Proposta risoluzione Camera dei deputati in materia locativa
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PRATICA
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1/2014 Arch. loc. e cond.
Proposta risoluzione Camera dei deputati in materia locativa
Le Commissioni VI e VIII,
premesso che:
in Italia gli effetti della perdurante situazione di crisi si ripercuotono anche sulla situazione abitativa, colpendo
pesantemente un bene primario, come la casa, che rappresenta non soltanto un bene economico ma un fondamentale
fattore di integrazione, inclusione e coesione sociale;
da un recente documento unitario della Conferenza delle regioni, ANCI, Federcasa, CGIL, CISL e UIL emerge che più
di una famiglia su dieci vive in condizioni di povertà relativa e una su venti di povertà assoluta; il 57 per cento percepisce
un reddito inferiore a quello medio e il 22 per cento vive in una situazione di disagio economico;
i costi dell’abitare rappresentano spesso un ostacolo per l’accesso al mercato abitativo; molte famiglie non riescono
più a sostenere i costi dei mutui o dei canoni di affitto, delle spese energetiche e di gestione, data la loro eccessiva
incidenza rispetto ad un livello di reddito troppo basso e talvolta alla perdita del lavoro da parte di uno o più componenti
del nucleo familiare;
nel nostro Paese il 72,4 per cento delle famiglie vive in case di proprietà, mentre solo il 18 per cento del patrimonio
abitativo è affitto, contro il 58 per cento della Germania, il 40 per cento dell’Austria e il 39 per cento della Francia; il
divario con gli altri paesi europei cresce se si guarda all’offerta di abitazioni di edilizia residenziale pubblica: il 4 per
cento in Italia contro il 32 per cento dell’Olanda, il 23 per cento dell’Austria e il 17 per cento della Francia, nonostante
siano stimate in 650.000 le domande di aventi titolo per l’accesso all’edilizia sociale giacenti presso comuni ed ex Iacp;
un aspetto particolarmente critico è dato dallo squilibrio esistente tra i diversi regimi di locazione presenti nel nostro
Paese, a seguito della riforma del 1998; da un’analisi dei contratti abitativi registrati, risultano 615.000 le locazioni di
natura concordata - i cui canoni calmierati sono cioè oggetto di accordi territoriali con la proprietà - mentre sono quasi
3,5 milioni i contatti di locazione a canone di libero mercato;
questa situazione ha comportato aumenti dei canoni di affitto libero oltre il 100 per cento nell’ultimo decennio e
condizioni di affitto spesso insostenibili per diverse categorie sociali: oltre 4 milioni di giovani tra i 25 e 39 anni risie-
dono ancora nella famiglia di origine; 4 milioni di lavoratori stranieri vivono in affitto e l’80 per cento in condizioni di
coabitazione e spesso di sovraffollamento;
un dato impressionante è rappresentato dall’aumento negli ultimi anni del numero di sentenze di sfratto emesse,
265.000 negli ultimi cinque anni; da dati ANCE nel 2012 sono stati emessi 67.790 sfratti di cui il 90 per cento per moro-
sità incolpevole degli inquilini, cresciuti in percentuale del 77,4 per cento dal 2007;
a fronte di tale situazione il nostro Paese manca da troppi anni di una politica abitativa che vada oltre la logica di
interventi frammentari ed emergenziali, a causa dell’assenza di finanziamento stabili, di una ripartizione di compiti e
funzioni conflittuale tra livello nazionale e regionale di misure di natura fiscale e di sostegno al disagio abitativo del
tutto inadeguate;
dopo l’esaurimento dei finanziamenti provenienti dalle ritenute Gescal sulla fiscalità generale (1998) i finanziamenti
per l’edilizia sociale si sono bruscamente interrotti; a ciò si somma l’ambiguità interpretativa derivante dalla riforma del
titolo V della Costituzione rispetto ai compiti del livello centrale in materia di politiche abitative e l’assenza nel nostro
Paese di una definizione univoca di edilizia sociale, coerente con la normativa europea vigente, che hanno concorso ad
un progressivo ritirarsi dell’impegno dello Stato nel finanziamento del settore. Le ultime risorse per il finanziamento
di interventi di edilizia residenziale pubblica risalgono allo stanziamento previsto dal decreto legge n. 159 del 2007 per
l’attivazione del Programma straordinario di interventi di edilizia sociale del Governo Prodi, risorse trasferite ai territori
solo dopo un lungo contenzioso ed un iter complesso che ne ha ritardato l’efficacia;
il successivo Piano nazionale di edilizia abitativa del 2008 non ha fin qui prodotto risultati apprezzabili, a causa
di un modello di offerta del Piano che risulta di difficile incrocio con le condizioni economiche della domanda. La
preponderanza dell’offerta di alloggi impropriamente definiti «sociali», destinati alla locazione a canoni moderati ma
comunque troppo prossimi a quelli di mercato; un sistema integrato di fondi immobiliari che hanno drenato parte delle
risorse pubbliche senza generare consistenti investimenti, soprattutto per difficoltà di cofinanziamento di regioni, enti
locali ed ex Iacp; l’orientamento verso una fascia «grigia» che ha di fatto escluso la risposta a bisogni abitativi espressi
dalle fasce sociali in maggiore difficoltà economica hanno segnato dei forti limiti allo sviluppo di questo strumento. La
stessa Corte dei conti con la delibera n. 20/2011 si è espressa sul programma, segnalando: «viste le carenze o la lentezza
dei risultati, si è inteso esprime un giudizio comunque non positivo sull’efficacia, efficienza ed economicità della spesa
pubbliche che è stata destinata al Programma straordinario ed il Piano casa», con l’auspicio che tale monitoraggio possa
«far accelerare la realizzazione dei progetti di edilizia residenziale oggetto dell’indagine»;
la situazione degli ex Iacp è da tempo ormai fortemente critica, sia in relazione ad alcuni aspetti legati alla loro con-
figurazione giuridica e alla proprietà del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, sia in ragione della difficoltà di far
fronte ad esigenze di manutenzione e fruibilità degli alloggi esistenti, a causa del livello spesso insostenibile degli affitti
sociali, dell’impossibilità di beneficiare di misure incentivanti, come le detrazioni fiscali per le spese di ristrutturazione
e riqualificazione energetica e di un regime fiscale penalizzante (pagamento quota erariale IMU per gli alloggi di ERP
con la sola detrazione di 200 euro);
gli strumenti di sostegno al comparto dell’affitto non sono riusciti in questi anni a far fronte al disagio abitativo di
fasce sociali deboli o rese tali dalla crisi, né ad incrementare l’offerta di alloggi a canoni sociali e convenzionati;
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