Una regola per i paglietta. L'esercizio della professione forense durante il fascismo

AutoreStefano Vinci
Pagine525-546
SO M M A R I O : 1. I tentativi di disciplina della professione forense durante il fasci-
smo. – 2. Alla ricerca della deontologia: la rinascita dei Galatei. – 3. Troppe
parole per troppi avvocati: l’eloquenza sincopata.
1. Con l’avvento del fascismo, le c.d. “libere professioni” furono og-
getto di numerose riforme poste in essere dal legislatore nell’ottica di
sottoporle ad un maggiore controllo statuale1: tra il 1926 e il 1933 si
assistette infatti - scrive Turi - ad «uno dei più cospicui tentativi di
disciplinamento sociale, di neutralizzazione politica e di inquadra-
mento istituzionale attivati (dal regime fascista) nell’area delle pro-
fessioni intellettuali»2.
In particolare, la funzione di mediazione politica degli avvocati dell’età
liberale3 si poneva in contrasto strutturale con l’autoritarismo del regime
1 Sull’argomento cfr. Libere professioni e fascismo [cur. G. TU R I ], Milano, 1994; AA.VV., I
professionisti [cur. M. MA L A T E S TA ], Storia d’Italia, X, Torino, 1996; F. TA C C H I , Gli avvocati ita-
liani dall’unità alla Repubblica, Bologna, 2002; A. VAR N I , Storia delle professioni in Italia tra
Ottocento e Nove cento, Bologna, 2002; AA.VV., Un progetto di ricerca sulla storia dell’avvoca-
tura [cur. G. AL P A – R. DA N O V I ], Bologna, 2003; M. SO R E S I N A , Professioni e liberi professionisti
in Italia dall’Unità alla Repubblica, Firenze, 2003; A. ME N I C O N I , La “maschia avvocatura”.
Istituzioni e professione forense in epoca fascista (1922-1943), Bologna, 2006.
2 G. TU R I , Fascismo e cultura ieri e oggi, in Il regime fascista [cur. A. DE L BO C A , M. LE G N A N I
E M. G. ROS S I ], Roma-Bari, 1995, 544.
3 La professione forense si concretizzò, per un lungo periodo dopo l’unità d’Italia, come opera di
mediazione tra lo stato nuovo e la società. A. MA Z Z A C A N E , A jurist for united Italy: the training and
culture of Neapolitan lawyers in the nineteenth century, in Society and the professions in Italy, 1860-
1914 [cur. M. MAL A T E S TA       -
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l’essenza stessa della professione forense in quegli anni. A. GRA M S C I , Quaderni dal carcere [cur. V.
GE R R AT A N A ], Torino, 1975, III, 1520, descrive gli avvocati come il trait d’union tra le masse contadine
e l’amministrazione pubblica, statale o locale, al quale competeva «una grande funzione politico sociale,
STEFANO VINCI
UNA REGOLA PER I PAGLIETTA.
L’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE
FORENSE DURANTE IL FASCISMO
526 Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto — Anno I – N. 2
fascista, che non poteva tollerare una rappresentanza – sia pur tecnica – di
interessi o di bisogni, che non fosse riconducibile allo Stato-partito4.
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ratori del 18745 ed in particolare istituire un organo centrale dell’av-
vocatura, limitare l’accesso agli albi6 ed attuare il controllo del go-
verno sull’Ordine Forense7. La legge n. 453 del 25.3.1926 previde
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infatti il traguardo dell’avvocato liberale, il cui presupposto era costituito dalla notorietà conquistata sul
campo professionale. Sull’argomento cfr. A. MAZ Z A C A N E – C. VA N O , Università e professioni giuridiche
in Europa nell’età liberale, Napoli, 1994; L. MUS E L L A , Individui, amici, clienti. Relazioni personali e
circuiti politici in Italia meridionale tra Otto e Novecento, Bologna, 1994; ID., Amici, parenti, clienti: i
professionisti nelle reti della politica, in I professionisti, cit.; S. MA G A G N O L I , Elites e Municipi. Dirigenze,
culture politiche e governo della città nell’Emilia del primo ‘900, Roma, 1999; S. ADO R N O , Professionisti,
famiglie e amministrazione in una periferia: Siracusa 1860-1930, in I professionisti, cit., 625-665;
Giuseppe Ceneri: l’avvocato, lo studioso, il politico [cur. A. VA R N I ], Bologna, 2002.
