Norme, proposizioni normative ed asserti giuridici

AutoreEugenio Bulygin
Pagine45-67

    [N.d.R.] L'articolo, scritto originariamente in lingua inglese, è in corso di pubblicazione col titolo Norms, Normatipe Propositions and Legal Siaiemenis nel libro curato da G. Floistad presso l'editore Martinus Nijhoff (L'Aja, Olanda). La traduzione italiana è stata curata di G. Pezzini, con la revisione tecnica di A, A. Martino. Si ringrazia l'editore olandese per averci autorizzato a pubblicare l'articolo in traduzione italiana.


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@1. Introduzione

Due eventi maggiori caratterizzano lo sviluppo della filosofia del diritto nella decade 1966-76; primo, il crescente interesse dei teorici del diritto alla logica deontica e i susseguenti tentativi di capitalizzare le intuizioni dei logici deontici nella chiarificazione del ragionamento giuridico e l'analisi dei concetti giuridici1; secondo, il potente attacco lanciato da Ronald Dworkin contro la tendenza fino a questo momento prevalente nella filosofia giuridica, cioè il positivismo giuridico.

L'una e l'altra questione sono troppo complesse,per essere trattate sommariamente in un breve articolo. Cercherò invece, di affrontare un problema che, essendo un tema centrale della filosofia giuridica, ha creato parecchi problemi ai logici deontici e ha anche qualche attinenza con le teorie di Dworkin. Il problema che mi propongo di discutere in questo scritto è quello ben noto della ambiguità deie espressioni deontiche; a differenza degli imperativi che sono usati normalmente per emettere comandi o proibizioni, gli enunciati deontici, cioè gli enunciati in cui compaiono termini deontici del tipo «deve», «può», «obbligatorio», « proibito », «permesso», ecc. sono tipicamente ambigui: la stessa successione di parole -quale «è obbligatorio mantenere le promesse» o «qui è proibito fumare» può essere usata per emettere una prescrizione (un comando o una proibizione) ed anche per asserire che una certa prescrizione esiste o che qualche cosa è obbligatoria o proibita secondo una data norma o un insieme di norme. Nel ' primo caso l'enunciato deontico esprime una norma; nel secondo caso una proposizione (descrittiva) sulle norme, che sarà chiamata proposizione normativa.

La maggior parte dei filosofi condivide l'opinione che le norme manchino dei valori di verità: esse non sono né vere né false, ma possono essere ob-Page 46bedite o soddisfatte. D'altro lato le proposizioni normative sono chiaramente vere o. false, ma non essendo affatto prescrizioni, non possono essere obbedite e nemmeno disobbedite.

Sono entrambe le categorie mutuamente esclusive? La stessa e medesima espressione può condividere entrambe le proprietà cioè essere prescrittiva: e descrittiva alo stesso tempo? E se sono esclusive, sono anche congiuntamente esaustive? Ogni Decorrenza di un enunciato deoetico è o l'enunciazione di una norma o l'espressione di una proposizione normativa? Come vedremo, le risposte a queste domande sono lontane dall'essere chiare.

@2. La discussione logica

Il revival della logica deontica nei tempi moderni e il suo impiego sistematico da parte dei logici inizia dalla pubblicazione dell'articolo classico di Von Wright Deontic Logic2. Questo revival ha luogo in un momento in' cui era ben affermata l'opinione secondo la quale le norme, essendo imperativi mascherati, mancavano di valori di verità e quindi non sussistevano alcune relazioni logiche tra di loro3.

Abbastanza stranamente nei primi sistemi di logica deontica non troviamo una discussione sul problema di come intendere le sue espressioni: se esse si riferiscano alle norme o ale proposizioni normative. La maggiora parte dei logici che scrivono di logica deontica negl anni '50 e nei primi anni sessanta sembrano non essere stati consapevoli di questo problema. In via generale, sembra che l'idea fosse di offrire una logica delle norme, ma le formule erano generalmente trattate come esprimenti proposizioni vere o false. Questo è ciò che si verifica in particolare col primo scritto di Von Wright su questo argomento. Nel 1957 egli scrive nella prefazione ai suoi Logicai Studies4 in riferimento a ciò: «Da un punto di vista filosofico, trovo questo scritto molto insoddisfacente. Per una cosa, perché esso tratta le norme come un tipo di proposizione che può essere vera o falsa. Questo, io credo, è un errore. La logica deontica trae parte della sua significatività filosofica dal fatto che le norme e le vantazioni, sebbene rimosse dal regno della verità, tuttavia sono soggette alla legge logica. Questa mostra che la logica, per così dire, ha una portata più vasta della verità».

