Prospettive e criticità nell'evoluzione dei modelli di governo delle imprese tra ricerca di efficienza e gestione dei rischi

AutoreMario Scicutella e Sergio Salomone
Pagine765-787
Mario Scicutella e Sergio Salomone*
Prospettive e criticità nell’evoluzione
dei modelli di governo delle imprese
tra ricerca di ecienza e gestione dei rischi
S: 1. Introduzione. – 2. I sistemi di governance nell’attuale scenario tra crisi economica e ricerca di
ecienza. – 3. Evoluzione dei modelli di governo delle imprese italiane: evidenze empiriche. – 4.
Strategie di rilancio per le imprese italiane: nuova governance o risk management? – 5. Conclusioni.
1. La riforma del diritto societario, introdotta in Italia nel 2003 (mediante il D.Lgs.
n. 6/2003) con l’obiettivo di favorire la crescita e la competitività delle imprese naziona-
li attraverso l’accesso ai mercati di capitali, interni e internazionali, se da un lato ha
semplicato la disciplina delle società ampliando l’autonomia statutaria, dall’altro ha
posto a disposizione degli imprenditori diversi modelli normativi d’impresa, introdu-
cendo i due sistemi di governance prevalenti a livello internazionale: oltre a quello tradi-
zionale, infatti, il nostro ordinamento societario prevede la possibilità di aderire allo
schema monistico, improntato sul modello anglosassone, ed al sistema duale, diuso
prevalentemente in Germania e Giappone.
Ciò ha consentito alle società italiane (ed estere presenti sul nostro territorio) di
poter optare, a seconda delle necessità di produzione e di governo dettate dal settore di
appartenenza, il modello più conforme alle esigenze economico-aziendali.
Tuttavia ad oggi è stata limitata a pochi casi l’adozione dei nuovi sistemi monistico
e dualistico, e si è vericato tra l’altro, come si analizzerà successivamente, che laddove
sono state introdotte innovazioni in tal senso, in alcuni casi si è successivamente fatto
marcia indietro, preferendo il modello di governo tradizionale.
Queste realtà pongono alcuni interrogativi sulla reale ecacia ed ecienza dei nuo-
vi modelli in relazione alla necessità di crescita e di maggiore competitività delle imprese
italiane, specie in un contesto di crisi economica diusa come quello attuale. In partico-
lare, ci si chiede se l’adozione di un più opportuno sistema di governance sia la sola o la
principale leva strategica per ottenere una riorganizzazione aziendale che miri ad un
maggiore sviluppo ed alla riduzione delle criticità.
In eetti, le evidenze empiriche suggeriscono che alla base della profonda crisi dif-
fusasi a livello globale vi sia una ineciente o (nei casi più frequenti) sottovalutata ge-
stione dei rischi aziendali: dai rischi nanziari a quelli legati alla qualità, e più in genera-
le all’intero sistema logistico-produttivo, da quello ambientale al rischio politico, dalla
sicurezza sul lavoro alle frodi, sono tanti i potenziali pericoli che minacciano la vita
dell’impresa, e che, pertanto, la pongono in costante stato di incertezza, proprio a causa
delle svariate incognite gestionali.
* Pur essendo il lavoro frutto di una ricerca congiunta sono da attribuire a Mario Scicutella i par. 1 e 2 e a
Sergio Salomone i par. 3-4-5.
766 Studi in onore di Umberto Belviso
In tal senso, incrociando l’analisi dei modelli di governo adottati dalle società per
azioni quotate sul mercato borsistico italiano, con l’indagine su quelle che hanno anche
adottato sistemi di enterprise risk management, si cercherà di vericare se esiste un legame
tra la decisione di optare per nuovi assetti e la propensione ad assumere atteggiamenti
confacenti di previsione e gestione dei rischi a livello sistemico.
2. Il dibattito sulle forme di governo è oggi spinto da una serie di fenomeni critici,
che negli ultimi anni si sono vericati con una intensa frequenza, catturando l’attenzio-
ne di studiosi e pubblica opinione; tali fenomeni possono sinteticamente essere riepilo-
gati così come segue:
collassi nanziari e scandali relativi alla cattiva gestione di alcune tra le più impor-
tanti imprese nello scenario economico d’impresa1, provocati da due forme di pato-
logia: da una parte una inconsapevole valutazione del prolo di rischio delle proprie
decisioni di allocazione, dall’altra una consapevole accettazione di livelli di rischio
assolutamente eccessivi, indotta da meccanismi di incentivo perversi, in grado di
creare insanabili conitti tra interessi individuali e collettivi2;
conseguente fallimento di alcune imprese, con il relativo coinvolgimento degli sta-
keholders appartenenti alla liera (fornitori, clienti, ma soprattutto investitori – isti-
tuzionali e piccoli risparmiatori – dipendenti, ecc.), con un inevitabile calo di du-
cia che ha coinvolto l’intero sistema nanziario, a livello globale;
crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, che hanno provocato
il default di alcune tra le più importanti banche a livello internazionale3, e che han-
no contribuito a provocare una recessione diusa a livello globale;
inevitabile crisi nanziaria originata, oltre che dai suddetti eventi, anche da fattori
di natura sia macro che microeconomica: tra i primi, eccedenza di liquidità, che ha
caratterizzato le economie occidentali negli ultimi anni, e fallimento dei sistemi di
controllo, così come si sono sviluppati a partire dalla seconda metà degli ani ’90; tra
i secondi, comportamenti altamente speculativi delle componenti che qualicano la
1 Ci si riferisce ai più che noti casi Vivendi, Parmalat e Cirio in Europa, Enron, WorldCom, Adelphia Com-
munication, Arthur Andersen, Texaco, Global Crossing e Calpine negli Stati Uniti. Tradendo la ducia dei
mercati attraverso la falsicazione dei documenti contabili, la corruzione e la bancarotta fraudolenta, tali
scandali hanno avuto un impatto estremamente negativo sul sistema economico-nanziario globale (di-
struggendo valore per centinaia di miliardi di dollari) e richiesto un pesante intervento di correzione da
parte dei governi e delle autorità di vigilanza, al ne di evitare atteggiamenti di devianza dalla legalità e dal
business fair play” e di ristabilire nel medio termine “la ducia dei e nei mercati”.
2 Tale divergenza di interessi emerge nel considerare i ricchi compensi, pubblicati da tutta la stampa interna-
zionale, percepiti dai manager di banche e imprese, che poi i vari Stati di riferimento hanno dovuto salvare.
3 Si pensi, per quanto riguarda gli Stati Uniti, al fallimento della Lehman Brothers, ed all’intervento di sal-
vataggio dello Stato nei casi di Citigroup (adata alle mani di Vikram Pandit), Bear Stearns (assorbita poi da
JP Morgan), Merrill Lynch (passata a Bank of America), e ancora, Wachovia (assorbita da Wells Fargo), il
gruppo Countrywide (rilevato anch’esso da Bank of America), Washington Mutual, Conseco, Financial Corp.
of America, Fannie Mae, Freddie Mac, Refco, IndyMac Bancorp. Solo nel 2009, in tale Paese, si sono registra-
ti ben oltre un centinaio di crack bancari, che vanno ad aggiungersi a quelli, più numerosi, già registrati nel
2008. In Gran Bretagna, invece, ci si riferisce al fallimento della Northern Rock ed al crollo della Royal Bank
of Scotland, salvata grazie all’intervento dello Stato.

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