4 E. GE N T I L E , La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista, Roma,
2001, 165; ME N I C O N I , op. cit., 79. Il governo considerava gli avvocati «indomabili avversari», sia
per la resistenza effettiva di numerosi esponenti della classe forense, sia perché «unica tribuna,
pur limitata da divieti e rappresaglie rimaneva in regime fascista quella delle aule giudiziarie». M.
BE R L I N G U E R , La crisi della giustizia nel regime fascista, Roma, 1944, 14.
5 La legge n. 1938 dell’8 giugno 1874 fu la prima in materia di libere professioni, destinati ad una
lunga vigenza. È stata considerata come il tentativo dello Stato unitario di nazionalizzare gli Ordini
professionali, attraverso l’eliminazione dei particolarismi e l’uniformazione delle regole dei singoli
ordini locali. La legge infatti fu principalmente diretta a disciplinare la condotta degli avvocati nei
rapporti con l’Ordine, stabilendo le condizioni necessarie per essere ammessi ad esercitare la profes-
sione e le regole relative al funzionamento degli organi direttivi. Sull’argomento S. SA T T A , Avvocato
e procuratore, in Enc. Dir., IV, Milano, 1959, 649-659; G. ZA N A R D E L L I , L’avvocatura. Discorsi,
Milano, 1920; V. OL G I A T I , L’ordinamento professionale forense nel pensiero giuridico di Giuseppe
Zanardelli, in Giuseppe Zanardelli, Atti del convegno Brescia 29, 30 settembre 1983, Pavia 1 otto-
bre 1983 [cur. R. CHI A R I N I ], Milano, 1985, 361 ss; F. CA R R A R A , Il passato, il presente e l’avvenire
degli avvocati in Italia. I discorsi dell’avvocatura, Milano, 1998; C. CAVA G N A R I – E. CAL D A R A ,
Avvocati e procuratori [cur. G. AL P A ], Bologna, 2004.
6 L’art. 3 della legge 8 giugno 1874 prevedeva che «per assumere il titolo e per esercitare le
funzioni di avvocato o di procuratore, è necessaria la inscrizione nell’albo». Non vi erano limiti
all’iscrizione se non il possesso di una laurea in giurisprudenza, aver svolto due anni di pratica
presso uno studio legale ed aver sostenuto un esame teorico pratico davanti ad apposita
Commissione. Per l’esercizio della professione occorreva essere iscritto almeno nell’albo di un
Tribunale e in quello di una Corte di Cassazione. CAV A G N A R I – CA L D A R A , op. cit., p. 162 ss.
Durante il fascismo la questione dell’accesso agli albi fu molto dibattuta. Nonostante i Consigli
dell’Ordine riuniti nei congressi forensi si fossero nettamente schierati per la chiusura degli albi,
nel novembre del 1925 la Commissione (composta dai deputati Carnazza, Biagi, De Cicco,
Colucci, Rotigliano, Maccotta, Sarrocchi, Canelli e Morelli) che esaminò il progetto di riforma
predisposto dal Ministro della Giustizia Alfredo Rocco (con la previsione dell’albo limitato) prese
posizione per il mantenimento della situazione preesistente (albi aperti) seppur temperata da mag-
giore severità e rigore. La Commissione motivò il suo avviso con il fatto che nel frattempo, grazie
alle riforme degli esami il numero dei candidati era diminuito. Archivio Storico Camera Deputati,
Fascicoli dei progetti di legge 
Cfr. N. BE RT I N I , Il ministero della Giustizia e degli affari dei culto tra la crisi dello Stato liberale
e la stabilizzazione del regime fascista (1919-1932), in Le Carte e la Storia, 1, 2005, 171 ss.
7 Nel novembre del 1925 il Ministro della Giustizia Alfredo Rocco, nell’esporre alla Camera
dei deputati le linee guida del disegno di legge sulla riforma dell’ordinamento delle professioni
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di superamento della democrazia liberale, il meno atto alla costruzione dello Stato autoritario. Atti
parlamentari Camera Deputati, Leg. XXVII, I sess., tornata del 21 novembre 1925, 4523.

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