Il 'contratto di rete': dialogo tra un notaio e un professore su una leggina recente

AutoreMarco Maltoni - Paolo Spada
Pagine499-516
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rivista di diritto privato Saggi e pareri
4/2011
Il “contratto di rete”: dialogo tra un notaio
e un professore su una leggina recente
di Marco Maltoni e Paolo Spada
1. La rete (contrattuale) di imprese
Il sintagma “contratto di rete” è aorato nel linguaggio legislativo con l’art.3
comma 4 ter del decreto legge 10 febbraio 2009, n.5, convertito, con modicazioni,
dalla L.9 aprile 2009, n. 33, e poi oggetto di una signicativa rivisitazione ad opera
della L.122/2010. La realtà giuridica così designata ha attratto – ed attrae – tanto
l’interesse degli operatori economici, desiderosi di cogliervi un’opportunità di raf-
forzamento delle strutture imprenditoriali, oggi particolarmente indebolite dalla
congiuntura economica negativa; quanto l’interesse degli studiosi del diritto, indi-
pendentemente dalle rispettive “specializzazioni” (semplicando: dei “civilisti” non
meno che dei “commercialisti”).
Ai sensi del vigente comma 4 ter dell’art.3 del D.L. 5/2009, “con il contratto
di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e
collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mer-
cato e a tal ne si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a colla-
borare in forme e in ambiti predeterminati, attinenti all’esercizio delle proprie
imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale,
commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero ancora ad esercitare in comune una o
più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”. Si prevede, nel medesi-
mo alinea, la possibilità (e non la necessità) di istituire un fondo patrimoniale
comune e di nominare “un organo comune incaricato di gestire, in nome e per
conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o di fasi dello
stesso”.
Nel tessuto normativo della legge dedicata al “contratto di rete” non si colgono
regole intese a temperare o completare l’autonomia contrattuale dei paciscenti né a
governarne la posizione nei confronti dei terzi; eccezion fatta per quella relativa alla
responsabilità patrimoniale in caso di costituzione (facoltativa – lo si sottolinea an-
cora) di un fondo comune, regola ricavabile da un dicoltoso rinvio agli artt. 2614
e 2615 c.c., da applicarsi “in quanto compatibili”.
Per converso, la conclusione di “contratti di rete” è premiata con il riconoscimen-
to di alcuni vantaggi scali alle imprese partecipanti in relazione agli utili investiti
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nel programma comune1 e con l’applicazione delle disposizioni dell’art. 1, comma
368, lettere b), c) e d) della l. 23 dicembre 2005 n. 266, sui distretti produttivi,
previa autorizzazione ministeriale.
Tanto acquisito, e nonostante un impiego non sistematicamente sorvegliato del
lessico legislativo possa indurre diverse suggestioni (come è puntualmente accaduto),
l’esemplare giuridico che sembra ricavarsi dal testo di legge è quello, non già di un tipo
contrattuale nuovo2 (cioè di un modello di accordo a contenuto patrimoniale preco-
stituito dalla legge per integrare, temperare, riutare o rimpiazzare regole convenzio-
nali ssate dai paciscenti, nell’esercizio della libertà loro riconosciuta dall’art. 1322
c.c.), bensì di un insieme di requisiti (clausole, vincoli formali, formalità) in presenza
dei quali contratti, genericamente funzionali alla cooperazione interaziendale, comun-
que nominati, consentono alle imprese contraenti di beneciare delle agevolazioni e
delle provvidenze di sostegno nazionali ad un tessuto imprenditoriale in soerenza. In
altri termini, la disposizione citata sembra non già arricchire la tipologia dei contratti
nominati, bensì fondare la nozione di “rete di imprese” e farne l’antecedente di agevo-
lazioni e immunità, indipendentemente dalla qualicazione tipologica del contratto
(o dei contratti) di volta in volta concluso (o conclusi)3. Avvalendosi, per amor di
concisione, di una recente proposta e un po’ parafrasandone il signicato piacerebbe
aermare che il “contratto di rete” è un fatto, non un tipo contrattuale4
Si ha così “rete di imprese”, ai sensi dell’art.3 comma 4 ter del D.L.5/2009, ogni-
qualvolta un contratto plurilaterale di cooperazione interaziendale, comunque qua-
licato secondo il diritto comune (consorzio senza attività esterna, associazione
1 In argomento è stata emanata dalla Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa, la Circolare
n.15/E del 14 aprile 2011.
2 In senso contrario G. Villa, Reti di impresa e contratto plurilaterale, in Giur. comm., I, 2010, p.947, per il
quale “la previsione così introdotta nel sistema delinea quindi un particolare tipo contrattuale, in verità vi-
cino al consorzio con attività esterna (art.2612 c.c.).”. In particolare, secondo l’A. “la legge tipizza il contrat-
to di rete quale contratto plurilaterale.”. Nel senso che la disciplina darebbe vita ad un nuovo tipo contrat-
tuale G. Mosco, Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, in Giur. comm., I, 2010, p.862, per il quale il
contratto di rete “è un contratto tipico rientrante nella categoria dei contratti plurilaterali con scopo comu-
ne. … La qualicazione del contratto di rete come contratto tipico non esclude nemmeno la possibilità di
riconoscergli grande ampiezza anche sul piano della funzione.”
3 Si conviene con la considerazione che la predeterminazione normativa di requisiti contrattuali necessari per
la qualicazione come “rete di imprese” valga a marcare in maniera netta la dierenza rispetto ai distretti
industriali, “concetto empirico, fondato su dati economici e sociali”. G. Villa, op.cit., p.945.
4 A. Gentili, Il contratto di rete dopo la l. n. 122 del 2010, in I contratti 6/2011, p. 617 ss., ivi. Il registro della
citazione è parafrastico, perché Gentili parla di “fattispecie negoziale” e aronta, poi, problemi squisitamen-
te negoziali come quello della causa; laddove qui, usando il termine “fatto” in contrapposto a tipo vuol
sottolinearsi che l’antecedente della disciplina dettata dalla legge in esame è pensabile non come programma
negoziale, bensì come la sommatoria di eventi, presi nella loro oggettività: un contenuto negoziale multi-
trans- o atipico, una forma, formalità a carico dei contraenti). In quest’ottica si riuta la legittimità conosci-
tiva di interrogarsi sulla causa del contratto di rete.

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