Rapporti di impresa e responsabilità sociale
Autore | Adriana Addante |
Pagine | 229-253 |
229
rivista di diritto privato Saggi e pareri
2/2011
Rapporti di impresa e responsabilità sociale
di Adriana Addante
SOMMARIO: 1. Attività d’impresa e reazioni dell’ordinamento. – 2. Il fondamento
storico della nozione di responsabilità sociale dell’impresa. – 3. Condotte volontarie e
vincoli esterni. – 4. Criticità nell’incorporazione delle regole di responsabilità sociale.
– 5. Evoluzione dei criteri d’imputazione della responsabilità d’impresa. – 6. I prin-
cipi di precauzione e adeguatezza nella congurazione della responsabilità d’impresa.
– 7. Adozione di modelli organizzativi e correlate responsabilità. – 8. Prospettive
nell’applicazione dei canoni di responsabilità sociale.
1. Attività d’impresa e reazioni dell’ordinamento
Molteplici sono le chiavi di lettura che un tema ampio e trasversale, quale “la respon-
sabilità sociale d’impresa” (anche nota con l’acronimo anglo-americano CSR – Corporate
Social Responsibility) ore; la stessa denizione e potenziale portata nell’ambito dell’ordi-
namento giuridico sono tuttora incerte e pur tuttavia è incontestabile la sua crescente
rilevanza nella disciplina dei rapporti d’impresa a livello interno quanto transnazionale1.
I margini di permeabilità del nostro sistema giuridico rispetto alla nozione di
responsabilità sociale sono perlopiù inesplorati, essendo la contaminazione fra dirit-
to, etica ed economia talmente spiccata da modicare la prospettiva di indagine del
giurista, ed in particolare del civilista, tuttora spesso ancorato all’idea che la respon-
sabilità – nella sua accezione più generale – debba essere esclusivamente intesa qua-
le momento di imputazione di una condotta colposa o dolosa ovvero compensativo
rispetto alla produzione di un danno ingiusto2.
1 La letteratura a livello internazionale in materia è ormai sterminata, essendo molteplici branche del diritto
e dell’economia coinvolte nella riessione. Con stretto riguardo agli studi di diritto civile e commerciale nel
panorama interno, qui di precipuo interesse, meritano, ex multis, specica menzione, Libertini, Impresa e
nalità sociali. Riessioni sulla teoria della responsabilità sociale dell’impresa, in Riv. soc., 2009, 2; A.a. V.v.:, La
responsabilità dell’impresa, Milano, 2006; Conte G., Vincoli giuridici, principi economici e valori etici nello
svolgimento dell’attività d’impresa, in Studi in onore di Nicolò Lipari, 2008, 483; A.a. V.v., Conte G. (a cura
di), La responsabilità sociale dell’impresa, Bari, 2008; Mazzoni A., L’impresa tra diritto ed economia, in Riv.
soc., 2008, 649; Buonocore, Iniziativa economica e impresa nella giurisprudenza costituzionale, in Cin-
quant’anni della Corte Costituzionale nella Repubblica italiana, Napoli, ESI, 2006, 47; Sacconi, Guida critica
alla responsabilità sociale e al governo dell’impresa, Roma, Bancaria editrice, 2005; Buonocore, Etica degli af-
fari e impresa etica, Giur. Comm., 2004, 181. Per ulteriori indicazioni bibliograche, si rinvia infra, nonché
a Addante, Responsabilità sociale dell’impresa, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg. 2007, Torino, t. II, 1120.
2 La possibilità di esperire azioni di altra natura, quali quelle in primis volte ad ottenere una tutela inibitoria,
230
Saggi e pareri rivista di diritto privato
2/2011
Invero, già con riguardo a questo aspetto circoscritto, siatta logica – se applica-
ta all’imputazione dei danni conseguenti ad attività d’impresa – mostra la sua debo-
lezza, in quanto resta prevalentemente ancorata alla considerazione di una situazio-
ne giuridica compromessa che, solo laddove possibile, si tradurrà in termini di
reintegrazione in forma specica, ma più frequentemente si ridurrà alla liquidazione
di un risarcimento per equivalente3.
