Diritto e Intelligenza artificiale. Alcune reflesioni nell'ambito del paradigma argomentativo

AutoreSalvatore Stefanelli
Pagine7-22

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@1. Introduzione

Fra gli eventi più controversi sorti lungo il progresso umano è da annoverare senz'altro il progetto di verificare e quindi riprodurre l'intelligenza umana mediante automi e macchine» Questo tentativo oggi lo si può considerare come un tassello del più vasto disegno che fa capo alla biotecnologia1. Già nel 1905 il fisico E. Mach rilevava l'esistenza di una inclinazione naturale che ci spinge a imitare, a riprodurre ciò che abbiamo compreso. La precisione nella riproduzione rispecchia poi la misura della nostra comprensione2. Queste osservazioni di Mach trovano conferma e sviluppo in quello che è il programma dell'intelligenza artificiale (IA): «Gli obiettivi dell'IA sono quelli di imitare per mezzo di macchine, normalmente elet-Page 8troniche, quanto più possibile dell'attività mentale umana, e forse anche di andare oltre le capacità umane sotto questo aspetto»3.

Questo progetto, comunque, ha origini lontane; infatti, «l'idea di delegare, ad una entità-artefatto compiti intelligenti non nasce con Pinvenzione dei moderni calcolatori, il primo progetto di intelligenza svincolata dal biologico consiste in una macchina combinatoria ideata nel mondo arabo [medievale]»4.

Tale meccanismo, denominato zairja, utilizzava le ventotto lettere dell'alfabeto arabo per rappresentare altrettante categorie della filosofia araba. Mediante la combinazione dei valori numerici assegnati alle categorie si potevano ottenere altre categorie e altri concetti.

Nell'altra metà del mondo medievale, Raimondo Lullo recepì e sviluppò l'idea, esposta nell'Ars Magna, di poter racchiudere in uno schema concettuale tutte le potenzialità dell'intelletto, se non della realtà stessa. Nell'ambito degli automi logici la prima concreta realizzazione sarà la machine à calculer di Pascal. Anche Leibniz inventò una macchina calcolatrice, ma al filosofo tedesco, definito da G. Kalinowski un logicien déontìque avant la lettre, si debbono fondamentali e sorprendenti anticipazioni nelle discipline vicine all'informatica giuridica. Leibniz, concepì il diritto come una scienza esatta, capace di svolgersi secondo procedimenti sistematici, logici e dimostrativi provvisti di un rigore prettamente matematico; nella Ratio corporis juris reconcinnandi, prospettò che l'intero diritto vigente in una nazione s: possa ridurre «in un solo foglio» di regole generali attraverso la cui combinazione possano essere risolti tutti i casi proponibili. Alla luce delle più recenti tecniche informatiche ci si può chiedere: che sarà mai il «solo foglio» di Leibniz? Non è altro che una sorta di «cervello elettronico» del diritto ante litteram, una applicazione di ars combinatoria che precorre quella che sarà l'ipotesi di Sistema di Simboli Fisici di Newell e Simon che è alla base della teoria computazionale dell'intelligenza5.

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Oggi i modelli artificiali della mente umana sono sempre più sofisticati, in particolare, le ricerche dell'intelligenza artificiale vanno oltre la sfera del calcolo e prendono in considerazione alcune proprietà tipicamente umane come il linguaggio naturale,

I numerosi tentativi di analogia fra la natura degli stati mentali e il computer si rifanno a modelli tra i più svariati come la «concezione computazionale della mente», il «funzionalismo delle macchine di Turing», il «connessionismo con le reti neuroniche», il «fuzzy-pensiero».

Tuttavia, resta aperto il dibattito sulla questione fondamentale dell'esistenza di una intelligenza (e quindi della possibilità di una coscienza) nel computer6.

Ai fini del presente scritto ci interessa in modo particolare fare il punto su alcuni aspetti della ricerca interdisciplinare fra intelligenza artificiale e diritto, e mostrare come sia possibile sviluppare modelli della conoscenza e dei ragionamento giuridico non solo rigorosamente formali, ma anche più vicini agli schemi linguistici e alle tecniche argomentative tipiche del discorso giuridico. Il confronto con l'intelligenza artificiale non è, oggi, solo un'opportunità, ma anche, probabilmente, una necessità per la teoria e la filosofia del diritto. Il confronto tra la filosofia del diritto e le proposte dell'intelligenza artificiale può portare alla elaborazione di modi e modelli del linguaggio e del ragionamento giuridici tali da comportare non solo una migliore comprensione del fenomeno giuridico, ma, anche, da un punto diPage 10 vista metodologico, tali da contribuire a rendere la stessa filosofia del diritto più attenta alla dimensione argomentativa dell'esperienza del pensiero nel diritto.

