Sul regime concorsuale dei finanziamenti soci
Autore | Marco Maugeri |
Pagine | 1273-1301 |
Marco Maugeri
Sul regime concorsuale dei nanziamenti soci
S: 1. Premessa. – 2. Subordinazione automatica del prestito e limitazione di responsabilità del
socio nella nuova disciplina tedesca dei Gesellschafterdarlehen. – 3. Concetto di «nanziamento» e
stato di crisi come suo presupposto. – 4. L’ammissione al passivo. – 5. I diritti “amministrativi” dei soci
creditori postergati nelle soluzioni concordate del dissesto. – 6. (Segue): i diritti “patrimoniali”. – 7.
Postergazione del nanziamento soci e accordi di ristrutturazione.– 8. Postergazione e prededuzione:
i nanziamenti soci nel risanamento dell’impresa.
1.L’esigenza di individuare il fondamento sistematico di una disciplina, cioè il
giudizio di valore e la composizione di interessi a essa sottostante, si mostra rilevante al
ne di orientare l’interprete nell’inquadramento della fattispecie. Una tale ricerca con-
sente, infatti, di ricondurre nell’alveo di quella disciplina casi da essa apparentemente
non regolati come pure, e specularmente, di espungere dal suo ambito di applicazione
situazioni e vicende a prima vista ricomprese nella struttura dell’enunciato normativo.
Siatta esigenza metodologica – e quindi il ricorso al mezzo dell’analogia o, rispet-
tivamente, a quello della riduzione teleologica della fattispecie come tecniche tra loro
complementari di realizzazione della “completezza” dell’ordinamento giuridico – si pre-
senta in tutta la sua delicatezza proprio con riguardo alla materia dei nanziamenti soci
a società sottocapitalizzate. E, in vero, la preventiva denizione dello scopo e della fun-
zione delle regole cristallizzate negli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. appare idonea a
consentire di sciogliere interrogativi concernenti non solo la tipologia di soggetti e di
operazioni cui quelle regole sono destinate a trovare applicazione ma anche la esatta si-
stemazione della posizione giuridica del nanziatore “postergato” nella procedura di in-
solvenza che sia stata aperta sul patrimonio sociale.
Orbene, al ne di rintracciare il fondamento della disciplina in esame occorre
sottolineare come il sopraggiungere di una situazione di crisi dell’impresa organizzata
in forma societaria nisca con l’instaurare tra creditori e soci, in ragione della probabi-
lità di non riuscire a conseguire il rimborso del credito e, rispettivamente, del conferi-
mento, una vera e propria comunione di rischio all’interno della quale però le decisioni
vengono assunte da una “classe” soltanto di partecipanti, appunto i soci. Questi sono
in principio portatori di un interesse divergente dalle aspettative del ceto creditorio in
quanto, dinanzi all’imminente insolvenza, saranno inclini non solo a nanziare l’eser-
cizio dell’attività di impresa a titolo di credito ma altresì a inuire sulle scelte gestorie
degli amministatori per indurli a compiere aari fortemente aleatorî, nella consapevo-
lezza che, ove quegli aari dovessero sortire esito positivo, essi ne sarebbero i principali
beneciarî (perché titolari della pretesa residuale sul patrimonio sociale e quindi desti-
natari di ogni suo, anche insperato, incremento), laddove l’eventuale insuccesso delle
operazioni intraprese, e la conseguente apertura di una procedura di insolvenza, li ve-
drebbe comunque legittimati a partecipare al concorso in ragione della posizione credi-
toria assunta con l’erogazione del nanziamento. Alla comunione di rischio non corri-
1274Studi in onore di Umberto Belviso
sponde pertanto una comunione di interessi1 né, conseguentemente, la possibilità per i
creditori sociali di concorrere all’assunzione della decisione di fondo concernente la
prosecuzione dell’attività o la sua interruzione, o comunque riorganizzazione su diverse
basi nanziarie e gestorie.
L’art. 2467 c.c., nel comminare la postergazione del prestito del socio e allinearne,
sia pure transitoriamente2, il trattamento giuridico al prolo economico di rischio che
qualica il conferimento, tende a realizzare uno scopo non distante da quello perseguito,
sia pure nella ovvia diversità di presupposti e di perimetro applicativo, dal divieto statu-
ito dall’art. 2265 c.c., a neutralizzare cioè il conitto d’interessi che sorgerebbe all’inter-
no di una collettività organizzata qualora il titolare del potere di formulare scelte idonee
a riverberarsi sulla sfera giuridica e patrimoniale di altri soggetti non ne subisse con pie-
nezza di eetti le conseguenze3.
