L'informatica pubblica tra gli scandali delle tangenti e i poteri della nuova Autorità

AutoreIsabella D'Elia
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@1. Quadro generale di riferimento: problemi e prospettive

Due ordini di fatti hanno segnato nel più recente periodo il settore dell'informatica pubblica.

Da un lato, alcune importanti innovazioni legislative, frutto di un lungo e sempre più avveduto dibattito culturale, hanno gradualmente prospettato e poi sancito il collegamento funzionale diretto tra l'impiego delle nuove tecnologie dell'informazione e una più razionale organizzazione delle strutture e delle procedure amministrative, e hanno infine avviato una più compiuta disciplina giuridica del processo d'informatizzazione pubblica, da tempo auspicata per il suo ordinato sviluppo.

Già con la riforma della Presidenza del Consiglio (1. 400/1988), che mirava ad assicurare' al Governo un patrimonio informativo esteso e affidabile, e con la conseguente riforma del sistema statistico nazionale (d.lgs. 322/1989), che ha recato una nuova disciplina degli archivi gestionali e delle raccolte di dati amministrativi si erano aperte rilevanti prospettive istituzionali, fondate in buona parte proprio sull'uso esteso e razionale dei sistemi informativi automatizzati.

La riforma dell'ordinamento delle autonomie locali (1. 142/1990) e quella del procedimento amministrativo (1. 241/1990) hanno dato poi un ulteriore fondamento a queste prospettive di modernizzazione della P.A., perché, volte come sono a conseguire modi più semplici, razionali e democratici dell'attività amministrativa, implicano un'organizzazione e un'integrazione efficace degli archivi e sistemi informativi pubblici automatizzati.

Per favorire la realizzazione di tali prospettive, che apparivano mortificate dalla mancanza di un, adeguato progetto politico e tecnico per l'impiego dell'informatica nella P.A., è intervenuta inoltre la 1. 421/1992 c.d. di riforma in materia di sanità, pubblico impiego, previdenza e finanza territoriale - delegando il Governo a regolare con nuova forza normativa (conPage 102 decreti delegati, aventi forza di legge ordinaria) tutti gli aspetti fondamentali del settore, già disciplinati con provvedimenti poco organici e tecnicamente inadeguati (circolari, soprattutto, e decreti ministeriali) (art. 2, comma 1, lett. mm).

E in esecuzione di tale delega, il Governo ha emanato infine un'articolata normativa sui sistemi informativi pubblici automatizzati: essa è contenuta soprattutto nello specifico d.lgsl. 12 febbraio 1993, n. 39, ma anche nel più generale d.lgsl. 3 febbraio 1993, n. 29 (c,d. decreto sul pubblico impiego).

Il primo decreto ha rivoluzionato l'assetto organizzativo del settore, abolendo le competenze del Provveditorato generale dello Stato e del Dipartimento per la funzione pubblica in materia d'informatica e assommando le stesse in un unico nuovo organismo - l'Autorità per l'informatica nella Pubblica Amministrazione (AIPA) - che, al pari delle altre autorità similari (Garanti dell'editoria, della borsa, della concorrenza e del mercato), si vorrebbe indipendente dal potere politico; e ha emanato norme di principio e criteri generali potenzialmente rilevanti per la gestione e lo sviluppo dei sistemi informativi pubblici.

Peraltro, il decreto 29/1993, recando «razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina del pubblico impiego», ha introdotto criteri e disposizioni che si riflettono sull'uso delle tecnologie informatiche e telematiche, e ha attribuito al riguardo specifici poteri aia stessa A.I.P.A. (art. 1, e. 1, lett. a); art. 5, c. 1, lett, b) e c); art. 11; art, 12, c. 1 e 2; artt. 18, 63 e 64).

Parallelamente, in questo più recente periodo si è svolta una certa opera d'innovazione legislativa, volta a favorire l'uso legittimo, appropriato ed utile degli elaboratori elettronici nei vari settori sociali, da parte sia della Pubblica Amministrazione che dei privati. Sebbene la sensibilità politica del legislatore appaia ancora non del tutto matura - al punto che si deve registrare, per esempio, un ritardo epocale per l'attesa legge sulla tutela delle persone rispetto all'elaborazione informatica dei dati personali, sembrano di particolare interesse istituzionale: le numerose norme che prevedono o definiscono forme di connessione dei sistemi informativi pubblici; le norme che, sia pur frammentariamente, confermano la validità giuridica della certificazione desunta da supporti informatici e della documentazione ottenuta mediante collegamenti telematici; le nuove leggi in tema di lotta alla criminalità informatica (d.lgsl. 518/1992, relativa alla tutela giuridica del software; 1, 547/1993, recante «Modificazioni e integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica»).