Sarebbe probabilmente un errore trattare le norme come un tipo di proposizioni vere o false, ma ciò non preclude la possibilità di interpretare le espressioni deontiche come proposizioni sulle norme, cioè come proposizioni normative. L'osservazione di Von Wright sembra indicare che egli non fosse consapevole di questa possibilità in questo momento (probabilmente perché egli trascurava l'ambiguità summenzionata) e prendeva per garantito il fatto che la logica deontica dovesse essere una ricostruzione delle rela-Page 47zioni logiche tra le norme. Tuttavia la sua tesi che la logica abbia una portata più vasta della verità ha bisogno per certo di una giustificazione in vista del fatto che nozioni quali conseguenza logica e congruenza (consistence) sono di soito definite in termini di verità.

Una discussione dettagliata del problema dell'ambiguità delle espressioni deontiche si può trovare in Norm and AcTiom5 di Von Wright. In questo libro Von Wright fa una chiara distinzione tra norme ed asserti normativi (normative statements) o proposizioni normative, e sottolinea l'ambiguità degli enunciati deontici: un solo e medesimo enunciato può essere usato per esprimerli entrambi. Ma invece di eliminare questa ambiguità del linguaggio ordinario, Von Wright decide di conservarla nel suo linguaggio simbolico. Così egli costruisce un solo simbolismo invece di due, ma il suo calcolo ammette due interpretazioni: una interpretazione prescrittiva, in cui le espressioni deontiche sono norme, e un'interpretazione descrittiva, dove esse esprimono proposizioni normative. Il sistema «completamente sviluppato» di Logica Deontica è una teoria di espressioni interpretate descrittivamente. Ma le leggi (princìpi, regole) che sono peculiari a questa logica, riguardano le proprietà logiche delle norme stesse che sono poi riflesse nelle proprietà logiche delle proposizioni normative. Così, in un certo senso, la 'base' della Logica Deontict è una teoria logica di O- e P-espressioni interpretate prescrittivamente6.

L'esposizione di Von Wright del problema è molto chiara, ma la soluzione che propone è lontana dall'essere soddisfacente. In primo luogo egli non dice quale sia la relazione tra le due interpretazioei della logica deontica, e in tal modo non risulta chiaro perché la logica delle proposizioni normative dovrebbe riflettere le proprietà logiche delle norme. In secondo luogo, se ci sono delle relazioni logiche tra le norme, allora perché non elaborare una logica delle norme direttamente?

L'idea di Von Wright che vi sia almeno una possibilità teorica per la costruzione di due logiche - una logica delle norme e una logica delle proposizioni normative - s'è dimostrata fruttuosa. Essa è stata .sviluppata da C. E, Alchourrón7 che ha cercato di dimostrare che (i) il primo sistema di logica deontica di Von Wrightè una ricostruzione sostanzialmente corretta delle proprietà logiche delle norme; (ii) la logica delle proposizioni normative, cioè le asserzioni (assertions) che certi stati di cose sono proibiti, obbligatoci o permessi secondo un dato insieme di norme, cioè un sistema normativo, differisce dalla logica delle norme su parecchi punti importanti, e (iii) che le due logiche sono isomorfiche in un caso molto speciale cioè quando il sistema normativo in questione è completo e congruente, due requisiti che noe possono essere assunti sulla base di ragioni logiche soltanto, Queste idee furono ulteriormente sviluppate in Normatipe Systems8.

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La tesi che ci siano relazioni logiche tra le norme e perciò che la logica delle norme sia in qualche senso più fondamentale o precedente a una logica delle proposizioni normative è condivisa da parecchi filosofi eminenti9, ma le opinioni differiscono considerevolmente a proposito dei fondamenti di questa tesi. Qualche autore tende a pensare che la interpretazione della logica deontica come una logica delle norme non presenta alcuna difficoltà; o perché essi credono che le norme siano vere o false10, o perché essi sostituiscono esattamente un'altra coppia di valori (valido e invalido) alla Ferità e falsità. Entrambe le proposte sono problematiche da un punto di vista filosofico. L'idea che le norme siano vere o false si basa spesso sulla analogia con la condizione T di Tarski: Una norma N è vera se, e soltanto se, n (dove N è il nome dell'enunciato che esprime la norma n). Per esempio, la norma «È proibito uccidere» è vera se, e soltanto se, è proibito uccidere.

Dietro questa idea si trova una teoria della verità come corrispondenza; l'intenzione esplicita di Tarski era di ricostruire questa teoria, di cui si possono seguire le tracce fino ad Aristotele. Ora è chiaramente insufficiente mettere in evidenza l'analogia; ciò di cui c'è bisogno è mostrare quale tipo di fatti rendono vere le norme. Essi non possono essere fatti empirici; e così si deve probabilmente postulare l'esistenza di un qualche tipo difatti morali o di fatti altrimenti normativi. Ciò condurrebbe ad una ontologia piuttosto complicata. In ogni caso, senza la elaborazione particolareggiata di una teoria capace di rendere conto di specifici fatti normativi, l'idea che le norme posseggano valori di verità resta senza ' sostegno alcuno. E ancora meno soddisfacente è la procedura di sostituire la validità aia verità. Non è una questione di rimpiazzare un termine con un altro; ciò di cui c'è bisogno è di mostrare che il concetto di validità si comporta in un modo...

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