@2. Scienza giuridica e intelligenza artificiale

I tentativi di simulare i procedimenti del ragionamento giuridico mediante l'intelligenza artificiale hanno alle loro spalle una lunga e interessante storia. Fino ad ora, tuttavia, questi tentativi hanno portato a simulazioni molto approssimative; i procedimenti del ragionamento giuridico sono stati utilizzati in modo non corretto. Questa incapacità nel conseguire le caratteristiche di ricchezza e complessità inerenti al diritto e al ragionamento giuridico in parte scaturisce dal fatto di aver adottato modelli teorici superati per impostare i sistemi informatico-giuridici intelligenti. Con la recente adozione, da parte dei ricercatori, di teorie più adeguate al diritto e al ragionamento giuridico ci si avvicina alla realizzazione di sistemi automatizzati estremamente utili per il ragionamento giuridico.

Ogni sistema informatico-giuridico intelligente necessariamente da corpo ad una teoria del diritto e ad una teoria del ragionamento giuridico, Gran parte dei sistemi sono stati impostati in base a due dei modelli sviluppati dalla filosofia e dalla teoria del diritto: positivismo «formalista» (modello normativistico) e positivismo «realista» (modello decisionistico).

La maggior parte delle applicazioni di IA adotta un modello normativistico. La base di conoscenza giuridica è rappresentata in questi sistemi da regole del tipo «se A allora B», dove A è la fattispecie e B l'effetto giuridico7, Tale rappresentazione della conoscenza giuridica implica un modello positivista formalista, cioè un modello che individua il diritto come un insieme di norme: tra i suoi elementi problematici, il più discusso, è il problema della struttura aperta (open texture), un concetto questo che fu proposto da Hart8. Da questo autore riprendiamo il più che conosciuto esempio della norma che stabilisce: «Vietato l'ingresso di veicoli nel parco». Come possiamo stabilire quali siano i veicoli ai quali è rivolto il divieto statuito dalla norma? Le biciclette sono comprese nel divieto? Cosa fare in caso diPage 11 un'autoambulanza che accorre per un'emergenza? Fornire una norma dettagliata circa i tipi di veicoli non risolverebbe il problema, Ci sarà sempre un giorno in cui un veicolo, non elencato nella norma, si presenterà al cancello del parco. Questo è un esempio di come le forme più estreme di positivismo non siano in grado di cogliere a pieno ciò che appartiene all'esperienza del diritto.

Nei sistemi informatico-giuridici intelligenti l'alternativa ai sistemi basati su regole è rappresentata dai modelli «decisionistici» (case-based ressaning) che, dal punto di vista teorico-giuridico, trovano fondamento nel realismo giuridico statunitense9. Tale teoria del diritto, più che le norme, considera l'esperienza contenuta e ricavabile dai precedenti (case law). Con le parole di O.W. Holmes si può dire che il diritto non ha nulla di logico, perché è basato sull'esperienza giuridica. Comunque, anche tali sistemi falliscono nel cogliere la pluridimensionalità del diritto e del ragionamento giuridico. Le versioni più estreme del realismo giuridico americano, come nel caso di J. Frank10, escludono l'applicazione di qualsiasi procedimento deduttivo nel diritto. La decisione, in buona sostanza, è un evento che sfugge alla libera determinazione del soggetto ed è invece determinato da processi sui quali la volontà umana ha ben poca presa.

Quindi, né l'uno né l'altro dei sistemi suddetti sono sufficienti a rappresentare la conoscenza giuridica.

@3. Il paradigma argomentativo del diritto

La summa divisio fra sistemi basati sulle regole e sistemi basati sul ragionamento casistico è il riflesso, oggi, nel campo dell'intelligenza artificiale, dell'aspra contesa svoltasi, nel secolo scorso, tra i rappresentanti della dottrina giuridica. Il dibattito tra positivismo formalista e realismo giuridico si è dimostrato sterile. Come indicato da R. Wasserstrom, è basilare nel diritto la giustificazione delle decisioni giuridiche11.

Il dibattito tra formalisti e realisti può essere inquadrato come un dibattito su ciò che è sufficiente per una giustificazione delle decisioni giuridiche: infatti, i primi ritengono le norme una base sufficiente per le deci-Page 12sioni, mentre i secondi ritengono essenziale la molteplicità delle esperienze umane, come richiesto dal trattamento individuale di casi.

Nessuno dei due approcci, comunque, indica sufficientemente come le norme giustifichino le decisioni o, al contrario, quali elementi sono coinvolti nel trattamento individuale di casi. Né il positivismo formalista né il realismo giuridico sono in grado di spiegare esaustivamente come le decisioni giuridiche vengano giustificate.

Dopo aver seguito, prima, l'ascesa e subito dopo, la crisi delle ideologie filosofiche di stampo positivistico12, la scienza giuridica oggi tenta di superare la dicotomia positivismo/realismo e fecalizza, invece, l'attenzione sul diritto come discorso, sul diritto inteso come un procedimento argomentativo tra partecipanti al discorso. Il paradigma argomentativo del diritto è, allo stesso tempo, antico e moderno. In realtà già con Aristotele il ragionamento era un procedimento discorsivo in un certo qual modo formalizzabile. Nell'ambito della ricerca logico-filosofica del XX secolo riprende vigore la teoria dell'argomentazione con le opere di St. Toulmin13, ed in modo particolare con la c.d. «nuova retorica» di Ch. Perelman...

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