La riforma della disciplina sul reclutamento dei professori universitari

AutoreGiuseppe Conte
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Quale autore sono, evidentemente, il solo responsabile delle opinioni espresse in que- ste pagine; avverto però l’obbligo di rivolgere un sentito ringraziamento ai numerosi amici e colleghi, in particolare, della Facoltà di giurisprudenza dell’università di Firenze e dell’Associazione dei civilisti italiani, che mi hanno offerto preziosi suggerimenti e hanno partecipato al fervido scambio di valutazioni innescato dalla lettura di una prima versione dello scritto.

@1. Premessa

La modifica delle regole sul reclutamento del personale accademico, a dispetto del tasso tecnico che esse presentano, è uno di quegli aspetti della complessiva riforma del sistema universitario, attualmente in discussione presso le Aule parlamentari, che più sollecita l’attenzione della pubblica opinione.

In verità, l’interesse del più vasto pubblico si conserva perlopiù a un livello superficiale. È un interesse che viene periodicamente stimolato dai vari episodi di malpractice nell’applicazione delle regole concorsuali stigmatizzati sugli organi di stampa e che sovente si lascia suggestionare dal diffuso richiamo a formule stereotipe che — soffiate da un circuito mediatico che finisce per non lasciare indifferenti neppure le forze politiche rappresentate in Parlamento — sventolano come pennacchi sui venti di riforma e si compendiano in espressioni del tipo «rinnovamento», «largo ai giovani», a tacer d’altre ellissi. una prima precisazione. Quando si ragiona sulle regole più efficaci di selezione del personale accademico, conviene non indulgere nelle suggestioni del momento e non concedere nulla alle istanze mediatiche, perché queste possono rivelarsi davvero fuorvianti in una materia così tecnica e delicata. un esempio aiuterà ad essere più chiari. Il fatto che in un concorso universitario si riesca a prognosticare i nominativi dei candidati pro* Quale autore sono, evidentemente, il solo responsabile delle opinioni espresse in queste pagine; avverto però l’obbligo di rivolgere un sentito ringraziamento ai numerosi amici e colleghi, in particolare, della Facoltà di giurisprudenza dell’università di Firenze e dell’Associazione dei civilisti italiani, che mi hanno offerto preziosi suggerimenti e hanno partecipato al fervido scambio di valutazioni innescato dalla lettura di una prima versione dello scritto.

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fessori che risulteranno poi vincitori, non può essere assunto a sicuro indice di brogli o trucchi concorsuali.

Quando il filtro selettivo è affidato a un concorso che si basa su titoli piuttosto che su esami, è evidente che l’elemento di aleatorietà connesso alla selezione dei candidati finisce per ridursi sensibilmente perché si tratta di valutare i titoli e le pubblicazioni di candidati che hanno un profilo curriculare già noto in seno alla comunità scientifica.

A dispetto delle esecrazioni giornalistiche, una previsione indovinata non sempre è un fatto negativo. Anzi. se un candidato è riconosciuto particolarmente meritevole dalla comunità scientifica, è evidente che la selezione concorsuale che lo premi non ha in sé nulla di scandaloso. Lo scandalo sorge quando le previsioni di vittoria traggono fondamento non dalla meritevolezza curriculare, ma da altri indebiti elementi.

Altra precisazione preliminare. se si disaminano con più attenzione quei sistemi universitari che sembrano offrire maggiori garanzie di improntare la selezione del personale docente alla qualità e al merito delle scelte, si finisce per constatare come non esistono regole di per se stesse più efficaci di altre. Anche regole molto diverse tra di loro possono rivelarsi egualmente efficaci. Questa constatazione induce a ritenere che non conducono lontano quei tentativi di valutare in termini astratti la bontà delle regole sul reclutamento del personale docente universitario, senza tener conto del più ampio contesto — culturale, sociale, economico — in cui esse vengono applicate.

Non è assolutamente secondario, ad esempio, il fatto che le regole concorsuali siano applicate nel contesto di un sistema universitario caratterizzato da una accentuata competizione interna e internazionale, che l’ordinamento di riferimento contempli o no il valore legale del titolo di studio, come pure non appare preteribile la circostanza che le fonti economiche di sostentamento degli atenei siano di provenienza prevalentemente statale o privata e così via.

Nel difetto di queste considerazioni di sistema, anche le soluzioni che vengono giudicate in astratto più brillanti e sofisticate rischiano di rivelarsi poco efficaci al fine di garantire una rigorosa selezione.

Consapevole di queste preliminari notazioni, piuttosto che tentare di infarcire le considerazioni che seguono con acute intuizioni e dotti suggerimenti, proverò ad affidarle al buon senso, da intendere non come senso comune, ma — secondo il suggerimento di d’Holbach — come «quella parte della capacità di giudizio che è sufficiente per

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conoscere le verità più semplici, per rifiutare le assurdità più manifeste, per rimanere colpiti da contraddizioni evidenti».1

@2. Anticipare l’età pensionabile? Meglio puntare a procedure rigorose per selezionare anche la “permanenza” in ruolo dei docenti

Prima di entrare nel vivo del dibattito sulle regole e sulle procedure di reclutamento del personale universitario docente, conviene dedicare qualche riflessione al problema dell’anticipazione dell’età pensionabile, sul quale sembra essersi concentrata, da ultimo, l’attenzione di vari opinionisti ed esponenti politici. una seria politica universitaria non procede per logiche di “rottamazione”, ma deve procedere nel segno di una costante selezione della qualità e dei meriti del personale docente.

La grave deficienza accumulata dal sistema universitario italiano nel corso degli anni non coinvolge soltanto la scarsa efficacia dei criteri di selezione in ingresso, quanto soprattutto l’assoluta carenza di criteri utili a selezionare la “permanenza” in servizio del personale docente.

Il professore universitario è posto a presidio di due funzioni assolutamente strategiche per il progresso e la crescita culturale, sociale ed economica di una società: l’elaborazione e l’aggiornamento della ricerca scientifica e la trasmissione delle conoscenze alle nuove generazioni. se ci collochiamo nella giusta prospettiva che scaturisce dall’apprezzamento di queste due funzioni, è facile convincersi che l’obiettivo prioritario non può essere quello di assicurare un ricambio generazionale sempre più rapido, sempre più stringente, bensì di realizzare le condizioni per perseguire un’adeguata selezione delle migliori forze intellettuali, non solo affidandosi a rigorosi filtri di ingresso, ma anche introducendo meccanismi di verifica e di controllo costanti nel tempo, al fine di vagliare rigorosamente l’impegno didattico e scientifico e la qualità dei risultati di ricerca raggiunti da parte di coloro che pure hanno superato un concorso iniziale.

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Il ruolo del professore universitario non deve essere assorbito dalla logica pervasiva del “posto fisso”. Esso è un ruolo che richiede senz’altro “stabilità”, che però non deve...

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