Rapporti giurisdizionali con autorità straniere

AutoreStefano Ambrogio
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In ambito internazionale è stata sempre molto sentita l’esigenza di creare, nell’ambito della lotta al crimine che ha assunto dimensioni mondiali, una sorta di spazio di libertà, di giustizia e di sicurezza che travalichi le frontiere dei singoli Stati, al fine di incentivare le forme di collaborazione transnazionale non solo di carattere economico o politico, ma anche giudiziario.

In tale ottica, si è dato vita all’Agenzia mondiale sulla droga, nonché a sempre più intensi collegamenti fra gli Stati per la repressione di determinati delitti: si pensi all’istituzione dell’Europol, all’istituzione dei tribunali internazionali, alla convenzione Ocse riguardante le condotte dei funzionari stranieri nel compimento delle operazioni economiche internazionali, all’istituzione della cd. Superprocura europea e alla recentissima normativa sul mandato di cattura europeo (vedi infra).

Va citato, altresì, il Trattato firmato il 29-10-2004 a Roma con il quale è stata adottata la Costituzione europea nella quale sono fissati i principi fondamentali dell’Unione europea e gli obiettivi da perseguire nei vari settori, tra i quali quello della cooperazione giudiziaria in materia penale. Il testo del Trattato costituzionale europeo unifica, in un documento organico, tutti i precedenti trattati tra gli Stati europei, ma per entrare in vigore dovrà essere ratificato dai 25 paesi membri dell’Unione: fino a quel momento, saranno efficaci i trattati adottati e ratificati.

Trattandosi di materia che incide sui rapporti internazionali vige il principio, implicitamente riconosciuto anche dall’art. 696 c.p.p. di prevalenza delle convenzioni internazionali sulla disciplina nazionale.

Nonostante le convenzioni internazionali non abbiano diretta efficacia nel nostro ordinamento, esse devono essere recepite mediante leggi di esecuzione e di ratifica le quali, ai sensi dell’art. 11 Cost., assumono, nella gerarchia delle fonti del diritto, un grado superiore alla legge ordinaria; invero, la norma stabilisce il principio per il quale l’Italia consente, a condizioni di parità con gli altri Stati, alle limita-

raPPortI GIurIsdIzIonalI con autorItà stranIere

concetti generali

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Prevalenza dei trattati

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Parte IX | rapporti giurisdizionali con autorità straniere in materia penale

zioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni.

L’art. 696 c.p.p ribadisce il principio di sussidiarietà delle disposizioni codicistiche rispetto a quelle internazionali sancite nei trattati: le norme del codice in materia di estradizioni, rogatorie, effetti delle sentenze penali straniere, esecuzione all’estero delle sentenze penali italiane si applicano solo quando mancano o non dispongono diversamente le norme di diritto internazionale.

l’estradizione

L’estradizione è quell’istituto codicistico che consente la consegna di una persona residente nel territorio di uno Stato, a un altro Stato che ne abbia fatto richiesta per sottoporre la persona ad un giudizio oppure per dare esecuzione a una pena detentiva o una misura cautelare.

Si distingue tra:
estradizione passiva ovvero per l’estero, quando lo Stato italiano riceve la richiesta e deve provvedere in ordine alla consegna dell’imputato ad un altro Stato;
estradizione attiva, quando lo Stato italiano formula la richiesta di consegna, essendo interessato a sottoporre l’imputato a un provvedimento restrittivo della libertà.

Entrambe le forme di estradizione sono regolate dal codice (artt. 697 c.p.p.) che sancisce il principio di specialità, secondo il quale l’efficacia del provvedimento di estradizione, sia esso deliberato (nell’estradizione passiva) oppure ottenuto (nell’estradizione attiva), è sempre limitata al titolo ivi indicato, non potendo essere esteso a fatti anteriori diversi, salvo diversa volontà dell’interessato.

Naturalmente, anche in materia di estradizione vale il principio generale della prevalenza delle convenzioni internazionali, che si sono succedute numerose al fine di risolvere ogni possibile questione tra gli Stati.

Tra le principali convenzioni ratificate dall’Italia si ricordano:
la Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13-12-1957 e ratificata con legge 3-1-1963, n. 300;
il Secondo Protocollo aggiuntivo alla convenzione europea di estradizione, adottato a Strasburgo il 17-3-1978 e ratificato con legge 18-10-1984, n. 755;
il trattato di estradizione tra il governo della Repubblica italiana ed il governo degli Stati Uniti d’America, firmato a Roma il 13-10-1983 e ratificato con legge 26-5-1984, n. 225;

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capitolo 32 | rapporti giurisdizionali con autorità straniere

- il protocollo aggiuntivo al trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e gli Stati Uniti d’America, firmato a Roma il 18-1-1973, firmato a Roma il 9-11-1982 e ratificato con legge 26-5-1984, n. 224.

Si fa presente che in seguito all’entrata in vigore della normativa sul mandato d’arresto europeo (legge n.69/2005) l’estradizione tra Paesi membri dell’Unione europea viene di fatto ad essere messa in secondo piano (vedi infra).

Per quanto riguarda l’estradizione passiva (per l’estero), la procedura è modellata sulla Convenzione europea di estradizione firmata a Parigi nel 1957, ma in ogni caso il procedimento è teso a valutare compiutamente, in sede giurisdizionale e in sede politica, il rispetto dei principi fondamentali e inderogabili fissati nella nostra Costituzione a tutela dei diritti fondamentali della persona.

A tal fine l’art. 698 c.p.p. pone il divieto dell’estradizione quando vi sono motivi per ritenere che la persona, della quale è chiesta la consegna, sarà sottoposta a un trattamento contrario alle norme dettate dagli artt. 2 e 3 Cost. (rispettivamente sui diritti inviolabili dell’uomo e sulla uguaglianza formale e sostanziale); in particolare è vietata l’estradizione quando si teme che l’estradato possa essere sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione dei diritti fondamentali della persona.

Qualora per il reato in questione l’ordinamento dello Stato richiedente preveda la pena di morte, l’autorità giudiziaria non può pronunciare sentenza favorevole all’estradizione - come affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 223/1996, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 698, 2° comma, stante il precetto dell’art. 27 Cost. a meno che non vi sia una garanzia assoluta che lo Stato richiedente non applichi la pena di morte (Cass., Vi, 24-2-1998).

L’estradizione può essere concessa solo in relazione a un titolo...

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