La disciplina nei rapporti di lavoro tra ieri ed oggi. Il lavoro nella Costituzione

AutoreGaetano Veneto
Pagine29-64
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C A P I T O L O
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LA DISCIPLINA
NEI RAPPORTI DI LAVORO
TRA IERI ED OGGI.
IL LAVORO
NELLA COSTITUZIONE
SOMMARIO:
1. Il lavoro umano e le sue regole. 2. La circolazione delle merci, i
primi processi di formazione del capitale. 2 a) Il mercantilismo e le premesse per
la rivoluzione industriale. 3. La rivoluzione industriale ed il primo lavoro di massa.
4. La rivoluzione industriale ed il diritto del lavoro (subordinato). Per una
relativizzazione storica. 5. Il cottimo, la locazione delle opere ed il lavoro subordi-
nato. 6. Il lavoro agli inizi del novecento: Il Consiglio Superiore del Lavoro, la
contrattazione e la legislazione. Dalla grande guerra al fascismo. 7. Il fascismo ed
il sistema corporativo: contrattazione e legislazione di “
regime”.
8. Significato e
rilevanza delle norme costituzionali: effettività e programmaticità. 9. La tutela del
lavoro in tutte le sue forme. 10. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
(CNEL). 11. Fonti di diritto del lavoro. Sistema comunitario, interno e degli enti
intermedi. Gli usi e la contrattazione collettiva.
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1. IL LAVORO UMANO E LE SUE REGOLE
Per ponderare il valore del lavoro nel suo senso economico, socia-
le, morale, occorre ricercare regole consuetudinarie, contrattuali e lega-
li, sulla base dei diversi criteri, al fine di comprendere il significato as-
sunto dal termine “lavoro” nel tempo.
Si potrebbe partire addirittura (con la chiave di lettura dei cristiani)
dall’antica maledizione biblica che configura il lavoro come punizione
conseguente alla violazione di regole divine: il peccatore Adamo infatti,
nel Vecchio Testamento, viene condannato a scendere sulla terra per
“lavorare”.
Ovvero, molto più laicamente e semplicemente, si potrebbe vedere
come il concetto di “lavoro” sia stato definito da storici, artisti, poeti e
letterati nel corso dei secoli e ricondotto all’interno di sistemi giuridici,
statali e non.
In tal senso si può affermare che, nelle varie epoche, il lavoro è
stato inteso come un mezzo, per lo più faticoso, per acquisirne altri di
sostentamento per la vita e la riproduzione della specie.
Infatti, la forma più antica di lavoro fu indubbiamente quella del con-
tadino che, scoperta la possibilità di alimentarsi con i prodotti della terra
e della natura, si impegnò a moltiplicare questa produzione, così da
sostentare sé ed il suo nucleo familiare e quindi a commerciare i prodot-
ti prima con il baratto e poi con la moneta.
Le altre forme più antiche di lavoro - insieme alla caccia - furono
quelle della trasformazione degli elementi della natura
(ferro, pietre)
per
creare mezzi di produzione tali da permettere l’intensificazione dell’atti-
vità agricola.
Anche l’arte della guerra è stato un modo, discutibile se si vuole, di
imbrigliare le energie dell’uomo in forza lavoro.
Nel nostro mondo occidentale e, in particolare, nei Paesi dell’Euro-
pa centrale e meridionale, in un percorso parallelo ma successivo di
alcuni secoli rispetto alle civiltà di altri continenti o di altre parti del con-
tinente europeo, vi sono state forme di lavoro umano che progressiva-
mente si sono aggiunte alla produzione primaria dell’uomo-coltivatore e
trasformatore dei prodotti e degli elementi della terra e della natura.
Si pensi al riguardo agli operai edili: lavoratori che costruiscono il
tetto dell’uomo, la casa per sé e, organizzandosi sempre meglio, anche
per altri.
Queste due forme di lavoro (agricolo ed edile) rappresentano il pri-
mo momento nella storia del lavoro umano: il diritto romano si interessa-
va infatti del lavoro degli operai edili e della terra qualificandolo come
operae servorum
anche se queste non avevano la dignità (semmai pos-
sa parlarsi di una graduatoria di “dignità”) propria delle
operae liberales
,
(opere espressione dell’ingegno).
Proseguendo per grandi tappe, si arriva fino all’alto-basso Medioe-
Il significato
del termine
“lavoro”
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vo durante il quale, in stretto intreccio con l’evoluzione dei modi di vivere
degli uomini e dell’organizzazione delle strutture sociali, si inizia a deli-
neare la grande distinzione tra
operae liberales
e forme di lavoro orga-
nizzato, che trovavano la loro espressione (di maggiore modernità) nel-
le corporazioni.
Con i primi processi di massificazione e di aggregazione urbana, si
cominciano ad attuare forme coordinate di lavoro: così, nelle botteghe
(è fin troppo noto il riferimento a Cimabue e Giotto ed alle grandi corpo-
razioni, per esempio, tessili, in Dante) compaiono i primi modelli di orga-
nizzazione e divisione del lavoro e le prime forme di sovraordinazione e
subordinazione. Ma sul tema si tornerà in seguito.
2. LA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI, I PRIMI PROCESSI
DI FORMAZIONE DI CAPITALE
La parola lavoro è sempre stata intesa come forma di impiego di
energie per vivere, scambiare prodotti e arricchirsi. Per lungo tempo
comunque, almeno fino al Medio Evo con la nascita delle corporazioni,
questa tematica non ha avuto una sua disciplina valida per la collettivi-
tà, trasposta in regole giuridiche, più o meno numerose.
Il lavoro delle corporazioni era infatti sottoposto a regole severe
anche di carattere etico-religioso ed escludeva l’interazione con altri
modelli produttivi liberi e concorrenziali, non ammettendo la possibilità
di circolazione di esperienze, uomini, mezzi o prodotti al di fuori della
corporazione, microcosmo completo ed esclusivo.
Tale sistema rappresentava il ritratto di una realtà che, dal basso
Medioevo, si trascinò, fino al 1791, anno in cui fu emanato un editto, che
prendeva il nome del suo presentatore le Chapèliér, in seguito abroga-
to. Le corporazioni comunque, già da un paio di secoli prima, si erano
ridotte a forme marginali e antistoriche di modelli produttivi, a fronte di
una ben più grande e incalzante svolta, che si concretizzò nella Rivolu-
zione industriale.
Questa, si presentò intorno al ’700, quando cominciarono a moltipli-
carsi modelli di produzione molto simili tra loro, cioè forme di lavoro
volte a produrre e trasformare prodotti in gran serie, con modelli ripetuti
e, quindi, in qualche misura regolabili.
2a) Il mercantilismo e le premesse per la rivoluzione industriale.
Terminate le esperienze delle grandi Repubbliche Marinare e quel-
la, tutta italiana, delle Signorie, a partire dalla fine del ’400, l’Europa fu
coinvolta in un grande processo di trasformazione essenziale sul piano
dello sviluppo di modelli politico-sociali di maggiori dimensioni rispetto
al passato.
Nascita e
declino del
mercantilismo

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