La tendenza emersa degli ultimi decenni all’incremento quantitativo delle ipote-
si di danno risarcibile, unitamente al mutamento di prospettiva originato da una
lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 c.c., ha signicato molto in ter-
mini di protezione di situazioni soggettive sempre più eterogenee, ma non sempre si
è rivelata idonea a colpire i comportamenti più indi perpetrati dall’impresa, ossia
quelli che non cagionano danni visibili ed immediati (patrimoniali o meno che sia-
no), ma nel lungo periodo, mediante condotte variamente sussumibili, ora nella
lesione dell’adamento, ora nella mancata o scorretta informazione, no all’abuso
di potere contrattuale ed alla esternalizzazione dei propri costi in danno all’ambien-
te ed alla collettività tutta4.
è come noto prevista in vari ambiti toccati dall’attività d’impresa – fra i quali spiccano quelli concorrenziali,
di tutela ambientale e del consumatore – ma è ancorata al vericarsi di specici presupposti che non ne
consentono un’applicazione di largo spettro, come invece sarebbe auspicabile. Solo per citare le ricostruzio-
ni più recenti nei tre settori menzionati, si veda: per il primo: Granieri, L’inibitoria e le misure cautelari nel
diritto della concorrenza tra enforcement pubblico e privato – Un confronto tra ordinamenti, in Riv. dir. comm.,
2008, I, 263; con riguardo all’ambiente, Salanitro, Tutela dell’ambiente e strumenti di diritto privato, in Rass.
dir. civ., 2009, 472; in ordine alla tutela del consumatore, Gabassi, L’inibitoria d’urgenza ex art. 140, 8º
comma, cod. cons.: quale diritto? Quale tutela? (Nota a T. Milano, 21 dicembre 2009); Tavormina, L’inibitoria
collettiva a tutela dei consumatori – Mercato, concorrenza e deterrence, in Contratto e impr., 2009, 972.
3 Con specico riguardo alla materia ambientale, si apprezza lo sforzo del legislatore interno, in applicazione
dei sempre più stringenti doveri imposti a livello europeo, nel senso della massima prevalenza del rimedio
del ripristino dello status quo ante rispetto ad altre misure di riparazione complementare e compensativa.
Sono in tal senso, le recenti modicazioni apportate alla norma cardine in materia di azione risarcitoria in
forma specica e per equivalente patrimoniale (art. 311, Dlgs. 152/06) mediante D.L. 25 settembre 2009,
n.135. (“Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della
Corte di giustizia delle Comunità europee”), convertito con la legge 20 novembre 2009, n. 166. È pur
tuttavia verosimile che, in sede applicativa, tale modica risulti alquanto sminuita dal perpetuarsi del ricor-
so ai criteri dell’impossibilità o eccessiva onerosità, ex art. 2058 c.c., che consentono di accedere alla secon-
da delle due forme di tutela. Per una ricostruzione del problema, si legga, Taddei, Il risarcimento del danno
ambientale, dopo l’art. 5 bis del D.L. n. 135/2009, in Amb. & Svil., 2, 2010, 122.
4 Sul fronte strettamente nanziario, vengono in mente categorie di danno, di natura patrimoniale, derivanti
dalla colposa omissione o distorsione di informazioni invece essenziali per una valida formazione del con-
senso e rispetto alle quali, oltre a conseguenze immediate di più semplice sanzionabilità (si pensi al recente
ampliamento delle responsabilità a carico degli intermediari nanziari), si pongono ipotesi più sfuggenti,
proprio perché riferite ad operazioni che per loro natura manifestano i propri eetti soltanto nel tempo
(prime fra tutte quelle in cd. prodotti derivati). Per una visione generale delle conseguenze a lungo termine
legate all’attività d’impresa, ex multis, Chauveau A., Rosè J.-J., L’entreprise responsable, cit., 205; Goodpaster
K. E., Business Ethics and Stakeholder Analysis, Business Ethics Quarterly, 1991, vol. 1, n. 1, 53; Hopkins M.,
Per continuare a leggere
RICHIEDI UNA PROVA