Rendite catastali, capacità contributiva e giurisprudenza costituzionale

AutoreMarilisa D'Amico
Pagine706-708
706
dott
6/2013 Arch. loc. e cond.
DOTTRINA
RENDITE CATASTALI,
CAPACITÀ CONTRIBUTIVA
E GIURISPRUDENZA
COSTITUZIONALE (*)
di Marilisa D’Amico
(*) Questo contributo è stato escluso dalla procedura di valutazione
da parte della Direzione scientif‌ica data l’autorevolezza riconosciuta
all’Autore.
1. È noto che la principale caratteristica dei redditi fon-
diari è sempre stata quella di essere quantif‌icati, e quindi
assoggettati a tassazione, sulla base delle risultanze cata-
stali, facendo riferimento non al singolo terreno o fabbri-
cato, bensì al reddito medio ordinario ritraibile in condi-
zioni normali dagli immobili appartenenti alla medesima
qualità, categoria e classe (1) . Soltanto per i fabbricati,
e in alcuni casi, il legislatore prende in considerazione il
reddito effettivo.
Ciò considerato, più volte la Corte costituzionale è stata
chiamata a scrutinare la disciplina del sistema catastale e
la sua coerenza con i principi costituzionali.
Il quesito di fondo posto alla Corte è, appunto, se la
previsione di tariffe d’estimo (2) , che costituiscono un
fattore per il calcolo della rendita catastale, fondate sul
criterio del valore dell’immobile anziché sulla sua redditi-
vità sia conforme a Costituzione e, in particolare, all’art. 53
Cost. che esprime il principio della capacità contributiva.
Anche se è vero, come recentemente affermato dal giu-
dice costituzionale, che “non è prospettabile una lesione
[dell’art. 53 Cost., ndr.] in relazione alla determinazione
della rendita catastale (che non costituisce né un’imposta,
né un presupposto d’imposta)” (3), non si può prescindere
dal fatto che la rendita catastale rappresenta il valore f‌i-
scale utilizzato per determinare il valore dell’immobile ai
f‌ini IRPEF, IMIU e di altre imposte (tra cui quella cata-
stale).
2. Ora, non va dimenticato che il principio della capaci-
tà contributiva ex art. 53 Cost., oltre ad avere una funzione
solidaristica di riparto dei tributi tra i consolidati in base
alla propria ricchezza, ha una funzione di garanzia (4) .
Presenta forti dubbi di costituzionalità una norma
istitutiva di un tributo che colpisca indistintamente il pa-
trimonio produttivo, e non il bene prodotto, ovvero la ric-
chezza nuova, determinando un progressivo e surrettizio
spostamento di ricchezza dal singolo alla collettività (5) .
Il ragionamento potrebbe attagliarsi alle imposte cal-
colate sulla base della rendita catastale, in quanto hanno
ad oggetto non l’effettiva ricchezza ottenuta dal soggetto,
ma la astratta e potenziale ricchezza del bene di produrre
un reddito.
Più in generale, la Corte costituzionale ha stabilito
che, ai f‌ini della osservanza dell’art. 53 Cost., “è suff‌iciente
sottolineare che la capacità contributiva, quale idoneità
alla obbligazione di imposta, desumibile dal presupposto
economico al quale l’imposta è collegata, può essere rica-
vata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore
di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore,
salvo il controllo di costituzionalità, sotto il prof‌ilo della
palese arbitrarietà e manifesta irragionevolezza” (6).
Il principio di diritto in parola è stato enunciato per
la prima volta nella nota sentenza n. 165 del 1965, signif‌i-
cativa più in generale per la lettura che la Corte ha dato
del principio della capacità contributiva e della funzione
dell’imposta (7) , ed ha trovato coerente sviluppo nella
giurisprudenza successiva (8) .
In particolare, con riguardo alla determinazione della
rendita catastale, resta fermo sostanzialmente quanto
statuito dalla sentenza n. 263 del 1994 (9) .
Secondo il giudice costituzionale, non viola di per sé
gli artt. 3 e 35 Cost. (recte il principio di progressività e il
principio della capacità contributiva) la tassazione delle
rendite immobiliari fondata su un’ipotesi di fruttuosità di
un immobile, determinata con criteri di tipo patrimoniale.
“Al riguardo va, in primo luogo, rilevato che il riferimento
al principio di progressività appare inconferente, giacché
tale principio si riferisce, come la giurisprudenza costitu-
zionale ha avuto occasione di precisare, al sistema tributa-
rio nel suo complesso e non ai singoli tributi, dal momento
che il principio stesso, se inteso come crescita dell’ali-
quota correlata con l’ammontare del reddito non può che
aver riguardo al rapporto diretto fra imposizione e reddito
personale complessivo del contribuente (sentenza n. 159
del 1985). Quanto agli altri prof‌ili dedotti, la Corte osserva
come, nella specie, il legislatore, con la norma denunciata,
rimane nell’ottica tipica del catasto, sistema che già a suo
tempo ha superato positivamente il vaglio di costituziona-
lità (sentenza n. 16 del 1965) e la cui f‌inalità è quella di
f‌issare in valori obiettivi, rappresentati dalla c.d. rendita
catastale, l’attitudine del bene a produrre reddito”.
Tuttavia, sempre nella sentenza n. 263 del 1994, la
Corte ha precisato che i “criteri di determinazione delle
tariffe di estimo e delle rendite catastali, ove non ispirati
a principi di ragionevolezza, potrebbero, benché le tariffe
e le rendite non siano di per sé atti di imposizione tributa-
ria, porre le premesse per l’incostituzionalità delle singole
imposte che su di essi si fondino”.
3. I principi enunciati nella sentenza appena richiama-
ta sono stati ribaditi nella giurisprudenza successiva.
Nel giudizio risolto con la sentenza 5 febbraio 1996, n.
21 (10), la Corte ha dichiarato non fondata la questione
di costituzionalità volta a denunciare la mancanza, nel-
la situazione presa in considerazione dal legislatore, di
elementi espressivi di una effettiva idoneità del soggetto
all’obbligazione di imposta, anche sotto il prof‌ilo del
principio di progressività. Per il giudice costituzionale

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