematizzanti questo o quell’istituto; è piuttosto un discorso sul metodo, perché è indicativo di un nuovo osservatorio fecondissimo da cui guardare l’intiera realtà giuridica o una buona fetta di essa: esaminare gli istituti giuridici quasi controluce, partendo dalla loro ombra sulle cose più che dalle linee della loro normale figura” (Grossi, La scienza giuridica, p. 128) –, partendo dall’idea di una costruzione della teoria del possesso dei diritti, esamina il concetto di possesso. Nel determinare tale concetto, non si limita a considerare in termini di rapporto di fatto ciò che attiene all’esercizio, al godimento o all’attuazione di un diritto, ma configura una serie di ipotesi diverse. L’analisi di quelle ipotesi, situazioni giuridiche che si verificano nella realtà e che per qualche difetto, sia esso di forma, sia di sostanza non possono essere definite perfette dal punto di vista dell’ordina mento giuridico, lo porta ad ampliare il contenuto del possesso al di là della nozione stessa. Questo ampliamento e, perché no, trasformazione del concetto di possesso richiede un approfondimento autonomo che mi riprometto di portare

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rizzata al chiarimento concettuale dei termini tecnici5. Attraverso il chiarimento – paziente, analitico, sicuro – è possibile individuare lo specificarsi del termine stesso, la sua evoluzione e le sue metamorfosi concettuali. L’analisi terminologica è la prima via verso la verità delle soluzioni giuridiche. Del resto, è questo l’insegnamento che Savigny ha ricevuto dai giuristi romani, ma anche dai giuristi medievali, così attenti all’analisi terminologica. Analisi necessaria per mutare, nella permanenza dello stesso termine (si pensi alla teoria tutta medievale del dominio diviso, o alla rilevanza giuridica dei nuda pacta), il suo significato e applicazione6. Per il possesso il problema si poneva con maggior urgenza, data la varietà terminologica impiegata nelle fonti romane7. Varietà che aveva determinato non pochi problemi sistematici ai giuristi intermedi, quando avevano tentato di organizzare la categoria del possesso sulla base di alcuni tipi fondamentali8.

Procediamo però con cautela e seguiamo Savigny nell’enucleazione della nozione di possesso9. È interessante notare da un

avanti in seguito. In questo saggio potrò dar conto solo di alcune suggestiono che sono emerse dalla lettura di Finzi e dai costanti riferimenti che fa al trattato di Savigny.

5Savigny, Sistema, I, p. 25.

6A riguardo si veda Grossi, L‟ordine giuridico, pp. 162-175; Il dominio e le cose, pp. 31 ss., 57-59, 71 ss.

7Capogrossi Colognesi, Nuovi orizzonti, pp. 184 ss.; Un dibattito ottocentesco,pp. 36-37.

8Capogrossi Colognesi, Nuovi orizzonti, pp. 185, 192 ss.; Un dibattito ottocentesco, p. 37.

9L’individuazione della natura del possesso aveva generato in Germania una polemica tra gli studiosi della prima metà dell’ottocento. Ce ne dà conto, con particolare riguardo al confronto tra Savigny e Gans, attraverso un’attenta ricostruzione, J. Braun, Der Besitzrechtsstreit zwischen F.C. von Savigny und Eduard Gans, in Su Savigny, pp. 457-506. Una ricostruzione, intuitivamente efficace sep-pure storicamente sintetica, della dottrina savigniana del possesso, attraverso un angolo di visuale particolare quale quello di Hegel (che cita Savigny), è offerta da Becchi, da Pufendorf a Hegel, pp. 175-190. Quest’A, che pur ne rileva la complessità (p. 177) – rispetto ad altre teorie del tempo, sia rispetto alla giuridica, sia a

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lato la gradualità con cui Savigny procede alla sua individuazione,

quella filosofica (pp. 179-180) – tuttavia individua, attraverso l’analisi dell’osser-vazione di Hegel alle idee di Savigny, una diversità profonda tra le due teorie, fondata non su aspetti teorici, ma su motivazioni politiche legate al concetto di proprietà. Afferma, infatti: “L’idea da cui muove Hegel è, in sostanza, quella della tendenziale unificazione nel concetto giuridico di proprietà delle molteplici situazioni giuridiche reali, mentre Savigny, partendo dal possesso e dal possesso concepito nella sua specificità giuridica, intendeva ricostruire forme diverse dalla proprietà di signoria individuale sulle cose. Ciò che per Hegel è decisivo, in altri termini, è il concetto unificato di proprietà piena e assorbente ed è proprio per questa ragione che egli guarda con diffidenza al tentativo condotto da Savigny di isolare il possesso dalla proprietà” (p. 186). Individua quindi in Savigny -seppure dalla terza edizione del Possesso, dove è stata eliminata la dottrina della proprietà parziaria-, la volontà di non “abolire i diritti feudali”. Savigny, continua Becchi, “intende piuttosto inglobarli nel suo sistema sottolineando l’affinità che intercorre tra questi diritti e gli iura in re aliena che si trovano nelle fonti romane. Il punto di arrivo della costruzione di Savigny è dunque il seguente: da un lato i diritti feudali così concepiti vengono distinti dalla proprietà, e ciò permetteva a Savigny di costruire un unico schema di dominium superando quello della proprietà parzia-ria. Dall’altro però l’esercizio dei diritti feudali viene tutelato al pari del possesso: come l’esercizio del possesso infatti viene protetto contro gli atti di violenza mediante gli interdetti, allo stesso modo anche l’esercizio di tutti quei diritti feudali che sono separati dalla proprietà appare meritevole di protezione” (p. 189). Dove appare evidente una valutazione tutta negativa della teoria savigniana rispetto a quella hegeliana, più liberale e in cui le valutazioni filosofiche sorreggono le considerazioni politiche e prevalgono su quelle storico- giuridiche. Hegel, infatti, ha – secondo Becchi – il problema politico di sbarazzarsi di tutti i diritti feudali riunificandoli intorno alla figura del proprietario per cui “l’isolamento del possesso dalla proprietà operato da Savigny gli...

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