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Proprio mentre finalmente si andavano affermando queste più mature prospettive istituzionali e lo Stato si veniva dotando faticosamente di regole più chiare, nuove e vincolanti, per superare quei problemi organizzativi e tecnici da sempre ritenuti un freno allo sviluppo dell'informatica presso la P.A., alcune indagini giudiziarie per la prima volta hanno alzato il velo sui diffusi sistemi illegali delle commesse pubbliche d'informatica, facendo emergere, anche in quest'ambito, una «questione morale» di vasta risonanza: questione che precede e sovrasta il problema di un'adeguata disciplina giuridica del settore.

Aldilà dei ben noti problemi istituzionali, il fenomeno della corruzione, prima sottaciuto o sottovalutato, è apparso un'importante concausa degli insuccessi del processo d'informatizzazione pubblica, un fatto impeditivo di qualsiasi organica realizzazione, dato l'esteso coinvolgimento di coloro che vi sono dedicati a vario titolo: le aziende che producono beni e servizi d'informatica; i funzionari pubblici, massimamente i dirigenti, delegati alle decisioni sugli acquisti; e i numerosi «consulenti» dell'Amministrazione, figure che raramente sono state interpreti fedeli e competenti delle esigenze della stessa. E il fatto, di per sé, ha spinto a interrogarsi sulla congruità e sulla stessa credibilità della normativa appena emanata e di quella in itinere, e, d'altra parte, sulla necessità di riaffermare il valore e l'applicabilità dei princìpi etici, prima ancora di qualsiasi regolamentazione giuridica.

Del resto, l'interrogativo attiene a un dilemma più generale e fondamentale, che in questo periodo, sotto la spinta del fenomeno di «tangentopoli», è stato ampiamente riproposto: l'esigenza di trasformare radicalmente il modo d'intendere la politica e d'amministrare la cosa pubblica.

Questo problema, indubbiamente comune a tutti i campi dell'attività amministrativa, investe in modo singolare e urgente il settore di nostro interesse.

Innanzi tutto perché esso riveste un rilievo sociale strategico: come s'è già detto, l'impiego dell'informatica e delle altre nuove tecnologie dell'informazione è funzionale allo svolgimento efficiente e, soprattutto, efficace di tutte le attività amministrative, al rinnovamento stesso della vita delle istituzioni e del loro rapporto con la società, divenuta ormai sempre più complessa e asfittica.

In secondo luogo perché, indipendentemente da quanto finora è emerso o potrà ancora emergere dalle indagini giudiziarie, questo settore si'presta, più facilmente di altri, alla corruzione:

1) per il peso della domanda pubblica rispetto alla dimensione complessiva del mercato nazionale d'informatica;

2) per il valore consistente dei relativi investimenti;

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3) per le difficoltà che presenta il controllo sulla convenienza delle acquisizioni e sull'efficacia delle applicazioni: difficoltà oggettive, che derivano dalla dinamicità del mercato d'informatica e dalla generale mancanza di chiarezza nell'uso dei vari possibili moduli contrattuali; e difficoltà soggettive, che sono dovute alle insufficienze organizzative e tecniche della P.A.

Per questi motivi appare indispensabile regolare il processo d'informatizzazione pubblica con una normativa chiara e razionale. Ed è intuitivo che, in quest'ambito, subito dopo la definizione del quadro istituzionale, ha un'importanza ciuciale la disciplina dei contratti per la realizzazione dei sistemi informativi; questa regolamentazione non solo costituisce lo strumento principale di potere di cui lo Stato si può dotare per l'utile perseguimento dei suoi fini, ma, volta com'è a rafforzare la domanda pubblica, indirettamente può dare orientamento e qualificazione all'offerta industriale e ai vari settori, economici e professionali, della società.

Ma per gli stessi motivi anzidetto, sembra altrettanto necessario indicare e riaffermare, accanto a questa regolamentazione giuridica, princìpi e misure di carattere etico, sia pure sotto forma di standard, idonei a rafforzare il senso e il valore dei doveri istituzionali dei vari operatori professionali del settore, così come a prevenirne e a sanzionarne la violazione.

Quanto più alta è la posta in gioco - come nel caso dell'informatizzazione della società, che tocca la sfera delle libertà individuali -, quanto più reale è il pericolo della corruzione - com'è in questo settore, nevralgico e vulnerabile -, tanto più precisi e vincolanti devono essere non solo le regole gìuridiche, ma anche i princìpi di etica pubblica cui fare riferimento, più efficaci le sanzioni morali da applicare.

Lungi dall'esservi dualismo tra questi due ordini di disciplina, essi s'integrano reciprocamente: la disciplina giuridica va intesa e predisposta non come un vincolo, ma come uno stimolo allo sviluppo del settore considerato, soddisfacendo le attese di semplificazione e di chiarezza delle regole. I princìpi e i relativi codici di condotta morale - che attingano essi alla morale religiosa o a quella illuministica - devono tendere a rinnovare il comune senso etico della legalità: renderanno così più semplice ed economico il processo di applicazione delle buone leggi e ne renderanno superflue molte altre.

A conforto di questa opinione, valgono anche i risultati del dibattito...

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