La revisione

AutoreStefano Ambrogio
Pagine371-378

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@1 La ratio dell'istituto

Accanto alle impugnazioni ordinarie (appello e ricorso per Cassazione) il codice prevede un'impugnazione straordinaria ossia esperibile contro provvedimenti passati in giudicato, ovvero la revisione. Funzione primaria di questo mezzo di impugnazione è quella di far emerge- re l'innocenza di una persona ingiustamente condannata (anche defunta), attraverso un estremo rimedio esperibile contro provvedimenti divenuti irrevocabili ed esecutivi.

La dottrina (Vassalli, Di Cavillo, Tonini) evidenzia la differenza tra mezzi di impugnazione ordinari e straordinari: mentre i mezzi ordinari si collocano nel processo di formazione del giudicato e devono essere proposti entro termini precisi, ovvero prima che la sentenza divenga irrevocabile, la revisione è ammessa in ogni tempo, in quanto non contribuisce alla formazione del giudicato, ma piuttosto si oppone al medesimo in presenza di nuove prove.

Essa dunque è ammessa in tutti i casi in cui può riscontrarsi, in seguito al reperimento di nuove prove, un errore giudiziario in ottemperanza al principio sancito dall'art. 24 Cost. in base al quale la legge deve determinare le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

Ai sensi dell'art. 629 c.p.p. è ammessa in ogni tempo a favore dei condannati la revisione delle sentenze di condanna, delle sentenze di patteggiamento e dei decreti penali di condanna, con esclusione delle sentenze di proscioglimento e di non luogo a procedere (Cass., I, 15-5-1992). La revisione è consentita anche nei confronti di sentenze emesse con il rito abbreviato (Cass., V, 3-5-2000).

La natura straordinaria della revisione comporta una rigida applicazione dell'istituto, per il quale viene affermato il principio di tassatività, in base al quale non può essere presentato tale ricorso avverso provvedimenti diversi da quelli indicati dal legislatore.

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Nel codice l'istituto della revisione è previsto come rimedio esperibile solo e sempre a favore dei condannati, mentre la legislazione speciale ha introdotto una particolare ipotesi di revisione anomala, sempre nel superiore interesse della giustizia e per l'affermazione del diritto alla verità che è, comunque, alla base della revisione.

Ai sensi dell'art. 16 septies del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (conv. con L. 82/1991), introdotto dalla legge di riforma 13 febbraio 2001, n. 45, il procuratore generale presso la Corte d'appello può presentare richiesta di revisione per ottenere la modifica della sentenza in senso peggiorativo per il condannato che abbia indebitamente beneficiato di istituti premiali previsti per i collaboratori di giustizia. In tal caso l'istituto è previsto a tutela della corretta amministrazione della giustizia.

Il principio di tassatività riguarda non solo i provvedimenti che possono essere oggetto di revisione, ma anche i presupposti specifici che devono ricorrere affinché possa essere inoltrata la richiesta di revisione della sentenza o del decreto irrevocabili.

Tali presupposti sono elencati nell'art. 630 c.p.p. in base al quale la revisione può essere richiesta:

- se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto di condanna passati in giudicato sono inconciliabili con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevocabile (cd. conflitto teorico di giudicati). Si pensi, ad esempio, al contrasto tra la sentenza di condanna per rapina a mano armata e la sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto in relazione alle armi usate per la rapina;

- se la sentenza o il decreto penale hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza civile o amministrativa successivamente revocata, intervenuta su una questione pregiudiziale (ex artt. 3 e 479 c.p.p.). Si pensi, ad esempio, alla sentenza di condanna per il reato di bigamia fondata su una sentenza...

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