1 Dubbio è peraltro, già sul piano dommatico, in quale misura una comunione di rischi possa fondare l’esi-
stenza di una comunione di interessi: in senso aermativo, ritenendo dunque che la schlichte Interessengemein-
schaft,cioè la comunione di interessi “semplice” o “accidentale” in quanto non sorretta da una comunione di
scopo (e v., su tali denizioni, A, Interesse sociale e interesse comune nel voto, in Riv. trim dir. proc. civ.,
1951, 1146), possa radicarsi in una Gefahrengemeinschaft (ossia nel dato della esposizione di una pluralità di
soggetti al medesimo rischio di perdita di un determinato bene, diritto o valore), e formulando poi come
esempio caratteristico di siattaconnessione proprio l’apertura del concorso sul patrimonio del debitore insol-
vente, W, eorie der schlichten Interessengemeinschaften, Stuttgart, 1934, 16 e 63 ss.; analogamente
G.H, Der Grundsatz der gleichmäßigen Behandlung im Privatrecht, München, 1958, 138 (ove la qualica-
zione del ceto creditorio nella procedura di insolvenza come Verlustgemeinschaft); e, nella nostra dottrina, M.
R, Contributo allo studio della par condicio creditorum, in Riv. dir. civ., 1984, I, 392 s., testo e nt. 102.
Ciò non esclude, naturalmente, che anche tra soci e creditori possa instaurarsi un interesse comune alla gestio-
ne in equilibrio dell’impresa: come è a dirsi nell’ipotesi di emissione di strumenti nanziari (o titoli di debito)
“partecipanti” alle perdite di esercizio (e v. lo spunto in F, Schuldrechtliches Beteiligungskapital, in
Festschrift für Schmidt, Köln, 2009, 407 ad avviso del quale, ove il capitale di credito prenda quella forma
“partecipativa”, si instaurerebbe tra i suoi portatori e i soci una sorta di societas periculi caratterezzata dalla co-
munione del rischio e quindi, in periodi di crisi, da una «certa convergenza di interessi»).
2La riqualicazione del nanziamento in una pretesa postergata non opera infatti in via denitiva, non
“trasforma” cioè il rapporto giuridico sottostante in un rapporto sociale. Essa impedisce piuttosto il rimbor-
so delle somme lungo tutta la durata della crisi societaria, rendendo inesigibile il credito del socio no a che
quella situazione di crisi, secondo la valutazione degli amministratori, non sia stata composta e le risorse
approntate dal socio non si rendano pertanto più necessarie al ne di assicurare e garantire la capacità della
società di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni: e v. A, Finanziamenti anomali infragruppo
e successiva rinegoziazione: tra postergazione legale e privilegio convenzionale (due pareri pro veritate), in RDS,
2009, I, 732 s.; e già M A, Prestiti postergati e liquidazione coatta amministrativa, in Banca,
borsa, tit. cred., 1983, I, 23 («la postergazione si traduce in una posposizione nell’ordine di soddisfacimento,
ma lascia in ogni caso sussistere il credito nella sua interezza»).
3 Cfr., per tutti, S, Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Padova, 1959, 139 (ove il ri-
lievo in forza del quale, se un singolo socio «non partecipasse al rischio inerente al funzionamento della
società ma partecipasse soltanto al risultato utile di essa non porterebbe, nella formazione della volontà so-
ciale, il medesimo interesse degli altri soci; sarebbe in un permanente conitto di interessi rispetto a coloro
che possono sia perdere sia guadagnare»); e A, Il divieto del patto leonino. Vicende storiche e prospettive
applicative, Milano, 1994, 40 s. Nel vigore del cod. comm. (e del cod. civ. del 1865) ricollegava il divieto di
patto leonino alla «comunione di rischi» sottesa al contratto sociale, tra gli altri, R, Associazione in parte-
cipazione e società irregolare, Milano, 1938, 53. Per una recente conferma giurisprudenziale v. Trib. Cagliari,
3 aprile 2008, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, II, 746 ss. con nota di R.S, Partecipazioni in s.r.l. a
scopo di nanziamento e divieto del patto leonino.
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