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@1. Premessa.

Dopo alcuni anni di continue peregrinazioni del relativo problema da un'autorità giudiziaria all'altra (Tribunale, Tar, Commissioni tributarie), con l'intervento legislativo attuato con l'art. 35, comma 26 quinquies della L. n. 248/2006, si dovrebbe poter segnare il "punto di non ritorno" in ordine alla disputa riguardante la giurisdizione applicabile al fermo amministrativo dei beni mobili registrati, giusto in tempo per evitare il pronunciamento della Consulta 1.

Infatti l'art. 26 quinquies della L. 4 agosto 2006, n. 248, recita: «All'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dopo la lettera e), sono inserite le seguenti. e bis) l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; e ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni». Tuttavia, la palese "stringatezza" della formula normativa adottata dal legislatore non sembra considerare il pregresso dibattito dottrinale e giurisprudenziale a cui è stato sottoposto sin dall'inizio il fermo amministrativo di beni mobili registrati, complice la sua incerta e, a tratti, ambigua natura giuridica - cautelare od esecutiva - rispetto alla quale il problema dell'identificazione della giurisdizione applicabile assume una valenza squisitamente funzionale.

Pertanto, sembrerebbero rimasti irrisolti tutti i vecchi dubbi interpretativi sottostanti alla legittimità della misura in esame la cui unica certezza, ad oggi, è ravvisabile nell'attribuzione della giurisdizione in materia di fermo amministrativo di beni mobili registrati alle commissioni tributarie.

@2. Le principali opinioni sull'individuazione della giurisdizione applicabile in materia di fermo amministrativo di beni mobili registrati.

Prima dell'intervento del legislatore dottrina e giurisprudenza si erano impegnate a fondo nell'individuare la natura giuridica dell'istituto in esame al fine di poterne desumere la giurisdizione applicabile. Le opinioni formatesi muovevano da presupposti diversi. La tesi che tendeva ad attrarre il fermo amministrativo nella giurisdizione ordinaria lo considerava un atto funzionale o comunque preordinato all'esecuzione forzata, inquadrandolo nell'ambito degli strumenti di conservazione dei beni patrimoniali del debitore a disposizione del creditore per il soddisfacimento dei crediti vantati da quest'ultimo.

L'orientamento che invece riteneva competente il giudice amministrativo muoveva essenzialmente dalla considerazione del giudice naturale previsto dall'art. 103 Cost., preposto alla risoluzione dei conflitti tra privato e P.A., qualificando la misura del fermo amministrativo quale atto idoneo ad incidere unilateralmente ed autoritativamente nella sfera giuridico-patrimoniale del singolo destinatario. Infine, l'opinione favorevole a ritenere sussistente la giurisdizione del giudice tributario tendeva per lo più a considerare il fermo amministrativo quale atto ricompreso nell'art. 12, comma 2, della L. n. 448/2001, in considerazione della modifica apportata a tale norma dall'art. 2 del D.L.vo n. 546/ 1992, posto che le commissioni tributarie hanno giurisdizione sulle controversie relative a tributi d'ogni genere e specie.

@3. I precedenti orientamenti giurisprudenziali sul fermo amministrativo di beni mobili registrati e le persistenti incertezze interpretative.

L'impatto c.d. "mediatico" suscitato dal...

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